Enrico Bucci ed Ernesto Carafoli precisano alcuni aspetti dell'uso di clorochina e remdesivir nel trattamento di SARS-CoV-2, raccogliendo gli articoli e le evidenze cliniche disponibili.
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Ci è stato chiesto da Scienzainrete di integrare il paragrafo 1 del nostro articolo “Alcuni punti fermi sul coronavirus”. Era il paragrafo in cui scrivevamo che la dichiarazione ossessivamente ripetuta dei media e da taluni esperti, secondo la quale non esiste al momento alcun presidio terapeutico contro il Covid-19, era falsa. Luca Carra ha ritenuto il paragrafo debole e attaccabile, siccome il remdesivir e la clorochina non sono usati se non in modo sperimentale: da qui la richiesta di “mitigare” il nostro paragrafo, e di fornire qualche link a sostegno della nostra affermazione. Siamo ben lieti di soddisfare la sua richiesta, perché i dati ci sono.
A noi era sembrato di avere già spiegato che l’uso dei due presidi per Covid-19 era sì sperimentale; tuttavia, questo non significa affatto che non ci siano dati tali da giustificarne l’impiego direttamente in terapia, come già accaduto per esempio per un vaccino sperimentale contro Ebola, perché s'impiega any port in a storm, come dice il famoso detto inglese.
Cominciamo quindi a dare qualche evidenza clinica per la clorochina. Il 15 febbraio si è tenuto una riunione che ha riunito tutti gli esperti coinvolti nella sperimentazione, le istituzioni e il governo cinese. Il consenso pressoché unanime è stato che i pazienti trattati con clorochina mostravano netti sintomi di miglioramento, su molti parametri diversi (inclusa la permanenza in ospedale). Qui il link.
Pochi giorni dopo, è uscita una prima, breve pubblicazione scientifica che dà qualche dettaglio in più. Avendo raccolto dati su oltre 100 pazienti, gli autori spiegano che:
chloroquine phosphate is superior to the control treatment in inhibiting the exacerbation of pneumonia, improving lung imaging findings, promoting a virusnegative conversion, and shortening the disease course
Proprio per avere dimostrato già una certa attività nei pazienti, la clorochina è attualmente entrata anche in trial comparativi con altri antivirali. Forse vale anche la pena di sottolineare che alcuni turisti italiani, attualmente isolati perché trovati positivi al coronavirus all’arrivo in India, sono in trattamento fra le altre cose con clorochina, proprio perché questo composto è fra i pochi ad aver dato qualche segnale di efficacia e ad avere un razionale di impiego chiaro.
Per quello che riguarda il secondo composto che abbiamo citato, il remdesivir, vale la pena di ricordare innanzitutto i dati pubblicati sul primo contagiato in USA, un 37enne che al settimo giorno dal ricovero era in respirazione assistita. Per questo paziente, si legge sul NEJM quanto segue:
“Treatment with intravenous remdesivir (a novel nucleotide analogue prodrug in development10,11) was initiated on the evening of day 7”
“On hospital day 8 (illness day 12), the patient’s clinical condition improved. Supplemental oxygen was discontinued, and his oxygen saturation values improved to 94 to 96% while he was breathing ambient air. The previous bilateral lower-lobe rales were no longer present. His appetite improved, and he was asymptomatic aside from intermittent dry cough and rhinorrhea”
I trial sono in corso, anche in USA, e i primi risultati sono incoraggianti, tanto da considerare questa una delle molecole più promettenti. Peraltro, si sa che anche in Italia il remdesivir è provato sui pazienti. È stato provato, come abbiamo scritto, sui due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani all’inizio dell’emergenza, ma sappiamo che lo si sta usando anche all’Ospedale di Cremona, come ha affermato il dottor Angelo Pan, direttore della Asst di Cremona; ed è recentissima la notizia, veramente interessante, che è stato richiesto ufficialmente alla ditta che lo produce dall’Ospedale San Martino di Genova.
Quindi, possiamo in tutta confidenza ribadire che, in attesa del salvifico vaccino, qualcosa di promettente nella lotta al Covid-19 c’è già (peraltro, i composti che abbiamo citato non sono i soli a essere in fase piuttosto avanzata di valutazione, con primi dati positivi). E non sarebbe male se lo si dicesse, nel diluvio mediatico che dall’inizio ci affligge.