L’uccello più diffuso sia per scopi di laboratorio che culinari è il pollo. Perché non potremmo prendere un embrione di pollo e dargli qualche spintarella biochimica in questa e quella direzione, fino a ottenere alla schiusa non più un pollo, ma un piccolo dinosauro con denti, zampe anteriori con artigli e la coda? (...)
Un giorno potremmo recuperare parti del DNA di un dinosauro, ma non è quello il modo per ricreare un dinosauro. È già stato fatto nei film, ma non accadrà nella vita reale.
Non sto cercando di denigrare i film. Io adoro Jurassic Park, anche perché ho lavorato a quel film e ai sequel come consulente tecnico per far apparire i dinosauri nel modo giusto. E l’idea di clonare un dinosauro dal DNA recuperato da una zanzara conservata nell’ambra che avesse succhiato sangue a un dinosauro era unagrande trama. Era, comunque, una storia che rispecchiava la scienza del suo tempo, il fascino del DNA e l’idea che avremmo avuto il modello preciso di un dinosauro per poterne creare uno.
Adesso siamo molto più vicini alla capacità di creare un dinosauro senza bisogno di recuperare dell’antico DNA. Possiamo farlo grazie alla natura dell’evoluzione, al modo in cui si costruisce su sé stessa, adattando vecchie strutture a nuove circostanze, non inventando nuove forme di vita dal nulla. Molto di quello che è stato scritto sui dinosauri nei tempi recenti si concentra sul modo in cui abbiamo corretto i vecchi errori. Ma gli errori sono inevitabili quando si cerca di tornare indietro didecine di milioni di anni. Ciò che è incredibile, se ci si ferma un attimo a pensare, è che abbiamo individuato subito i punti principali riguardo la loro forma e struttura. Come è stato possibile farlo così facilmente, se si pensa che animali così antichi potrebbero aver avuto qualsiasi forma immaginabile o inimmaginabile? La risposta è che l’evoluzione non permette innovazione senza limiti. Non ha permesso ai dinosauri di saltare fuori con una qualsiasi forma. Essi hanno la stessa struttura fondamentale di tutti gli altri animali con spina dorsale. Chiunque può vederlo immediatamente, con o senza conoscenze scientifiche. Chiunque abbia visto lo scheletro di un cervo, di una lucertola o di un essere umano riconoscerebbe gli elementi basilari nelle ossa di un T.rex estratte dal terreno. Il T.rex ha una colonna vertebrale, un cranio, costole, proprio come un’anguilla, un salmone o un topo. Ha arti posteriori e anteriori, proprio come i coccodrilli, le rane e le persone.
Perché? Perché animali con forme e vite così diversi hanno caratteristiche così simili da permetterci di riconoscere immediatamentele basi della loro struttura ossea? Il motivo è che la forma non è un buffet illimitato da cui l’evoluzione può servirsi.Tutte le creature viventi sono parte di un continuum. Le forme degli animali cambiano nel tempo a partire da forme ancestrali. Diversi gruppi di animali hanno corpi con modelli di base che sisono evoluti da modelli precedenti.Tutti i vertebrati hanno la spina dorsale. Ma prima di quell’innovazione, si sono evoluti da creature che avevano un orientamento fronte-retro per il nutrimento e l’eliminazione degli scarti. Prima di quello c’era l’autopropulsione. Prima ancora c’era il metabolismo energetico. E così via, fino al DNA stesso, che abbiamo in comune con tutte le creature viventi, sempre chei virus a RNA non contino come creature viventi. Il modello del corpo è un’idea astratta – quattro arti, spina dorsale, cranio, bocca sulla parte frontale, eliminazione dalla parte opposta – ma è rimasta costante nel tempo. Le montagne si sono alzate e sono state erose, i mari sono comparsi e si sono asciugati e i continenti stessi si sono spostati, il tutto mentre il modello a quattro arti, tetrapode, è perdurato con modifiche minime.
Le ossa delle mani e delle braccia usate per digitare queste lettere sono quasi le stesse di quelle delle ali di pollo piccanti che mangiamo. Se si segue lo sviluppo di un embrione di pollo da vicino, è possibile vedere cinque piccole appendici nell’ala che si sta formando: appendici che si trovano anche negli embrioni dei topi e degli esseri umani. Queste appendici diventano dita nell’embrione umano e artigli nel topo. In un pollo queste cinque appendici dell’arto anteriore si allungano, poi si accorciano, poi scompaiono fondendosi insieme in quella struttura familiare che non aspetta altro che un po’ di salsa piccante nel nostro piatto. La documentazione di tale incredibile e persistente continuità di forma è stata descritta come il più grande dono che i reperti fossili hanno dato alla biologia evolutiva. Il cambiamento evolutivo si aggiunge a piani preesistenti. I progetti genetici di base non vengono gettati via. Non dobbiamo partire da zero per ottenere un dinosauro, non dobbiamo recuperare antico DNA per la clonazione. Gli uccelli sono discendenti dei dinosauri. In effetti, essi sono dinosauri e la maggior parte del programma genetico delle caratteristiche dei dinosauri che vogliamo riportare indietro dovrebbe essere disponibile negli uccelli – per esempio, nel pollo. Si possono osservare le prove di questa continuità nel modo in cui un embrione si sviluppa. Gli embrioni di pollo, dentro quei contenitori perfettamente funzionali che sono le uova a guscioduro, sono stati abbondantemente studiati.
Aristotele fu il primo a documentare le fasi di crescita di un embrione di pollo.
Altri scienziati hanno seguito il suo esempio, anche perché le uova di pollo sono facili da reperire. È possibile vedere, con un semplice microscopio da dissezione, che una coda da dinosauro è sulla via della completa formazione nell’embrione di pollo in crescita prima che qualcosa la fermi. Il risultato è un’appendice grassoccia detta boccone del prete (se siete esperti mangiatori dipolli) o pigostilo (se siete più dediti al loro studio). Il pigostilo è un’accozzaglia di diverse ossa la cui crescita e funzione è stata reindirizzata: proprio il tipo di guazzabuglio in cui l’evoluzione è specializzata. È la perfetta dimostrazione di come l’evoluzione non suggerisca affatto intelligenza, pianificazione o un determinato proposito a monte, ma piuttosto casualità e opportunismo. L’evoluzione è, per definizione, non-rivoluzione. Lavora all’interno del sistema, facendo uso di quello che trova.
Uno dei più vivaci campi della scienza contemporanea è l’evodevo, che sta per evolutionary developmental biology (biologiaevolutiva dello sviluppo). È stato anche chiamato devo-evo oDE, per developmental evolution (evoluzione dello sviluppo). Comunque lo si voglia chiamare, è la ricerca di come l’evoluzione avanzi attraverso i cambiamenti nella crescita degli embrioni. La transizione da zampa ad ala non richiede un nuovoset di geni, ma piuttosto dei cambiamenti nel controllo di alcunigeni che danno inizio o arrestano la crescita. Questi geni originano prodotti chimici detti fattori di crescita e di segnalazione che indirizzano le cellule nella crescita di un embrione. Quando vengono accesi o spenti in momenti diversi, possono cambiare drasticamente la forma di un animale. È un po’ come fare il remix di una vecchia canzone. Prendiamo una band con un banjo, una chitarra e un mandolino che suona She’ll Be Coming Round The Mountain. La registrazione originale contiene il banjo, ma se si volessero ascoltare solola chitarra e il mandolino basta abbassare il volume della registrazionedel banjo. Se guardiamo alla questione in questa prospettiva, un uccello è solo una nuova esecuzione di una vecchiacanzone. La melodia del dinosauro e tutte le informazioni genetiche sono ancora lì, ma il suono è più moderno. Ovviamente, la miglior canzone da usare in questo contesto è una vecchia filastrocca americana: “C-H-I-C-K-E-N, That Is the Way to SpellChicken.” (P-O-L-L-O: ecco come si scrive POLLO.) Sulla mia scrivania al Museum of the Rockies ho lo scheletro di un pollo. Per decenni ne ho tenuto uno vicino a me ovunque lavorassi, perché ricorda quello di un dinosauro e a me piace stare in mezzo agli scheletri di dinosauro. A volte lo guardo di qui, lo giro di là e penso: “se solo potessi far crescere questeossa in modo leggermente diverso, piegare questo in un modo, quello in un altro… avrei uno scheletro di dinosauro”. In questi ultimi anni ho osservato quello scheletro di pollo più spesso e con maggior intensità. Man mano che guardavo le ossa iniziavo a pensare meno alle ossa e più ai processi molecolari che le fanno crescere. E più novità imparavo sull’evo-devo mentre avevo quello scheletro di pollo sotto gli occhi, più mi sembrava un’idea ragionevole. Quello scheletro era nato come embrione, una singola cellula che si era divisa ed era cresciuta, originando altre cellule che si erano differenziate.
Segnali chimici diretti dal DNA lo avevano spostato dal cammino di crescita che lo avrebbe portato a diventare un dinosauro non aviario, ma sembrava assolutamente possibile che tutto il materiale grezzo, tutte le informazioni genetiche necessarie a far crescere un dinosauro fossero in quell’embrione. Quanto ci vorrebbe, pensavo, per reindirizzare la sua crescita così da fargli assumere l’aspetto di un dinosauro? Alcuni ricercatori sono già riusciti a far crescere i denti a un pollo. Altri hanno indotto chimicamente degli embrioni di pollo a sviluppare i diversi tipi di becco che si vedono nei famosi fringuelli di Darwin. Una volta convinto che si potesse tentare, ho iniziato a discutere con ricercatori che conoscono bene il linguaggio, le idee e le tecniche sia della paleontologia che della biologia molecolare, come Hans Larsson alla McGill University, che stava già lavorando a ciò che chiamava atavismo sperimentale, un modo per comprendere l’evoluzione. In pratica, voleva spingere una creatura vivente a sviluppare un tratto ancestrale. Per farla breve, ho ingaggiato Hans per guidare l’espresso pollo/dinosauro per almeno una parte del percorso. Hans non sta allevando un dinosauro, non ancora. E nessuno degli embrioni dei suoi esperimenti si schiuderà. Ma le sue ricerche e il mio sogno a occhi aperti di avere un dinosauro delle dimensionidi un pollo con denti, una coda e zampe anteriori al posto delle ali vanno d’accordo. Così ho sostenuto la ricerca perché quell’embrione di pollo potesse tirare fuori la sua coda nascosta. Hans ha già scoperto alcuni aspetti della crescita della coda checollegano questo processo alle più primitive e basilari direttive per la crescita di ogni vertebrato, incluso l’uomo. Così questo lavoro potrebbe avere un valore inaspettato per alcune delle più comuni e devastanti anomalie congenite, quelle che colpiscono le prime fasi di crescita della spina dorsale. I ricercatori hanno mostrato come sia possibile che i becchi vengano modificati dal cambiamento in un gene.
Se avrà successo, Hans mostrerà come la coda da dinosauro si sia trasformata nel pigostilo di un pollo e come far crescere un pollo con una coda al posto del pigostilo. A quel punto avrà messo le fondamenta per la ricerca futura e, forse, per far uscire dall’uovo quell’esempio vivente che mostri come funziona l’evoluzione. I vantaggi scientifici del processo di comprensione su come riavvolgere l’evoluzione sarebbero enormi. Sarebbe una grande dimostrazione di un collegamento diretto tra i cambiamenti molecolari nel processo di sviluppo e i grandi cambiamenti evolutivi nella forma del corpo dei vari animali.
Sappiamo parecchio sull’evoluzione delle varie forme dal record fossile. E sappiamo anche, da laboratorio, di cambiamenti specifici nel DNA che causano modifiche identificabili nella forma del corpo, soprattutto nei moscerini della frutta. Ma stiamo solo iniziando a collegare cambiamenti molecolari a cambiamenti su grande scalanella storia della vita, come la perdita della coda. Un dinosauro non aviario non è ancora uscito da un uovo dipollo. Questo libro parla di come quello sia un obiettivo che voglio inseguire e di come quell’inseguimento continui, parla dicome io e altri scienziati abbiamo provato in tutti i modi a viaggiare nel passato per riportarlo in vita, di come siamo partiti con il piccone e la pala, siamo passati alle TAC e agli spettrometri di massa e siamo ora approdati al laboratorio embriologico. La storia inizia con la classica, vecchia caccia al fossile, con appunto la caccia, la scoperta e lo scavo, l’onnipresente scavo. Qui si parla di due scavi, entrambi sullo stesso scheletro di Tyrannosaurus, una scoperta eccezionale soprannominata B. rex, estratta dalle badlands del Montana orientale. La storia continua con un secondo, microscopico scavo all’interno del fossile eseguito da Mary Schweitzer e la scoperta di quelli che sembrano essere resti di vasi sanguigni di sessantotto milioni di anni fa, ancora elastici; la scoperta di quelli che potrebbero essere resti fossili di globuli rossi e cellule delle ossa; infine, la scoperta di molecole proteiche, o parti di esse, con struttura chimica inalterata.Tuttavia, nello studio dei dinosauri e in questo libro si arriva a un punto in cui i fossili non possono più essere d’aiuto. La ricerca di ulteriori informazioni su come si siano evoluti i dinosauri deve passare ai geni delle creature viventi. Lì è dove la storia cambia bruscamente direzione, come fa la coda del pollo che smette di crescere per diventare qualcos’altro. E lì la storia racconta come e perché noi sappiamo che la storia dell’evoluzione è scritta nei geni dei dinosauri moderni, gli uccelli, e come eperché possiamo prendere un uovo di pollo che poteva diventareuna frittata e convincerlo a trasformarsi nel tipo di dinosauro che tutti conosciamo. Quando ce la faremo, e sono sicuro che sarà così, più prima che poi, sarà un altro passo nella lunga serie di tentativi diricreare il passato. La prima esposizione pubblica di dinosauri ebbe luogo in Inghilterra nel 1854, al Crystal Palace a Sydenham, cinque anni prima che Darwin pubblicasse la sua Origine delle Specie. Fu un evento assolutamente all’avanguardia, anche se le posizioni degli animali erano sbagliate, con animali bipedi mostrati a quattro zampe. Nel tempo, le nostre ricostruzioni dei dinosauri sono diventate più sofisticate e corrette. Abbiamo cambiato la posizione di molti dinosauri nei musei, abbiamo imparato che molti di loro erano a sangue caldo, che i dinosauri, non gli uccelli, sono stati i primi ad avere le penne e le piume, che alcuni dinosauri vivevano in colonie e si prendevano cura dei loro piccoli nei nidi, che molti di loro erano più agili e intelligenti di quanto avessimo mai immaginato. Abbiamo realizzato accurati robot e ricostruzioni 3D dellecavità dei crani. Abbiamo formulato teorie su colori, versi e comportamenti dei dinosauri. E ora possiamo provare a creare un dinosauro vivente. Questo progetto sarà oltraggioso per alcune persone, che lo bolleranno come un tentativo sacrilego di interferire con la vita, sarà creduto impossibile da altri, mentre alcuni lo considereranno più uno show che qualcosa di scientifico. Non ho le risposte a queste sfide, a dire il vero, perché le risposte non devono venire da me. Io ho le mie idee, le mie preoccupazioni, le mie domande sul valore e sulle difficoltà di un progetto come questo, ma la storia che devo raccontare è, come la scienza stessa, più sulle domande che sulle risposte e il libro non è una ricetta o una lezione. Quando arriveremo al punto di far nascere un dinosauro, sarà una decisione che coinvolgerà tutta la società, non solo alcuni scienziati in un laboratorio. Soprattutto, questo libro è un invito a partecipare a un’avventura.
Io posso dire come comincia, ma tutti noi potremo dire la nostra su come finirà.
Tratto da: Jack Horner, "Come costruire un dinosauro", Pearson Editore, 2012.