La decisione del Governo di assumere le decisioni riguardanti i “colori” delle Regioni sulla base di 21 indicatori ha riattivato positivamente il dibattito su quali dati servano. Dico subito che a mio parere non esistono dati buoni o dati cattivi ma solo dati utili o dati inutili! La conoscenza non è mai separata dalla decisione, talvolta immediata talaltra molto posticipata, e questa distinzione potrebbe coincidere in buona misura con quella tra monitoraggio e ricerca.
Le esigenze del monitoraggio sono quello di ottenere informazione necessarie per intervenire nel breve operativamente; le esigenze della ricerca invece sono quelle di capire in modo approfondito i meccanismi degli eventi per impostare le linee delle politiche di intervento. Talvolta la ricerca è staccata nell’immediato dalla operatività ma la conoscenza non può mai considerarsi del tutto avulsa dall’azione, soprattutto in un settore come quello della medicina e della sanità in genere.
Possiamo quindi assumere questo flusso dalla realtà alla azione de vederne bene i passaggi che sinteticamente possono essere riassunti come da figura:
L’osservazione è il primo passaggio di semplificazione della realtà; non posso certo mai cogliere tutta la complessità e non solo quella inconoscibile, come ad esempio i sentimenti inespressi della gente, ma anche quella conoscibile che è più vasta delle mie capacità di osservazione. Quindi osserverò solo ciò che ritengo mi sia utile osservare ai fini delle azioni che dovrò assumere.
L’informazione è invece una formalizzazione di ciò che osservo applicando a questo dei filtri vuoi quantitativi vuoi qualitativi, e trasformerò cosi l’osservato in modalità e frequenze che poi attraverso degli algoritmi diverranno indicatori.
La decisione dovrebbe scaturire quasi automaticamente dall’informazione in quanto in un procedimento corretto sarebbe opportuno che si stabilisse a priori quale sarà la decisione in funzione dell’informazione ricevuta.
L’azione è la realizzazione della decisione e anche per questa sarebbe opportuno che si fosse verificato a priori la realizzabilità della decisone eventuale.
La linearità di questo processo non è ovviamente sempre mantenuta ed anzi spesso i vari momenti interferiscono tra di loro oppure vengono inquinati da interessi e pressioni esterne al processo, ma questa è patologia e qui vorremmo analizzare invece la fisiologia dell’utilizzo di indicatori.
Ci sono due principali dimensioni valutative del processo informativo che qui ci preme evidenziare: la prima, l’attendibilità, è il grado della corretta riproduzione della realtà nell’immagine o meglio è la possibilità di cogliere correttamente nell’immagine gli aspetti di interessa della realtà. La seconda, la tempestività, è invece il rispetto dei tempi tra l’elaborazione dell’informazione e la sua fornitura a chi deve prendere le conseguenti decisioni.
La misura dell’attendibilità e della tempestività è rilevante soprattutto in funzione dell’utilità che l’informazione assume ai fini della decisione e dell’azione. Non si può certamente pensare che in una situazione complessa come ad esempio l’attuale pandemia si abbiano sempre informazione altamente attendibili, del tutto complete e sommamente tempestive! È invece necessario chiederci ai fini dell’utilità che se ne vuole avere, chiederci qual è il livello di attendibilità, di completezza e di tempestività necessario.
Se ad esempio ci riferiamo al numero di tamponi eseguiti in una giornata qual è la precisione che vorremmo avere? All’unità, alla decina, al centinaio, al migliaio? Se invece di 121.000 fossero 122.000 influirebbe l’errore sulla decisione, su “quale” decisione? Sul pagamento dei costi sicuramente si, sulla valutazione della congruità dell’azione di controllo forse no.
Monitoraggio e Ricerca
A riguardo dei dati disponibili per analizzare l’andamento dell’attuale pandemia bisogna chiedersi quali possono essere le utilità che se ne vuole ricavare, ed in particolare se l’obiettivo è un monitoraggio delle principali dimensioni da ottenere a brevissimo termine oppure è la possibilità di approfondimento e di ricerca per ricavarne delle utili indicazioni sia in termini di prevenzione che di assistenza.
Ai fini della ricerca epidemiologica servono dati dettagliati, connotati e verificati per qualità ed attendibilità. Difficilmente dati di questo spessore possono essere raccolti su un totale di 130.000 soggetti sottoposti a test molecolare o anche solo di 40.000 soggetti positivi! La raccolta di dati per una seria ricerca deve seguire uno stretto protocollo e deve essere condotta da personale addestrato e valutato.
Per una attività di monitoraggio, invece, possono bastare anche poche variabili e può essere tollerato anche la presenza di un ”rumore di fondo” prodotto da una serie di piccole incertezze o inadempienze nella raccolta dei dati. I dati aggregati che le Regioni inviano al Ministero e che la Protezione Civile pubblica sul proprio sito tutte le sere non sono certo dati “perfetti” ma hanno molti aspetti positivi: sono completi su tutto il territorio nazionale, sono grossomodo omogenei nella definizione delle variabili, sono tempestivi anche se probabilmente trasmessi con piccole differenze di giorni, e soprattutto sono trasparenti e accessibili a chiunque li voglia utilizzare. Se non ci fossero questi dati poco sapremmo della pandemia tranne che accettare il report che l’Iss pubblica ogni settimana.
Credo che questi dati potrebbero esser migliorati anche con piccoli accorgimenti: ad esempio non si può valutare l’incidenza dei ricoveri e dei ricoveri in terapia intensiva, ma solo la prevalenza da cui si può calcolare gli incrementi di prevalenza che sono però altra cosa dell’incidenza!
Non è poi possibile capire la strategia con cui vengono eseguiti i tamponi anche se vengono distinti i nuovi casi tra sospetti sintomi e screening, distinzione che sembra non tutte le Regioni effettuino e soprattutto non si conoscono i denominatori separati, cioè il numero dei tamponi effettuati a seconda dei due motivi di esecuzione. Su questo punto molto si potrebbe fare anche con relativa semplicità come più volte abbiamo richiesto anche con suggerimenti inviati ai responsabili.
In conclusione riteniamo che non si deve oggi “sparare” eccessivamente sui dati della Protezione Civile, si deve invece chiedere di migliorarli con le poche modifiche compatibili con un sistema di monitoraggio operativo che non può essere eseguito con la rigorosità della raccolta dati per la ricerca ed identificando con chiarezza gli scopi per cui si vorrebbero avere ulteriori specifiche.
Chiediamo invece a chi detiene i dati individuali dei soggetti positivi di permettere, fatta salva la privacy, l’accesso ai ricercatori per evitare di dover accettare una sola voce che ne descrive i contenuti.
Ed infine che si progettino molte più ricerche, rispetto al quelle incorso, ricerche utili per dar luce ai tanti punti oscuri che questa pandemia ancora riserva per tutti noi.