Si torna a parlare di
“razze umane”, a chiedersi se, e come, questo termine debba continuare ad avere posto
nella nostra Costituzione. A distanza di poco più di un anno dal dibattito su Scienza in Rete, un mese dopo le terribili vicende di
Parigi.
Vale davvero la pena di
tornare sull’argomento? Si direbbe proprio di sì a giudicare dalla piega che
preso il dibattito. Ma non perché si sia
arrivati a opinioni largamente condivise. Al contrario!
Per alcuni, la scelta migliore (o la meno peggio) è lasciarle li queste benedette “razze”, proprio nella parte più importante della costituzione. Perché toccare i principi costituzionali, anche se con scopi condivisibili, è come creare un precedente in cui altri, meno ben intenzionati, possono incunearsi. O perché si farebbe un torto ai padri costituenti. O, ancora, perché in definitiva quel termine magari è “brutto”, ma messo proprio li è un formidabile monito alle future generazioni, che mai come in questo periodo sembrano concentrate su un presente incerto e timorose di un futuro pieno di incognite.
Altri vedono, evidenze alla mano, un non senso biologico nella visione razziale della diversità umana. Guardando più in là, credono che l’eliminazione delle “razze umane” dalla Costituzione , o come nel nostro caso la sua revisione, sia un atto simbolico di valore significativo e un punto di ripartenza, i cui “benefici” superano di gran lunga i “costi”. Trovano pericoloso che sotto un travestimento pseudo-scientifico, veicolato da un termine che trova ancora legittimazione nella casa dei nostri valori comuni, si possano spargere e rafforzare preconcetti e pregiudizi. Pur essendo consapevoli che l’impegno non si esaurisce nell’ennesima mozione, ma si realizza nel confronto senza barriere, nella formazione e nella comunicazione, non solo scientifica.
In
mezzo, o forse al di sotto…, ci sono i “benaltristi” e quelli che “ecco l’uovo
di Colombo”. Per i primi l’iniziativa
per eliminare o depotenziare le “razze umane” dalla fonte del diritto è una
fissazione terminologica, un qualcosa tra il velleitario e l’inutile che non
riuscirà mai a diminuire l’uso di una parola che fa parte del lessico quotidiano
e ad alterare la sostanza della percezione socialmente diffusa. Per i secondi basta
dire “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale
e sono eguali davanti alla legge,senza discriminazione alcuna” e il
gioco è fatto, senza tante complicazioni. Accidenti…come avevamo fatto a non
pensarci prima?
E’ in
questo scenario variegato, ma indubbiamente stimolante per la diversità e la
distanza delle prospettive, che torniamo a parlare di “razze umane” il giorno 11 dicembre all’Università “La
Sapienza” [link https://sites.google.com/site/annualmeetingisita/2015]. La novità sostanziale è che i diversi
punti di vista potranno finalmente trovare un momento di confronto e, perché
no, di contrapposizione. E non mancheranno prospettive diverse: saranno
presenti antropologi di diversa formazione, costituzionalisti, storici,
filosofi e comunicatori della scienza.
Senza dubbio, le domande che abbiamo messo sul tappeto allargano l’orizzonte della discussione:
- possiamo affrontare la questione biologica della “razza” senza prendere in considerazione le connessioni, vere o percepite, con il razzismo?
- c’è un’emergenza razzismo in Europa? Se c’è, qual’é la sua natura e qual’é la sua origine?
- c’è un’analogia tra l’attuale fenomeno razzista e il razzismo delle epoche passate?
- quali effetti ha e può avere il razzismo sulla società europea?
Insomma, si cercherà di (ri)discutere
della sempre verde questione delle “razze umane” ,
senza rinunciare a nessuna delle sue dimensioni: biologica, culturale,
giurisprudenziale, educativa e sociale. E l’elenco è probabilmente incompleto…
E chissà che alla fine non si finisca per condividere, una volta
tanto, un’idea: ora più che mai, nel mondo nuovo, ma non certamente migliore, in
cui sappiamo di vivere dal 13 novembre 2015 abbiamo ancora più bisogno di
andare in profondità sui temi dell’identità e della diversità, della
condivisione e della convivenza.