fbpx Doccia fredda per ExoMars | Scienza in rete

Doccia fredda per ExoMars

Primary tabs

Tempo di lettura: 7 mins

Raggiunto Marte dopo sette mesi di viaggio, ExoMars si è separato nei giorni scorsi nelle sue due componenti: l’orbiter TGO e il lander Schiaparelli. Inizialmente, la delicata fase di discesa di quest’ultimo verso la superficie del pianeta sembrava si fosse completata con successo. Poi, inaspettata, la doccia fredda: segnale perso un minuto prima del contatto con il suolo marziano. Mentre si cerca di fare luce su quanto accaduto a Schiaparelli, TGO sta fortunatamente comportandosi secondo le previsioni.

Stando alle ultime notizie, dunque, sembra proprio che Schiaparelli non ce l’abbia fatta a posarsi indenne sul suolo rugginoso di Marte. Il funzionamento parziale dei retrorazzi, incaricati di ridurre ulteriormente la velocità di discesa dopo il distacco del paracadute, ha portato il lander a schiantarsi sulla superficie di Marte. Immediatamente ecco materializzarsi il fantasma del precedente tentativo della comunità scientifica europea di portare una sonda sulla superficie del Pianeta rosso, quello di Beagle 2, il lander rilasciato dalla sonda Mars Express nel Natale 2003 e fatalmente precipitato sulle desolate pietraie marziane. Ancora rimandato, insomma, il sogno del primo storico sbarco europeo sulla superficie del Pianeta rosso.

Marte, da sempre meta ambita e obiettivo cruciale nella corsa allo spazio, non è affatto un cliente facile. Provando a esaminare gli esiti delle numerose missioni indirizzate verso questo pianeta, è immediato notare come la percentuale di successo sia notevolmente bassa. In un interessante opuscolo preparato dalla rivista Sky&Telescope per celebrare l’arrivo a destinazione del rover Curiosity nell’agosto 2012, si sottolinea come delle 15 precedenti missioni che avevano come obiettivo quello di posarsi sulla crosta marziana solamente sei erano riuscite nell’intento. Sette se, con un po’ di benevolenza, consideriamo anche il lander della missione sovietica Mars 3, apparentemente giunto sano e salvo sulla superficie di Marte il 2 dicembre 1971, ma il cui segnale è stato irrimediabilmente perduto una quindicina di secondi più tardi.

Poi sono venuti i successi delle missioni Viking 1 e 2 (1975), l’emozionante scorrazzare del piccolo rover Sojourner (1996), apripista dei successivi Spirit e Opportunity (2003) e, dopo l’arrivo del lander Phoenix (2007), la missione ben più impegnativa di quel laboratorio semovente che è Curiosity (2012).

Il Programma ExoMars

Arrivare fino a Marte e scendere senza danni sulla sua superficie è tutt’altro che semplice. Difficoltà ben note a chi ha progettato questa prima missione ExoMars e la discesa del lander Schiaparelli. Lanciata con un vettore Proton lo scorso 14 marzo dal cosmodromo di Baikonur in Kazakhstan, la sonda è giunta puntuale al suo appuntamento con il Pianeta rosso il 16 ottobre. Dopo i sette mesi di tranquillo viaggio interplanetario è stato quello il primo momento critico della missione: era infatti prevista la separazione tra il lander Schiaparelli e l’orbiter TGO (Trace Gas Orbiter).

Il primo, dedicato all’astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli, è stato costruito per raggiungere e posarsi indenne sulla superficie del pianeta. La sua missione avrebbe dovuto esaurirsi nel breve volgere di pochi giorni marziani, giusto il tempo che la batteria non ricaricabile di cui dispone avrebbe potuto garantire alle sue apparecchiature. Ben più lungo e impegnativo, invece, il compito che dovrà affrontare TGO. Una volta effettuate – a partire dal prossimo gennaio – una serie di delicate manovre di modifiche orbitali, l’orbiter dovrà studiare accuratamente la composizione della tenue atmosfera marziana. Un lavoro che terrà impegnato TGO dal marzo 2018 al dicembre dell’anno successivo.

Il progetto ExoMars, che l’ESA sta realizzando in collaborazione con l’Agenzia spaziale russa, è però ben più ambizioso. I dati raccolti nel corso di questa campagna marziana, infatti, serviranno per condurre in porto la seconda fase del programma ExoMars, che nel 2020 dovrà portare un rover europeo a scorrazzare sulla superficie di Marte. E’ ancora troppo presto per trarre conclusioni, ma non sarebbe così inaspettato che il mancato decisivo apporto atteso dal lander Schiaparelli possa anche portare a una ripianificazione di ExoMars 2020. Speriamo ovviamente di no.

Col cuore in gola per Schiaparelli

Emozioni assicurate per chi, nel pomeriggio del 19 ottobre, ha avuto la possibilità di assistere alla diretta della discesa del lander verso Marte. Davvero interminabili i sei minuti impiegati da Schiaparelli ad attraversare la tenue atmosfera del pianeta, inizialmente protetto dal suo guscio termico e poi rallentato dal paracadute supersonico di 12 metri derivato da quello che nel 2005 aveva assicurato la lenta discesa del lander europeo Huygens sulla superficie di Titano, la grande luna di Saturno. Il paracadute, però, non avrebbe accompagnato Schiaparelli fino al suolo. Rallentata la sonda dai 1700 km/h iniziali fino a 240 km/h, infatti, a una quota di 1100 metri doveva passare le consegne a un sistema di retrorazzi (tre gruppi formati ciascuno da tre propulsori a idrazina) in grado di ridurre ulteriormente la velocità e portarla a soli 4 km/h ad alcuni metri dal suolo. Stando alle dichiarazioni di Andrea Accomazzo, responsabile della Divisione per le missioni nel Sistema solare e Planetarie dell’ESA, anziché funzionare per i previsti 30 secondi, i retrorazzi sarebbero rimasti attivi solamente per 3 secondi, non riuscendo dunque a garantire la prevista azione frenante. Inevitabile il rovinoso schianto al suolo e niente da fare per il robusto sistema di ammortizzatori che avrebbe dovuto garantire l’incolumità di Schiaparelli nell’ultimo balzo dopo lo spegnimento dei retrorazzi.

I sei minuti di terrore – per usare l’espressione coniata alla NASA per i loro rover – hanno dunque avuto una altrettanto drammatica e lunga appendice nella notte, quando si è ripetutamente e inutilmente provato a stabilire il contatto con il lander. Nei prossimi giorni sarà l’accurata analisi dei dati telemetrici a chiarire i dettagli della rovinosa caduta di Schiaparelli.

Tra gli obiettivi primari della discesa controllata del lander sulla superficie di Marte vi era proprio la raccolta dei dati riguardanti la discesa stessa. Aspettando di toccare il suolo, insomma, Schiaparelli non sarebbe stato con le mani in mano. Le condizioni della sonda durante la discesa verso la superficie di Marte, infatti, sarebbero state costantemente tenute sotto controllo dagli strumenti di COMARS+ (Combined Aerothermal and Radiometer Sensors Instrument Package), incaricati di rilevare la pressione esercitata sul guscio protettivo nonché la temperatura e il ritmo di trasferimento del calore generato dall’attrito.

Altro aspetto fondamentale per la futura missione ExoMars 2020 era quello di riuscire a ricostruire con il maggior numero di dettagli la traiettoria seguita da Schiaparelli e le condizioni atmosferiche incontrate durante la discesa. Un compito al quale doveva dedicarsi il programma AMELIA (Atmospheric Mars Entry and Landing Investigation and Analysis), la cui Principal investigator è la nostra Francesca Ferri (Università di Padova). Le prime indiscrezioni indicherebbero che il lavoro di raccolta dei dati della discesa di Schiaparelli possa essere stato per gran parte completato, il che renderebbe decisamente meno drammatico l’esito di questa parte della missione ExoMars.

Impalpabili, invece, le speranze di vedere all’opera DREAMS, la combinazione di sensori dedicati alla misura dei parametri meteorologici e del campo elettrico atmosferico in prossimità della superficie di Marte. Anche in questo caso Principal investigator è una ricercatrice italiana: Francesca Esposito (Osservatorio Astronomico INAF di Capodimonte). Un vero peccato che i sensori non svolgeranno il loro compito: sarebbe stata la prima volta in cui avremmo potuto studiare il campo elettrico sulla superficie del pianeta. Un autentico fiore all’occhiello per la ricerca italiana.

Bicchiere mezzo pieno, anzi, di più

Benché le notizie che ci giungono sulla sorte di Schiaparelli rischino di proiettare tinte fosche sull’intera missione ExoMars, non dobbiamo assolutamente dimenticare che TGO è perfettamente funzionante e pronto per la sua parte di missione. Significativo il bilancio provvisorio che traccia Roberto Battiston, Presidente dell’Agenzia spaziale italiana: «Per la quantità e qualità di dati che stiamo ricevendo, ExoMars è una missione riuscita. L'Europa ha un suo satellite nell'orbita di Marte. Il TGO è perfettamente in orbita e operativo, e quindi in grado di monitorare e trasmetterci i dati sulla composizione dell'atmosfera marziana; il lander Schiaparelli, che era un test, a quanto sembra ha eseguito tutte le manovre previste fino a pochi secondi dal contatto con il suolo, come l'apertura del paracadute, lo sganciamento dello scudo termico e l'accensione dei razzi di frenata. Ci mancano i dati sugli ultimi secondi sui quali i tecnici stanno lavorando. Complessivamente siamo dunque incoraggiati a proseguire il lavoro per ExoMars 2020.»

Resta dunque l’amaro in bocca per il mancato traguardo dell’arrivo della prima sonda europea su Marte, ma c’è tempo per far tesoro degli eventuali errori e porvi rimedio. E, se non ci sono intoppi, riprovarci ancora più in grande tra quattro anni.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):