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E' presto per curare col bisturi diabete e ipertensione

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Non è ancora certo che gli effetti collaterali positivi della chirurgia bariatrica su diabete e ipertensione siano indipendenti dalla perdita di peso, ma le manipolazioni chirurgiche del tratto gastro-enterico costituiscono eccellenti modelli per estendere le nostre conoscenze di fisiologia integrativa e, per una sorta di eterogenesi dei fini, proprio l'approccio chirurgico avrebbe il potenziale di scoprire nuovi target farmacologici utili a contrastare la malattia del secolo.

La chirurgia bariatrica non si fa più solo per dimagrire. Poderose metanalisi hanno mostrato che massicce perdite di peso sono accompagnate da un marcato miglioramento (o da una completa risoluzione) di malattie concomitanti: per esempio, l'intervento chirurgico riesce a normalizzare la pressione arteriosa in un numero di casi che arriva fino al 70 per cento e a risolvere il diabete in oltre l'80 per cento dei casi. Comprensibilmente, ne è nata l'ipotesi - riverberata nella stampa non medica in modo spesso rumoroso e inaccurato - che la chirurgia bariatrica sia una chirurgia "metabolica", che cioè i suoi formidabili effetti su altre condizioni che si associano all'obesità (principalmente il diabete) siano specifici, indipendenti, cioè, dalla perdita di peso.

All'obesità infatti - in proporzione alla sua entità e in combinazione variabile - si associano diabete, ipertensione, eccesso di colesterolo e trigliceridi nel sangue, artrosi, steatosi epatica, disfunzioni sessuali, patologie polmonari, apnea notturna, depressione, tumori; nel lungo termine, aumenta l'incidenza delle patologie cardiovascolari (infarto, ictus). Ne consegue che la sopravvivenza del soggetto obeso è significativamente ridotta ed è gravata da ridotta qualità di vita e aumentata disabilità.

In due studi con migliaia di pazienti - uno prospettico, l'altro retrospettivo - la mortalità totale, per qualunque causa, è risultata significativamente ridotta dopo questo genere di inetrventi, effetto mai osservato prima con la riduzione intenzionale di peso.

La terapia chirurgica è attualmente indicata per persone con un indice di massa corporea (IMC, vedi box) ≥40, o ≥35 in presenza di altre malattie concomitanti, ma se le prove a sostegno di questa ipotesi si accumulassero, le sue indicazioni verrebbero estese considerevolmente. Al momento, l'evidenza è insufficiente: gli approcci chirurgici sono molteplici, la sperimentazione animale è limitata, gli studi clinici controllati singolarmente assenti. Tuttavia, le manipolazioni chirurgiche del tratto gastro-enterico costituiscono eccellenti modelli per estendere le nostre conoscenze di fisiologia integrativa.

Bastino tre esempi:

  • Molti interventi bariatrici determinano un'aumentata secrezione di GLP-1 (glucagon-like peptide-1), ormone che stimola la secrezione di insulina, rallenta lo svuotamento gastrico, rinforza la sensazione di sazietà e, forse, migliora la funzione cardiaca.
  • La derivazione della bile a valle del duodeno risulta in una riduzione dell'insulino-resistenza - presente nella maggioranza dei pazienti obesi, specie se diabetici - più rapida e marcata di quanto la perdita di peso non giustifichi.
  • Una gastrectomia parziale (cioè, "a manica"), che conservi l'innervazione dell'organo, causa perdita di peso senza nausea né malassorbimento, possibilmente per la rimozione di gran parte delle cellule che producono grelina, potente ormone della fame.

Il tratto gastroenterico quindi non è solo un condotto di transito e manipolazione del cibo, ma un complesso organo neuroendocrino, che la chirurgia bariatrica contribuisce a mettere in luce. Per una sorta di eterogenesi dei fini, proprio l'approccio chirurgico avrebbe così il potenziale di scoprire nuovi target farmacologici utili a contrastare la malattia del secolo.

Dai primi tentativi, che risalgono a più di trent'anni fa, si sono evoluti vari tipi di operazioni, che possono essere raggruppati in due categorie principali: restrittive e malassorbitive. Con le prime (come bendaggio e bypass gastrico) si limita soprattutto l'assunzione calorica, riducendo la capacità dello stomaco; con le seconde (come bypass digiuno-ileale e diversione bilio-pancreatica) si riduce prevalentemente l'assimilazione calorica, determinando gradi variabili di malassorbimento intestinale.

Inizialmente effettuati «a cielo aperto», gli interventi bariatrici sono ora prevalentemente eseguiti in laparoscopia. Conseguentemente - e specialmente nei centri con volume maggiore di interventi - la mortalità è scesa al di sotto dello 0,3 per cento (comparabile a quella dell'asportazione della colecisti in laparoscopia).

Il successo della chirurgia bariatrica viene correntemente misurato sulla perdita di peso, che

  • varia dal 20 per cento con il bendaggio gastrico al 30 per cento con il bypass gastrico al 40 per cento con la diversione bilio-pancreatica;
  • è in ogni caso proporzionale all'entità iniziale del sovrappeso
  • è generalmente duratura (15-20 anni).

La terapia dietetica e/o farmacologica fallisce invece in un'elevata proporzione di casi: a un'iniziale perdita di peso (entro i primi sei mesi circa) segue un recupero dei chili persi, spesso a livelli superiori a quelli iniziali. Cicli di dimagrimento e ripresa ponderale (con il classico andamento detto "a yo-yo") segnano la storia naturale dell'obesità e la frustrazione di pazienti e medici.

Infine, anche analisi economiche hanno prodotto rapporti tra costo e beneficio spesso favorevoli rispetto ai trattamenti convenzionali per dimagrire.

La chirurgia bariatrica è quindi uno strumento prezioso per vincere le obesità più resistenti, ma è ancora troppo presto per raccomandarla ad altri fini.

Quando il sovrappeso diventa obesità. Per convenzione, l'obesità si definisce come un indice di massa corporea (IMC=peso in kg/altezza in metri al quadrato, kg/m2) superiore a 30: in Italia, a queste caratteristiche corrisponde il 9 per cento della popolazione adulta. Un indice ≥40 (123 kg in un uomo di 1,75 m di altezza e 113 kg in una donna di 1,68 m) definisce la grande obesità. Come l'obesità in generale, anche la grande obesità è in forte incremento sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo.


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