C'è fermento nella comunità internazionale dei trapianti.
La scorsa estate il sistema tedesco è stato scosso da uno scandalo non ancora placato che ha intaccato la propensione dell'opinione pubblica alla donazione in un Paese noto da sempre per l'efficienza ma fra i meno brillanti in Europa per tasso di donatori d'organi. Un chirurgo è stato sospeso dal servizio sotto l'accusa di aver manipolato le liste d'attesa per favorire i propri pazienti facendoli apparire più gravi, quindi permettendo loro di essere trapiantati prima di altri. E' accaduto al Centro Medico Universitario di Goettingen, almeno in 23 casi. Si sospetta che lo stesso chirurgo si sia comportato ugualmente durante il suo precedente incarico, all'Ospedale Universitario di Regensburg, quasi dieci anni fa. A far insospettire gli inquirenti, l'incredibile impennata del 40% nel numero dei trapianti di fegato eseguiti in dodici mesi presso il centro bavarese: un aumento altrimenti difficilmente giustificabile.
Mentre la situazione viene indagata dalle autorità, i primi danni cominciano a registrarsi soprattutto a livello di sfiducia dei cittadini nei confronti del sistema trapianti nazionale. Un sistema che una recente riforma legislativa ha iniziato a modificare, proprio per incoraggiare la donazione d'organi ed incrementare il numero di interventi eseguiti negli ospedali tedeschi. Il tasso di donazione nel Paese rispetto al resto d'Europa è piuttosto basso (15esimo posto su 24 Paesi, nel 2010). Ogni otto ore in Germania muore una persona che potrebbe essere salvata con un trapianto d'organo. Il 1 agosto scorso è entrata in vigore la prima parte della nuova legge sui trapianti, che include l'utilizzo di personale specializzato negli ospedali al fine di coordinare la donazione parlando con pazienti e familiari, ma anche maggiori benefici e più diritti per chi decide di donare. A partire dal 1 novembre, invece, ogni persona residente in Germania ha dovuto esprimere la propria opinione sulla scelta di essere o meno donatore d'organi. Misure simili, mirate ad incentivare la donazione, sono state promosse anche altrove, con risultati non sempre brillanti. Negli Stati Uniti, per esempio, sono 17 gli Stati che prevedono incentivi fiscali per chi decide di donare un rene, una parte del proprio fegato o il midollo spinale. Eppure studi recenti hanno messo in luce i limiti di tali strategie. Sono più di 100.000 le persone in attesa di un organo negli USA e da anni il tasso di donazione ristagna. Donare un organo è davvero un atto di altruismo indipendente dalla promessa di una ricompensa economica o di un piccolo sgravio fiscale. Perché di cifre relativamente modeste si è trattato finora (meno di mille euro di detrazione sul reddito medio di una famiglia).
Anche per questo si stanno valutando altri tipi di interventi. Dopo quasi dieci anni di consultazioni, lo scorso settembre il comitato che supervisiona i trapianti di rene negli Stati Uniti ha avanzato una serie di proposte per fronteggiare la scarsa disponibilità di organi da donatore cadavere, una risorsa di cui il Paese ha sempre più bisogno se si considera che la media annuale di reni reperiti con questa modalità è di 14mila unità contro i 93mila pazienti in lista di attesa in tutto il Paese. Nel 2011, 16.813 pazienti si sono sottoposti al trapianto di rene; fra questi, poco più di 11 mila grazie a un rene prelevato da donatore cadavere. 4.720 persone sono morte in lista di attesa, senza arrivare ad essere trapiantate. Inoltre, più di 2.600 reni prelevati da cadavere nel 2011 sono andati inutilizzati. Anche per questo si è giunti a proporre un nuovo indice per la valutazione della qualità degli organi prelevati: un criterio che riduca la possibilità dei cosiddetti "mismatch" ossia dell'assegnazione non ottimale fra organo prelevato e ricevente in lista di attesa, in un'ottica di ottimizzazione delle scarse risorse. Se implementata, in base alla nuova norma il 20% migliore dei reni da donatore cadavere dovrà andare a quei pazienti che hanno le maggiori probabilità di sopravvivenza, quindi fondamentalmente a persone giovani. Per questo gruppo, che costituisce circa un quinto del totale dei pazienti in attesa di un rene, il nuovo criterio porta notevoli vantaggi in quanto assicura una qualità superiore dell'organo impiantato. Al contrario, il restante 80% dei pazienti in lista d'attesa, saprà di essere destinato a ricevere un organo di qualità inferiore, quindi con minori probabilità di successo. Una fonte di angoscia in più per chi già adesso vive in bilico.
Un'altra innovazione sarebbe quella di estendere l'offerta dei reni di "seconda scelta" ad un bacino geografico più ampio. Le nuove regole modificherebbero anche il calcolo dell'anzianità in lista d'attesa per i pazienti dializzati, facendo partire l'orologio dal giorno di inizio del primo ciclo di dialisi e non dal giorno dell'inserimento in lista. In questo modo, secondo alcuni, il sistema di allocazione degli organi statunitense non fa che confermare le accuse di disparità e inefficienza che da anni gli vengono mosse anche dall'interno delle comunità dei trapianti. Eppure, in base alle simulazioni effettuate al computer, si stima che il nuovo criterio porterebbe ad un consistente aumento degli anni di vita dei trapiantati, fondamentalmente riducendo il rischio di un retrapianto. Inoltre, si amplierebbero le opportunità di ottenere un organo per i pazienti del gruppo sanguigno B, che registrano sempre le attese più lunghe in lista, poiché potrebbero ricevere reni da un pool più ampio di donatori.
In base al meccanismo democratico della United Network for Organ Sharing, queste proposte sono adesso allo scrutinio del pubblico fino al 14 dicembre, data dopo la quale il Comitato valuterà i commenti ricevuti, in vista della decisione definitiva che il Consiglio Direttivo assumerà nel giugno 2013. Ogni proposta di cambiamento nell'allocazione di risorse preziose come gli organi per trapianto suscita sempre riflessioni di carattere etico. Alcune, più di altre. E' il caso della richiesta avanzata qualche mese fa da Christian Longo, un condannato a morte detenuto nello Stato dell'Oregon, il quale ha avviato una campagna finalizzata a permettere chi si trova nelle sue condizioni di programmare il prelievo di tutti gli organi trapiantabili il giorno dell'esecuzione. Ad oggi le autorità non hanno risposto, ritenendo certamente troppo sensibile e controverso questo argomento che solleva questioni pratiche e dubbi morali di difficilissima soluzione. E che non può certamente costituire la risposta di un Paese moderno, avanzato e civile, alla drammatica carenza di organi per trapianto.