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La formazione dei buchi neri di massa intermedia

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Mario Spera ha vinto il Premio giovani ricercatori edizione 2020 categoria Premio giovani ricercatori edizione 2020 per il paper:  "Merging black hole binaries with the SEVN code", pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society nel 2019.

Motivazione: La commissione assegna il premio a Mario Spera per un importante lavoro mirato alla comprensione dei canali di formazione dei buchi neri con massa intermedia, pari a circa 100 volte la massa del sole. Nel momento della pubblicazione del lavoro, tali oggetti non erano mai stati rivelati, mentre, all’inizio di Settembre, LIGO-Virgo ha annunciato la scoperta della fusione di due buchi neri di massa intermedia attraverso il segnale di onde gravitazionale da essi prodotto. 


Ho cercato di dare un contributo in più alla comprensione della formazione ed evoluzione dei buchi neri stellari: oggetti estremamente compatti con un campo gravitazionale così intenso da cui nulla può sfuggire ("buchi"), nemmeno la luce ("neri"). Sono, ormai, più di 2 secoli che gli scienziati ne parlano, ma ancora non sappiamo molto di questi affascinanti corpi celesti. Sappiamo che sono il risultato della morte di stelle molto massicce, con massa superiore a circa 25 volte quella del Sole. All’esaurimento del combustibile, queste stelle non sono più sostenute dalle reazioni nucleari interne e l’unica forza che rimane è la gravità. Ciò dà inizio ad un inevitabile e inarrestabile collasso gravitazionale della struttura stellare che porta, appunto, alla formazione di un buco nero.

I buchi neri stellari sono oggetti di massa compresa tra circa 3 e 100 volte la massa del Sole. Non sono però gli unici buchi neri che conosciamo.

Ci sono anche quelli davvero massicci, spesso chiamati proprio super massicci, che si trovano al centro di molte galassie. Questi possono arrivare ad avere una massa anche molto superiore a milioni di volte quella del nostro sole.

Ci sono, poi, i buchi neri considerati l’anello di congiunzione tra quelli più piccoli e quelli più grandi, cioè quelli di massa intermedia, con massa tra circa un centinaio e qualche decina di migliaia di volte quella del sole.

Sappiamo, ormai, che i buchi neri stellari e super massicci esistono. La loro esistenza è stata più volte confermata negli anni. Ricordiamo i due recenti premi Nobel per la fisica del 2017 e 2020, assegnati, rispettivamente, ad importanti scoperte nel campo dei buchi neri stellari e super massicci.

Al contrario, l’esistenza dei buchi neri di massa intermedia è ancora avvolta dal mistero. Inoltre, molti studi di astrofisica teorica sono concordi nell'affermare che, buchi neri con massa tra circa 50 e 150 volte la massa del nostro sole, a ridosso tra quelli stellari e quelli di massa intermedia, non dovrebbero proprio formarsi in natura e che, quindi, non saremo mai capaci di osservarli.

Negli ultimi anni, mi sono occupato proprio di questi buchi neri a ridosso di quelli di massa stellare e intermedia, e ho proposto un nuovo meccanismo per formarli.

Il lavoro che descrive questo nuovo scenario e cha ha ricevuto il premio giovani ricercatori dal gruppo 2003 per la categoria astrofisica e spazio è stato pubblicato nel 2019 nella rivista internazionale Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: "Merging black hole binaries with the SEVN code".

Il meccanismo che ho proposto è piuttosto semplice, in realtà. Sono partito da un aspetto molto importante. Le stelle nell’Universo non nascono quasi mai da sole: sono quasi sempre accompagnate da una stella compagna. Anzi, a volte, si formano ammassi di stelle, in cui centinaia di migliaia di stelle sono concentrate nello (strettissimo!) spazio di decine di migliaia di miliardi di chilometri!

In questi ambienti stellari densi, può succedere che due stelle, una un po’ più vecchia ed una un po’ più giovane, si incontrino, collidano, e che la stella più giovane venga praticamente mangiata dalla stella più vecchia. Quest’ultima si ritroverà ad avere un eccesso di massa e, dunque, alla fine della sua vita, sarà capace di formare un buco nero stellare, certo, ma un po’ più cicciotto, con massa tra le 50 e 150 masse solari, cioè proprio nell’intervallo proibito a ridosso tra i buchi neri stellari e quelli di massa intermedia.

Come si fa a provare la ragionevolezza di un meccanismo che permette di formare oggetti che non dovrebbero esistere? C’è modo di confermare la validità di questo scenario attraverso le osservazioni di buchi neri?

Di recente, in realtà, più che ad osservare, abbiamo imparato ad "ascoltare" i buchi neri. Gli strumenti (interferometri) della collaborazione internazionale LIGO-Virgo sono capaci di rilevare la presenza di coppie di buchi neri nell'universo "ascoltando" la perturbazione che il loro moto crea nel tessuto dello spazio-tempo. Questa perturbazione viene chiamata onda gravitazionale.

A più di 1 anno di distanza dalla pubblicazione del mio lavoro, il 2 settembre 2020 la collaborazione LIGO-Virgo ha annunciato la scoperta di un segnale di onda gravitazionale proveniente da angolo remoto dell'Universo che porta la firma della fusione di due buchi neri di massa pari, rispettivamente, a circa 66 e 85 volte quella del sole. La fusione ha prodotto un buco nero di massa intermedia con massa pari a circa 142 volte quella del sole.

Abbiamo finalmente la conferma dell’esistenza di buchi neri di massa superiore alla cinquantina di masse solari e, in particolare, dei buchi neri di massa intermedia.

Il meccanismo di formazione che io ho proposto può essere quello giusto per spiegare la loro esistenza e si candida come un possibile scenario per l’interpretazione dell’evento osservato.

Questo, però, è solo l’inizio: siamo solo alla prima rilevazione di buchi neri di questo tipo e sappiamo ancora troppo, troppo poco di questi corpi celesti dal punto di vista dell’interpretazione astrofisica. A breve, avremo più strumenti che saranno ancora più sensibili ai segnali provenienti da buchi neri stellari. Ci saranno altre importanti scoperte e altre sfide interpretative per la mia ricerca e per quella dei miei preziosi collaboratori, ma questo non fa altro che rendere il nostro lavoro ancora più stimolante di quanto già non lo sia!


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