fbpx Fragile. Il rischio ambientale oggi | Scienza in rete

Fragile. Il rischio ambientale oggi

Primary tabs

Read time: 4 mins

Con il rischio la Terra e i suoi abitanti hanno sempre convissuto e nonostante terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche, frane e valanghe, siccità, alluvioni, uragani, cicloni e cambiamenti climatici se la sono sempre cavata, trasformando ogni choc in occasione evolutiva, anche quando, ad esempio, qualcosa provocava una estinzione di massa delle specie viventi. Parliamo, ovviamente, di tutte le specie viventi tranne una e di cinque estinzioni tranne una. La specie a parte è la specie umana e l’estinzione a parte è la sesta.

I rischi sopra elencati, infatti, sono quelli di origine naturale. La specie umana ci ha aggiunto del suo, provocando, tra l’altro, la sesta estinzione di massa di specie viventi, quella attualmente in corso e che è dovuta all’azione antropica.
Lo spiega, con grande chiarezza, Ugo Leone in Fragile. Il rischio ambientale oggi, nel volume che va ad arricchire la collana di Carocci Editore ideata in collaborazione con la Città della Scienza di Napoli.
L’ambiente è ciò che ci circonda e ogni rischio viene dunque dall’ambiente, ma questo ambiente a sua volta è modificato dall’azione umana. Ecco perché quando si parla di rischio è importante precisare che si tratta di rischio ambientale “oggi”. Quando la specie umana non era ancora comparsa e dove anche adesso è assente il rischio (almeno dal nostro punto di vista) era ed è pari a zero.

“Oggi” è un mondo di popolato da quasi sette miliardi e mezzo di rappresentanti dell’homo sapiens (avviati a diventare nove o dieci) che hanno aumentato via via il loro impatto sul pianeta, circa 500 mila anni fa con l’uso del fuoco, 12 mila anni fa con l’agricoltura e l’allevamento e soprattutto 250 anni fa con la rivoluzione industriale che segna l’inizio dell’Antropocene. E, «poiché la popolazione terrestre cresce e si espande allargando i confini dell’ecumene, cioè dello spazio abitabile, aumenta la vulnerabilità e di conseguenza il rischio».
Ai rischi “naturali” (divenuti tali, appunto, in presenza e solo in presenza di esseri umani) abbiamo aggiunto inquinamento (atmosferico, idrico, termico, del suolo, acustico, luminoso, elettromagnetico), emissioni di gas a effetto serra, impianti industriali, deforestazione, dighe, infrastrutture… Abbiamo, insomma, acuito molti fenomeni naturali (si pensi ad esempio agli eventi meteorologici estremi o al dissesto idrogeologico) e introdotto nuovi rischi, con una accelerazione di tipo esponenziale e conseguenze sociali sempre più gravi. I molteplici rischi legati alla scarsa disponibilità di acqua e ai suoi usi plurimi, i profughi ambientali, i conflitti ne sono un esempio. Il nesso tra cambiamento climatico, guerre, sommosse, violenze e crimini è poi ormai assodato.
Per ogni grado di aumento della temperatura terrestre possiamo calcolare l’aumento dell’insicurezza alimentare, della violenza, dell’instabilità delle istituzioni pubbliche, dei rischi per le popolazioni locali.
Di qui la necessità di imparare a convivere con le manifestazioni delle forze della natura: questo è necessario ma anche possibile, perché abbiamo sufficienti conoscenze e abbondanti risorse tecnologiche e finanziarie (ma mal distribuite tra Nord e Sud del pianeta e spesso poco e male utilizzate). E di qui l’obbligo imprescindibile di evitare quei rischi in cui l’’umanità è parte attiva.

Ugo Leone tocca dunque temi fondamentali per la pace, l’equità, la qualità della vita, le prospettive future. Dobbiamo conoscere, ci ricorda l’autore, «i nomi dei rischi, le cause che li originano, le responsabilità degli esseri umani, le conseguenze al loro manifestarsi».
Le ricette per ridurre i rischi naturali ed eliminare il rischio antropico, in fondo, sono semplici, come ci ricorda Ugo Leone: prevedere e prevenire, informare, comunicare in modo rigoroso, appropriato, tempestivo, così da fornire conoscenze e consapevolezza del rischio alle popolazioni interessate. Convivere con il rischio naturale si può, evitare il rischio antropico si deve.
La disinformazione e l’analfabetismo scientifico possono però fare grossi danni. Le autorità, l’educazione e i mass media sono dunque chiamati a svolgere un ruolo importante nel dare la corretta percezione e cognizione del rischio.
Ma tutto questo è inutile senza politiche che invertano radicalmente il modello che ci ha portato all’attuale centralità del rischio ambientale: la migliore prevenzione dei terremoti sono le case antisismiche, così come la lotta ai cambiamenti climatici è l’unica strada percorribile di fronte alle numerose e gravi conseguenze del riscaldamento globale.
L’insipienza del genere umano e la cattiva “governance” sono minacce ben più gravi per le nostre vite e il nostro benessere rispetto a vulcani e terremoti.
Questa constatazione consente però a Ugo Leone, e a noi, di chiudere con una nota ottimistica e un po’ rassicurante: se «la natura non è né buona né cattiva», l’umanità può metterci del suo, oltre che del male, anche del bene. Insomma, sta a noi decidere se e quanto rischio vogliamo continuare a correre. Il domani, ammonisce Ugo Leone, «sta tutto nelle mani dell’umanità».

di Mario Salomone


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):