Con il rischio la Terra e i suoi abitanti hanno sempre convissuto e nonostante terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche, frane e valanghe, siccità, alluvioni, uragani, cicloni e cambiamenti climatici se la sono sempre cavata, trasformando ogni choc in occasione evolutiva, anche quando, ad esempio, qualcosa provocava una estinzione di massa delle specie viventi. Parliamo, ovviamente, di tutte le specie viventi tranne una e di cinque estinzioni tranne una. La specie a parte è la specie umana e l’estinzione a parte è la sesta.
I rischi sopra elencati, infatti, sono quelli di origine
naturale. La specie umana ci ha aggiunto del suo, provocando, tra l’altro, la
sesta estinzione di massa di specie viventi, quella attualmente in corso e che
è dovuta all’azione antropica.
Lo spiega, con grande chiarezza, Ugo Leone in Fragile. Il
rischio ambientale oggi, nel volume che va ad arricchire la collana di
Carocci Editore ideata in collaborazione con la Città della Scienza di Napoli.
L’ambiente è ciò che ci circonda e ogni rischio viene dunque
dall’ambiente, ma questo ambiente a sua volta è modificato dall’azione umana.
Ecco perché quando si parla di rischio è importante precisare che si tratta di
rischio ambientale “oggi”. Quando la specie umana non era ancora comparsa e
dove anche adesso è assente il rischio (almeno dal nostro punto di vista) era
ed è pari a zero.
“Oggi” è un mondo di popolato da quasi sette miliardi e
mezzo di rappresentanti dell’homo sapiens (avviati a diventare nove o dieci)
che hanno aumentato via via il loro impatto sul pianeta, circa 500 mila anni fa
con l’uso del fuoco, 12 mila anni fa con l’agricoltura e l’allevamento e
soprattutto 250 anni fa con la rivoluzione industriale che segna l’inizio
dell’Antropocene. E, «poiché la
popolazione terrestre cresce e si espande allargando i confini dell’ecumene,
cioè dello spazio abitabile, aumenta la vulnerabilità e di conseguenza il
rischio».
Ai rischi “naturali” (divenuti tali, appunto, in presenza e
solo in presenza di esseri umani) abbiamo aggiunto inquinamento (atmosferico,
idrico, termico, del suolo, acustico, luminoso, elettromagnetico), emissioni di
gas a effetto serra, impianti industriali, deforestazione, dighe, infrastrutture…
Abbiamo, insomma, acuito molti fenomeni naturali (si pensi ad esempio agli
eventi meteorologici estremi o al dissesto idrogeologico) e introdotto nuovi
rischi, con una accelerazione di tipo esponenziale e conseguenze sociali sempre
più gravi. I molteplici rischi legati alla scarsa disponibilità di acqua e ai
suoi usi plurimi, i profughi ambientali, i conflitti ne sono un esempio. Il
nesso tra cambiamento climatico, guerre, sommosse, violenze e crimini è poi
ormai assodato.
Per ogni grado di aumento della temperatura terrestre possiamo
calcolare l’aumento dell’insicurezza alimentare, della violenza,
dell’instabilità delle istituzioni pubbliche, dei rischi per le popolazioni
locali.
Di qui la necessità di imparare a convivere con le
manifestazioni delle forze della natura: questo è necessario ma anche
possibile, perché abbiamo sufficienti conoscenze e abbondanti risorse
tecnologiche e finanziarie (ma mal distribuite tra Nord e Sud del pianeta e
spesso poco e male utilizzate). E di qui l’obbligo imprescindibile di evitare
quei rischi in cui l’’umanità è parte attiva.
Ugo Leone tocca dunque temi fondamentali per la pace,
l’equità, la qualità della vita, le prospettive future. Dobbiamo conoscere, ci
ricorda l’autore, «i nomi dei rischi,
le cause che li originano, le responsabilità degli esseri umani, le conseguenze
al loro manifestarsi».
Le ricette per ridurre i rischi naturali ed eliminare il
rischio antropico, in fondo, sono semplici, come ci ricorda Ugo Leone:
prevedere e prevenire, informare, comunicare in modo rigoroso, appropriato,
tempestivo, così da fornire conoscenze e consapevolezza del rischio alle
popolazioni interessate. Convivere con il rischio naturale si può, evitare il
rischio antropico si deve.
La disinformazione e l’analfabetismo scientifico possono
però fare grossi danni. Le autorità, l’educazione e i mass media sono dunque
chiamati a svolgere un ruolo importante nel dare la corretta percezione e
cognizione del rischio.
Ma tutto questo è inutile senza politiche che invertano
radicalmente il modello che ci ha portato all’attuale centralità del rischio
ambientale: la migliore prevenzione dei terremoti sono le case antisismiche,
così come la lotta ai cambiamenti climatici è l’unica strada percorribile di
fronte alle numerose e gravi conseguenze del riscaldamento globale.
L’insipienza
del genere umano e la cattiva “governance” sono minacce ben più gravi per le
nostre vite e il nostro benessere rispetto a vulcani e terremoti.
Questa constatazione consente però a Ugo Leone, e a noi, di
chiudere con una nota ottimistica e un po’ rassicurante: se «la natura non è né buona né cattiva»,
l’umanità può metterci del suo, oltre che del male, anche del bene. Insomma,
sta a noi decidere se e quanto rischio vogliamo continuare a correre. Il
domani, ammonisce Ugo Leone, «sta tutto nelle mani dell’umanità».
di Mario Salomone