Chi sono
e che cosa rappresentano Galileo e Harry Potter? Padre
del metodo sperimentale, Galileo Galilei è diventato il simbolo della scienza
moderna, dello scienziato moderno che procede razionalmente nello studio dei
fenomeni, nell’esplorazione del cosmo, fedele a valori nuovi che si sono
affermati nel corso dei secoli, affrontando e superando con estrema difficoltà,
impedimenti di natura filosofica e religiosa ncarnati nel celebre ipse dixit aristotelico, l’indiscutibile autorità.
Partorito
dalla penna della scrittrice inglese J. K. Rowling, il maghetto Harry Potter è
la personificazione dell’universo magico; un universo riservato a pochi eletti
che hanno la possibilità di vivere in una dimensione parallela a quella degli
uomini, i cosiddetti «babbani»; un universo dove il linguaggio si fa
volutamente enigmatico per non essere compreso e dove un colpo di bacchetta o
una formula rituale possono aggiustare una situazione disperata.
Se
Galileo è portavoce di un sapere pubblico, Harry Potter è erede di un sapere
ermetico.
Attraverso
questi due grandi protagonisti lo storico della Scienza Marco Ciardi nel suo
ultimo lavoro Galileo & Harry Potter.
La magia può aiutare la scienza? ci spiega cosa si intenda per «scienza» e
cosa invece per «magia», delineando le caratteristiche proprie dell’una e
dell’altra come si sono definite nel corso della storia, ma raccontandoci anche
come scienza e magia, così lontane e nel metodo e nelle finalità, abbiano
interagito nelle ricerche e negli studi dei più grandi filosofi naturali, tra
tutti Keplero e Newton, il primo appassionato di misticismo pitagorico, il
secondo di alchimia.
Scienza
e magia che hanno affascinato anche Kant, interessato «al tema della
comunicazione degli spiriti» e personalmente portato a credere alla loro
esistenza, tanto da soffermarsi su questo peculiare argomento in uno dei suoi
numerosi scritti, I sogni di un
visionario spiegato coi sogni della metafisica.
Scienza
e magia permeano i versi della celeberrima Ballata
del poeta S. T. Coleridge, che all’Università di Gottinga aveva seguito i
corsi di uno dei maggiori fisiologi del suo tempo, F. Blumenbach e che era
anche attratto, come Kant, «dall’esistenza di entità e spiriti invisibili».
Nutrono
le pagine del Frankenstein di Mary
Shelley, che ripropone in chiave letteraria molti temi propri della
pseudoscienza rappresentando, secondo Ciardi, una «straordinaria sintesi»
nell’ambito di una riflessione dedicata a scienza e magia.
Da che
parte stare allora? Che prospettiva assumere nei confronti dell’indagine e
della spiegazione della natura, nell’interpretazione della realtà? Quella
scientifica, aperta al confronto, o quella magica, sorretta da un inossidabile
dogmatismo?
Sono
alcuni degli interrogativi posti da Ciardi in questo percorso filosofico e
letterario per sollecitare una viva riflessione sui rapporti delicatissimi tra
scienza e magia. Perché
se è riconosciuto ormai che la magia, nelle sue varie declinazioni, ha
influenzato e perché no, stimolato l’attività di filosofi e letterati nel corso
dei secoli moderni, è pur vero che l’imponente diffusione di pratiche
esoteriche nella nostra epoca odierna richiede un’analisi critica che non si
può rinviare.
Scegliere
di stare dalla parte della scienza significherebbe ribadire il valore di
principi che come ricorda Ciardi «hanno contribuito a sviluppare, nel corso del
tempo, la libertà di pensiero, la democrazia e i diritti umani» in contrasto
con il proliferare di autoritarismi e fanatismi, mantenendo comunque un
atteggiamento critico anche verso la scienza stessa e le sue manifestazioni.
In una
lettera del febbraio 1921, in risposta a una donna, Einstein scrisse: «la
tendenza al misticismo della nostra epoca, che si manifesta in modo particolare
nella diffusione della cosiddetta teosofia e dello spiritismo, per me non è
altro che un sintomo di debolezza e di confusione».
Ecco,
preferire la scienza alla magia, ci aiuterebbe ad affrontare quello stato di
confusione, a far luce nella nebbia delle superstizioni e dell’occulto. Perché
la scienza è confronto, dibattito e possibilità di esercitare il proprio
giudizio critico, sempre nel rispetto della tolleranza, il valore fondante e
imprescindibile di ogni democrazia.