Un attento esame delle opere di Caravaggio mostra come gli elementi più espressivi della composizione, cioè i volti e le mani, siano disposti lungo circonferenze e linee rette che creano punti focali e direzioni salienti nell’immagine. L’individuazione di questi schemi geometrici fa luce sul modo in cui Caravaggio progettava i propri dipinti. Questo è di fondamentale importanza per risolvere il mistero di come Caravaggio lavorasse e per cancellare il mito di una pittura estemporanea creata direttamente sulla tela con il solo colore. Qui esamino due capolavori: il Martirio di San Matteo e la Deposizione, che sono solo due esempi dell’uso della geometria da parte del Merisi.
Il Martirio di San Matteo(1) ci mostra l’uccisione di San Matteo in chiesa davanti all’altare. L’assassino brandisce la spada e trattiene il polso di San Matteo che è steso a terra. Un angelo su una nube gli porge la palma del martirio. Alcuni astanti spaventati dalla scena indietreggiano o fuggono. Un chierichetto lancia un urlo. I personaggi seminudi rappresentano dei convertiti al Cristianesimo che devono essere battezzati mediante immersione completa in una vasca(2). L’assassino è seminudo per farsi credere uno di essi.
Figura 1- Michelangelo Merisi da Caravaggio, Martirio di San Matteo, 1599-1600, olio su tela, 323 ´ 343 cm. Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi, Roma. (ingrandisci)
Nel Martirio di San Matteo tutte le teste sono distribuite lungo circonferenze concentriche il cui centro è posto in corrispondenza della punta della spada e di un ginocchio dell’assassino. Una circonferenza passa attraverso il paio di teste dei personaggi seminudi sulla destra, la testa del chierichetto e quella dell’angelo, la coppia di teste di astanti sulla sinistra, la testa di un altro astante sulla sinistra e le mani del personaggio seminudo sempre sulla sinistra. Un corpo seminudo sembra seguire questa circonferenza. Un’altra circonferenza passa dalla testa di San Matteo, dalla mano destra dell’angelo, dal paio di teste di astanti sulla sinistra, da una mano di un’altra figura e dalla testa del personaggio seminudo sulla sinistra. Elementi con forte pathos come il polso di San Matteo trattenuto dall’assassino, la faccia dell’assassino e una mano aperta drammaticamente sono collocati lungo un’altra circonferenza. Tutti gli elementi sulla stessa circonferenza sono equidistanti dalla punta della spada che è così il punto focale dove la violenza della scena è concentrata. Una circonferenza periferica il cui centro è posto sulla mano sinistra dell’angelo passa dal suo piede e dalla sua mano destra. Questa circonferenza serve per posizionare proporzionatamente sulla tela le diverse parti del corpo dell’angelo.
Nel Martirio di San Matteo sono visibili sia allineamenti orizzontali che verticali. La faccia del chierichetto, quella dell’assassino e quella di un astante sulla sinistra sono alla stessa distanza dalla base del quadro. La mano sinistra di San Matteo, la mano destra e la testa dell’angelo sono allineati verticalmente. Una linea a 45 gradi è tangente alla schiena dell’angelo, al braccio dell’assassino e alla spalla del personaggio seminudo sulla sinistra. Tutte queste linee creano un tessuto composizionale che connette armonicamente gli elementi dell’immagine.
La Deposizione(3) illustra il momento in cui il corpo di Cristo è posto su una lastra di pietra (il lapis untionis) per essere lavato e profumato prima della sepoltura(4). Nicodemo abbraccia le ginocchia di Gesù mentre San Giovanni ne sostiene il torso. Le tre Marie si disperano: Maria Vergine è la donna più anziana, Maria di Cleofa alza le braccia e Maria Maddalena abbassa il capo e piange.
Figura 2- Michelangelo Merisi da Caravaggio, Deposizione, 1602-03, olio su tela, 300 ´ 203 cm. Pinacoteca Vaticana, Roma. (ingrandisci)
La Deposizione mostra chiaramente disposizioni circolari. Per esempio, le mani delle Marie e il volto di Gesù sono collocati lungo un arco di circonferenza (quello giallo nella figura). Queste tre mani introducono nell’immagine un dinamismo che consiste in un movimento verso il basso lungo una traiettoria curva. Inoltre, le teste delle tre Marie, la testa di San Giovanni e quella di Cristo sono disposte lungo un altro arco di circonferenza (quello rosso). L’esistenza di questa seconda circonferenza (che passa anche da uno spigolo della lastra di pietra) è dimostrata dal fatto che essa contorna perfettamente il margine sinistro del braccio destro di Cristo. Queste due circonferenze hanno lo scopo di spostare l’attenzione dello spettatore sul volto di Gesù che è il centro focale del quadro.
Nella Deposizione esistono anche circonferenze concentriche con il centro
in corrispondenza dell’anca di Cristo. Una di queste circonferenze passa dalla
testa della Vergine e dallo spigolo inferiore della lastra di pietra e contorna
la schiena di Nicodemo. Una circonferenza più piccola circoscrive il margine
inferiore del sudario bianco di Gesù e passa dalla mano di San Giovanni. Tutte
le circonferenze del quadro hanno i centri disposti su una linea orizzontale.
Anche nella Deposizione esistono allineamenti. La testa della Vergine, quella
di Nicodemo e il bordo della lastra di pietra sono disposti lungo una linea
verticale. La testa di Nicodemo e il suo gomito, la testa di San Giovanni e una
delle mani della Vergine sono disposti lungo una linea orizzontale. Poiché la
testa di Nicodemo è collocata dove queste due linee si intersecano, essa è sicuramente
un altro punto significativo del dipinto.
Gli schemi geometrici sono
serviti per costruire vere e proprie scene teatrali. Le circonferenze uniscono
tra loro gli elementi disposti su di esse e questi con quelli nei centri per creare
una gerarchia dove nei centri ci sono i punti focali. Questo si traduce in un
dinamismo cinematografico con una struttura narrativa. Per esempio, nel Martirio di San Matteo, l’occhio di chi
guarda si può muovere dalla punta della spada in un movimento a spirale lungo
le circonferenze con diametro sempre più grande in modo tale che all’atto di
violenza segua la reazione degli astanti.
L’uso della geometria è stato fondamentale
per Caravaggio e sembra che la familiarità del Merisi con il compasso e la
squadra risalga al rapporto con il padre che era un progettatore edile(5).
L’esame dei suoi quadri mostra come egli abbia disposto sulla tela lungo linee
e circonferenze elementi il cui realismo suggerisce siano stati dipinti dal vero.
La complessità degli schemi geometrici dimostra che i suoi dipinti sono il
risultato di attenti studi preparatori. La mancanza di disegni preliminari potrebbe
essere solo dovuta al fatto che essi sono andati perduti(6). Oppure
il Merisi usava gli schemi geometrici al posto dei disegni preparatori. Purtroppo
non esistono descrizioni del modo di lavorare di Caravaggio perché non amava essere
osservato(7).
Intervista a Dario Fo
Nel suo libro Caravaggio al Tempo di Caravaggio, Dario
Fo sostiene con convinzione il ruolo determinante della geometria nei quadri di
Caravaggio. Lo raggiungo telefonicamente nel suo studio milanese dove sta
dipingendo. Mi dice che sono stati i suoi maestri all’Accademia di Brera (Fo
era un’affreschista) a dirgli di prestare attenzione all’impianto geometrico
dei quadri. A Brera si studiavano i dipinti oltre che dal punto di vista del
colore e della stesura anche da quello della composizione che all’epoca si
chiamava impianto. Per imparare dai grandi pittori è fondamentale guardare
l’impianto. L’uso della geometria si trova anche in altri artisti famosi.
Leonardo, per esempio, diceva di essere un geometra prima che un pittore.
Mi conferma
che i triangoli e i cerchi sono sempre presenti dentro all’impostazione dei
quadri di Caravaggio. Fo sottolinea come, in questi casi, la geometria non sia
una cosa fredda, ferma e meccanica, ma sia necessaria per rappresentare il divenire
di un moto legato ad una progressione di slancio gestuale (sue le parole).
Sostiene che quelli che sottovalutano l’importanza dell’uso della geometria nei
dipinti non sono mai i pittori, ma piuttosto quei professori di estetica che
studiano fatti estranei alla composizione, alla dinamica dei gesti, ai ritmi e
agli spostamenti.
Gli chiedo quindi che
relazione ci sia tra la pittura e il teatro. Mi spiega che ci fu, al tempo di
Caravaggio, l’esplosione della commedia dell’arte. Da queste rappresentazioni
teatrali, Caravaggio ha imparato il significato della gestualità e delle
espressioni portate al limite. Fo ritiene che anche Giotto, per citare un altro
artista, avesse in mente il teatro popolare quando dipingeva. Per quanto
riguarda se stesso, Dario Fo fa sempre la scenografia prima di cominciare a
scrivere. Quando è in difficoltà nella messa a punto di una scena in teatro, la dipinge e la disegna sempre per capire come realizzarla. Io sono un pittore, mi dice.
NOTE
(1) M. Marini, Caravaggio, pictor praestantissimus,
Roma 2005, pp. 442-444.
(2) A. Graham-Dixon, Caravaggio: a life sacred and profane, London 2010, pp. 199-200.
(3) M. Marini, op. cit., pp. 470-473.
(4) A. Paolucci,
in Caravaggio, a cura di Claudio
Strinati, Roma 2010, pp. 147-148.
(5) D. Fo, Caravaggio al tempo di Caravaggio,
Modena 2010, p. 64.
(6) A. Moir, Did Caravaggio draw?, The Art Quarterly, XXXII, 1969, pp. 354-372.
(7) R. Vodret,
in Caravaggio: La bottega del genio, a
cura di C. Falcucci, Roma 2010, p. 15.