Sono da poco usciti due brevi libri che raccolgono le testimonianze di una vita dedicata alla ricerca fisica, quella di Giorgio Parisi: In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi (Rizzoli, Saggi, 2021) e la seconda edizione del libro La chiave, la luce e l’ubriaco (Di Renzo Editore, Dialoghi, 2021). Due scritti per riflettere sui temi della complessità, delle relazioni tra fisica e altre discipline, dell’importanza del finanziamento alla ricerca e finanche dei criteri estetici nelle teorie fisiche.
Immagine (rielaborazione di Sergio Cima): Laura Sbarbori, The Nobel Prize medal and diploma were presented to physics laureate Giorgio Parisi at Sapienza University in Rome, Italy on 6 December 2021. Giorgio Parisi – Photo gallery. NobelPrize.org. Nobel Prize Outreach AB 2021. Sat. 18 Dec 2021.
Se volete conoscere meglio Giorgio Parisi, fisico italiano insignito del premio Nobel, dovreste leggere questi due libri da poco usciti, che raccolgono storie, aneddoti, ma anche curiosità sui sistemi complessi e sulla scienza in generale. In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi (Rizzoli, Saggi, 2021), 128 pagine 14€, dedicato alla moglie Daniella Ambrosino, e la seconda edizione del libro La chiave, la luce e l’ubriaco (Di Renzo Editore, Dialoghi, 2021), 80 pagine 12€.
I due libri sono una raccolta di scritti e interviste che tracciano un percorso nella fisica teorica del secolo scorso e sulle ripercussioni che questa ha avuto e sta avendo sul presente. Tra tutti il tema della complessità, sotto i riflettori del grande pubblico per lo meno dal recente premio Nobel assegnato allo scienziato italiano assieme a due climatologi. Atmosfera e vetri di spin, tra le altre cose, sono infatti accomunate dall’essere gli ormai noti sistemi complessi. Ma come si può definire un sistema complesso, rispetto a uno speculare sistema “semplice”, o “elementare”? Giorgio Parisi spiega che un sistema complesso è un sistema descritto da leggi fenomenologiche che non discendono immediatamente dalle leggi che descrivono il comportamento dei singoli componenti.
L’esempio ormai più noto, e che dà il titolo al primo dei due libri, sono gli stormi di storni. Fantasmagoriche forme che si muovono in cielo – quello di Roma al tramonto, si scrive nel libro – il cui comportamento collettivo non è deducibile banalmente dalla somma dei comportamenti dei singoli volatili. Giorgio Parisi racconta quanto coinvolgente fosse capire e definire le condizioni sperimentali per ricreare i voli di storni al computer, in particolare come passare da filmati (tantissimi) bidimensionali a simulazioni in 3D. Probabilmente l’aspetto più affascinante in tutto questo è che mentre l’uomo si ingegna, l’animale prosegue a comportarsi in modo “naturalmente” complesso.
Spesso vicino agli storni appare il falco pellegrino, che cerca la sua cena; se non ci si fa caso passa inosservato […]. Nonostante il falco pellegrino sia un rapace con un’apertura alare di un metro, che può raggiungere in picchiata velocità superiori ai 200 chilometri l’ora, gli storni non sono una facile preda. Una collisione in volo con uno storno, infatti, potrebbe provocare una frattura nelle fragili ali del falco, incidente sicuramente mortale. Il falco non osa quindi entrare dentro lo stormo e cerca di acchiappare gli esemplari isolati ai bordi […]. Alcune delle evoluzioni più spettacolari degli storni sono proprio causate dai loro tentativi di sottrarsi ai ripetuti attacchi del falco pellegrino, che deve farne un gran numero prima di catturare una preda.
Nel caso degli stormi di storni, i singoli componenti sono già esseri viventi essi stessi complessi, e tuttavia la complessità dei sistemi emerge anche considerando costituenti molto più basilari, come i neuroni. Si conosce molto di questi: se ricevono un segnale elettrico sufficiente si eccitano e mandano a loro volta segnali ai neuroni vicini, e questo è anche facilmente simulabile al computer. Ma quando si mettono insieme miliardi di neuroni in un cervello umano emergono comportamenti del tutto inaspettati: pensieri, emozioni, pazzie, malattie, memoria, possibilità di essere psicanalizzato, e via dicendo. Proprietà estremamente complesse, anzi, forse molto più complesse di quelle di una galassia, come ripeteva spesso la nota astrofisica italiana Margherita Hack.
Si può dire che trovare le leggi che descrivono i sistemi complessi è essa stessa un’impresa complessa. Come caricare i bagagli in macchina. Anzi, questa è forse la metafora che si avvicina di più ai famigerati vetri di spin, dice Parisi. Il tempo che impiegano le molecole di alcuni materiali vetrosi a raggiungere un punto di equilibrio è analogo concettualmente a quello che si impiega per capire qual è il modo ottimale di sistemare le valigie nel baule della macchina.
La cosa davvero coinvolgente è che la fisica dei sistemi complessi permea una moltitudine di fenomeni molto comuni della vita quotidiana, oltre che esotici vetri di spin. Giorgio Parisi ne porta infatti una rassegna, che potrebbe idealmente allungarsi a piacere. È un problema di fisica complessa, per esempio, capire in che modo si accartoccia un foglio di carta, e comprendere come mai il volume della sfera di carta ottenuta appallottolandolo non è uguale alla somma del volume delle due sferette che si hanno se si appallottolano le due metà di foglio. È complesso capire cosa cambia se al posto della carta si usa l’alluminio. È complesso riuscire ad arrivare a delle formulazioni matematiche che descrivano la propagazione dell’acqua in uno scottex. È complesso capire come si comportano le dune di sabbia. Per poi arrivare al comportamento dei metalli, del DNA, dei mercati finanziari e delle connessioni neuronali del nostro cervello. Tutte cose che quotidianamente occupano la nostra vita, più o meno.
Nel capitolo Come nascono le idee, Giorgio Parisi affronta anche il modo in cui gli scienziati arrivano a una intuizione, citando Henri Poincaré e Jacques Hadamard:
C'è una prima fase di preparazione in cui si studia il problema, si legge la letteratura scientifica, si fanno i primi infruttuosi tentativi di soluzione. Dopo un periodo che può essere compreso tra una settimana e un mese, questa fase si esaurisce in quanto non vengono fatti progressi. C'è poi un periodo d'incubazione in cui il problema viene abbandonato (almeno consciamente). L'incubazione termina di colpo con un momento d'illuminazione; questa avviene spesso in una situazione non correlata al problema che si vuole risolvere, ad esempio parlando con un amico, anche di argomenti non connessi.
Chiaramente dopo è necessario passare alla dimostrazione rigorosa vera e propria, ma è significativo come l’intuizione sia sostanzialmente paragonabile a quella che si verifica in campo artistico, dalla poesia alla musica. Ancora su questo, Giorgio Parisi scrive quanto poi «in fisica e in matematica è impressionante la sproporzione tra lo sforzo per capire una cosa nuova per la prima volta e la semplicità e naturalezza del risultato una volta che i vari passaggi sono stati compiuti». Così come non è percepibile il lavoro di mesi o anni dietro la Gioconda di Leonardo o la Nona sinfonia di Beethoven.
Nel primo come nel secondo libro, La chiave, la luce e l’ubriaco, vengono riportate numerose esperienze personali. Gradevole da ricordare è l’aneddoto che Giorgio Parisi racconta, a proposito del comportamento – complesso, ovviamente – delle farine.
Se mischiamo sabbia e farina, i singoli granelli avranno proprietà diverse […]. In Italia, il fenomeno è stato persino al centro di una disputa giudiziaria: una ditta che forniva e lavorava grano duro mi contattò telefonicamente per cercare un aiuto per dimostrare la propria buona fede. Quando si lavora il grano, bisogna separare il tipo tenero da quello duro, utilizzato per fare la pasta. A livello commerciale, è ammesso solo un 5% di grano tenero in quello duro […].
E continua:
A un controllo della Guardia di Finanza, è risultato che un campione di grano raccolto da uno dei silos di questa ditta conteneva il 10% di grano tenero. Il grano veniva tutto da un produttore, che garantiva meno del 3% di grano, il quale aveva sentito un mio intervento televisivo nel quale spiegavo che due elementi disomogenei se agitati tendono a separarsi. Secondo il produttore era evidente che il campione era stato prelevato da una zona ad alta concentrazione di grano tenero! I finanzieri non avrebbero dovuto affidarsi a un singolo campione, preso da un unico punto. La spiegazione era molto ragionevole, ma declinai di fare una perizia legale in quanto erano necessari un certo numero di esperimenti per verificare la correttezza di questa ipotesi e il tutto mi avrebbe portato via molto tempo.
Che si tratti di farine o di galassie, la descrizione fisica delle cose è, tra le scienze, probabilmente la più intrisa di matematica, assolutamente necessaria per individuare dei formalismi che descrivano il meglio possibile il pezzo di realtà che si sta studiando. Un processo del tutto analogo a un’eventuale descrizione, a parole, di un quadro. Si possono individuare delle leggi fondamentali, come si diceva poco fa, che descrivono le caratteristiche di base (se il quadro è una natura morta, un autoritratto, …) così come si possono ottenere delle leggi fenomenologiche che vogliono descrivere aspetti più specifici e più complessi (tutte le possibili differenze tra la grandissima varietà di nature morte o di autoritratti che esistono).
Ecco, di qualunque tipo di legge si tratti, un fatto che può sembrare assurdo, ma in realtà particolarmente presente tra i fisici, è l'attribuzione di un valore estetico alle leggi stesse. Come ricorda Giorgio Parisi, le due teorie della relatività di Einstein (ristretta e generale) sono teorie esteticamente tra le più belle. Non si sta parlando solo di un bello “esteriore”, diciamo così, come quello che molti matematici possono scrutare nella famosa formula di Eulero: eiπ + 1 = 0. Il bello che “conta” (visto che parliamo anche di matematica) è un bello di tipo funzionale. In altre parole, un formalismo bello è anche quel formalismo che permette molto facilmente di spostarsi dalla realtà alla matematica astratta – quella che si può scrivere solo “con carta e matita” – fare i vari conti e ritrasferire il risultato al mondo reale per interpretare cosa abbiamo ottenuto. Idealmente, ma neanche tanto, ci si può tranquillamente dimenticare del fenomeno che si sta studiando e fare solo matematica, grazie a un bel formalismo. Un bello dal doppio valore quindi. Come gli antichi greci avevano il "bello e buono" (kalòs kai agathòs) sul piano morale, così i fisici hanno un "bello e buono" sul piano funzionale, operativo.
Su questo, entra a gamba tesa anche il ruolo dei calcolatori che, indubitabilmente, accelerano moltissimo quei conti che se si facessero solo scrivendo su un foglio di carta, quest’ultimo finirebbe spesso appallottolato assieme a un grande cumulo di sferette di carta – pronte a loro volta per essere studiate. Diamo nuovamente la parola a Giorgio Parisi sul tema del formalismo e dei calcolatori:
I legami che l’oggetto di una ricerca ha con il mondo esterno contribuiscono a renderlo pesante e complicato da manovrare. Il formalismo, viceversa, ci permette di portare gli oggetti a un livello di astrazione matematica che rende agevole la ricerca. Mi ha molto colpito una frase, di cui non ricordo l’autore, che diceva: «Quando i calcolatori saranno intelligenti e capaci di associare automaticamente a un numero la forma del simbolo con cui è rappresentato, ad associarvi il suono nelle varie lingue che conosciamo, a rammentarci tutte le volte che lo abbiamo incontrato nel passato […], allora i calcolatori diventeranno lenti come gli umani a fare le operazioni aritmetiche».
Ma il libro racconta anche della miriade di legami che la fisica ha con il resto delle discipline, tra tutte la biologia, che aveva interessato lo stesso Schrödinger. Non si riesce a capire, per esempio, come da singole cellule di cui si conosce il comportamento, si possa arrivare alla complessità di un gatto, e se questo si possa studiare con gli stessi strumenti matematici della fisica, come la meccanica statistica. Giorgio Parisi fornisce una possibile spiegazione su questa sorta di incompatibilità tra fisica e biologia, affermando che «la fisica è una scienza assiomatica (con assiomi selezionati dagli esperimenti), in cui tutte le leggi sono deducibili, sia pur faticosamente, da pochi principi primi, mentre la biologia è una scienza storica, in cui si studiano i prodotti della storia su questo pianeta».
Temi, questi, estremamente interessanti, tanto i più legati a moti di curiosità («se dobbiamo occuparci di problemi che non ci divertono, che cosa li facciamo a fare»), quanto i più protesi a ricadute applicative. Tutto questo, come si sostiene spesso, non può essere precarizzato da una scarsa attenzione verso la scienza e la ricerca. Non poteva infatti che terminare su questi argomenti il libro-intervista a Giorgio Parisi: sul problema che gli studenti universitari italiani «non hanno tempo di riflettere» a causa di un numero eccessivo di corsi, sulla necessità che i dottorati siano assorbiti da società (dalle imprese, dalla pubblica amministrazione) e che non abbiano come unico obiettivo le permanenza nell’accademia, infine – e non ci stancheremo mai di ripeterlo neppure qui dalle pagine virtuali di Scienza in rete – sulla necessità di aumentare i finanziamenti alla ricerca di base e applicata.