fbpx Lo sconquasso dei sistemi sanitari nazionali e l’eccesso di mortalità non-Covid19. Un problema incombente anche per l’Italia? | Scienza in rete

In Gran Bretagna si muore di più non solo di Covid, segno del cedimento del sistema di emergenza-urgenza. E in Italia?

Nel Regno Unito si sta registrando un numero di morti in eccesso non più solo attribuibile, come è avvenuto in altri momenti della pandemia, a Covid-19. Le analisi preliminari di questo fenomeno concordano: è in atto crisi del sistema di emergenza e urgenza inglese. In Italia probabilmente si sta vivendo una situazione assai simile, ma in assenza di dati epidemiologici rapidi che permettono di sorvegliare e documentare il fenomeno. Questa storia ci racconta, pur con tutte le incertezze dovute alla provvisorietà dei dati, quanto importante sia oggi un sistema di sorveglianza e informativo rapido che in Italia non abbiamo. Foto di Annie Spratt su Unsplash

Tempo di lettura: 6 mins

Il 5 gennaio 2023, David Spiegelhalter, noto biostatistico inglese, ha commentato con un preoccupato tweet i dati dell’Office for National Statistics (ONS-UK) della penultima settimana del 2022, che riportano un numero di 2.493 decessi in eccesso in Inghilterra e Galles , di cui 429 con-Covid-19, mentre 829 sono quelli attribuiti all’influenza e gli altri sono decessi non-Covid-19. Già alcuni report settimanali, ripresi lo stesso giorno in una news del British Medical Journal, avevano suggerito che stava avvenendo qualcosa di nuovo, un numero di morti in eccesso non più solo attribuibile, come è avvenuto in altri momenti della pandemia, a Covid-19.

L’Economist ha valutato il 13 gennaio 2023 con un suo modello statistico queste prime anticipazioni correlandole alla crisi del sistema di emergenza e urgenza inglese (Accidents&Emergency, A&E). Il rapporto ONS-UK conferma tra l’altro un aumento dell’eccesso di decessi, in larga parte non-Covid-19, a domicilio nell’ultimo periodo del 2022 (+37,5%), un incremento questo che sin dall’inizio ha accompagnato, con poca risonanza mediatica, questa pandemia. Sui media e sui social erano già presenti diverse interpretazioni dei dati, più o meno sostenibili, e larga diffusione ha avuto la posizione dei no-vax che attribuiva queste morti ai vaccini. Pochi giorni dopo, un nuovo rapporto dell’UKHSA, l’agenzia di sorveglianza del Regno Unito, smentiva con dati aggiornati le interpretazioni collegate ai vaccini. In quei giorni l’applicazione sulle principali cause di morte prodotta dall’Office for Health Improvement and Disparities, UKIP mostrava aggiornata a fine dicembre che l’eccesso interessava anche diverse patologie cardiovascolari . Un'analisi dei dati provvisori completi sui decessi Covid-19 e i dettagli sulle cause di morte sono attesi nel rapporto di mortalità che viene rilasciato ogni mese; le informazioni già disponibili erano comunque significative.

Il giornalista economico, oggi esperto di epidemiologia, del Financial Times John Burn-Murdoch ha rilanciato il 12 gennaio un thread Twitter con un'approfondita analisi di Jean-Fish che, aggiustando per età e con un più elaborato uso dei valori riferimento (utilizza gli andamenti di diversi anni invece dell’usale quinquennio 2016-2019/2021) affina la quantificazione dell’analisi di ONS-UK. L’eccesso di mortalità totale non-Covid-19 si concentra nelle classi di età adulte, mentre è meno evidente nelle fasce di età più alte, quelle che ci siamo abituati a vedere più colpite quando nell’ondata epidemica si registra un eccesso di mortalità. Vi è stata usualmente, nelle fasi alte dell’epidemia, una quasi perfetta sovrapposizione tra il numero in eccesso di morti totali e i decessi con Covid-19, cioè i decessi che hanno menzione di Covid-19 tra le cause di morte (involving Covid-19). Oggi non è più così, e i decessi Covid-19 (e quelli per influenza) sono una parte limitata dell’eccesso di mortalità totale.

Il 13 gennaio 2023 il cerchio informativo è stato chiuso quando i dati di mortalità totale sono stati integrati da un dettagliato rapporto del Covid-19 Actuaries Response Group, che ne confermava uno preliminare del settembre 2022, con un'analisi della crisi operativa del sistema A&E basata sul sistema informativo nazionale aggiornato a fine anno. L’aumentato rischio di morte che si manifesta nell’eccesso di decessi non-Covid-19 è compatibile con la stima di mortalità in eccesso che viene attribuita ai ritardi di risposta del sistema di emergenza-urgenza. Questa interpretazione trova, narrativamente, una conferma nella lettera che un medico di medicina generale di Edimburgo scrive all’Economist esprimendo la sua sofferenza per la necessità di essere lui a dover contenere i ricoveri ospedalieri a causa del blocco di fronte a cui si possono venire a trovare i suoi pazienti, di fatto respinti dalla struttura assistenziale. La crisi ospedaliera in questa fase tardo-pandemica si è trasformata, per retroazione, nella crisi del sistema di emergenza urgenza e della medicina di base.

Questa crisi non era attesa in questa forma e questi dati epidemiologici rapidi aiutano a comprenderla e a meglio definirla. Le principali preoccupazioni del post pandemia avevano finora riguardato gli anziani, il ritardo nelle diagnosi e le possibili ripercussioni nel tempo degli interventi e delle diagnosi ritardate per i soggetti con patologia cronica o per i fragili, come quelle per il cancro. Invece ci troviamo di fronte a uno sconquasso del sistema che colpisce pazienti in età adulta e con patologie acute. Non sembra comunque, in base alle prime valutazioni, che la crisi, i cui effetti sono da confermare nelle prossime settimane, possa essere giustificata solo da un aumento del carico di lavoro che grava sul sistema sanitario nazionale e in particolare del sistema A&E.

L’impressione è che in Italia (e sembra anche in altri paesi europei) si stia vivendo una situazione assai simile, ma in assenza di dati epidemiologici rapidi che permettono di sorvegliare e documentare il fenomeno. In questa situazione la crisi del sistema sanitario nazionale è sentita come incombente da molti operatori e trova soprattutto giustificazione nei limiti operativi e nelle diseguaglianze che già rendevano debole il sistema prima della pandemia e che la situazione pandemica ha fatto deflagrare. Lo scenario è offuscato dalle difficili prospettive della situazione economica, occupazionale che sarà evidente nei prossimi anni e che non fanno ritenere che ci sarà facilmente un investimento in sanità pubblica. La mancanza di dati e di una loro interpretazione che aiuti nel comprendere come effettivamente stanno le cose può portare a ipotesi e interventi non mirati, a scarsa consapevolezza dei bisogni, che non sono solo di risorse economiche o professionali.

A questo si aggiunge l'evidente carenza di interlocuzione di professionisti, operatori e cittadini con chi in questa situazione si dovrebbe assumere, in positivo, la responsabilità di proposta politica e di riforma di fronte alla crisi. Durante la pandemia in Italia, più che in altri paesi europei, il complessivo sistema di governo del sistema sanitario nazionale si è confrontato con una realtà frammentata, competitiva e diseguale tra le regioni ed evidente è apparso quanto faticoso e debole fosse il governo della pandemia. L’infodemia, come è stata definita, continua ancora oggi, in parallelo con le incertezze sui suoi andamenti futuri, allargandosi alla crisi della sanità e riempiendo pagine dei quotidiani nazionali, talk show televisivi e dei social di notizie allarmanti sull’aggressività di alcuni cittadini nei pronti soccorsi, sulle falle del sistema, sull’abbandono delle cure che colpisce una parte degli italiani.

Questa storia ci racconta, pur con tutte le incertezze dovute alla provvisorietà dei dati, quanto importante sia oggi un sistema di sorveglianza e informativo rapido che in Italia non abbiamo. Le ipotesi, talora ardite, si devono confrontare con i dati ufficiali e con le interpretazioni, autorevoli, di esperti della sanità pubblica e degli esperti più competenti che direttamente intervengono nel dibattito sui media e sui social discutendo i dati, non solo le opinioni. Una comunicazione di sanità pubblica trasparente ed efficace, basata su dati rapidamente disponili, deve avere come obiettivo quello di rispondere rapidamente alle esigenze decisionali e di comunicazione. Un programma per una epidemiologia che verrà, ma che a oggi ci manca. In questo clima la poca conoscenza del rischio che stiamo correndo, e quindi la sua sovra o sottovalutazione, è un ulteriore elemento di preoccupazione, pericolosa per la salute e per la vita del sistema sanitario nazionale.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Ultrasuoni focalizzati a bassa intensità: un nuovo studio per la ricerca neurologica

Gli ultrasuoni focalizzati a bassa intensità (LIFU) sono una promettente tecnologia che potrebbe consentire di superare la barriera emato-encefalica e migliorare il trattamento di malattie neurologiche. Un nuovo lavoro indaga cosa avvenga nel cervello a seguito del trattamento, per analizzare la ripresa della barriera emato-encefalica dopo l’apertura indotta.

Le malattie neurologiche, come l'Alzheimer, il Parkinson e vari tumori cerebrali, sono tra le condizioni più invalidanti a livello globale. Nonostante i progressi della ricerca, i trattamenti efficaci restano ancora limitati: le ragioni sono varie e vanno dalla complessità del cervello alle difficoltà di una diagnosi precoce. Tra gli elementi che rendono difficile il trattamento delle malattie che interessano il cervello vi sono le difese naturali di quest’organo, in particolare la barriera emato-encefalica.