In un recente convegno sull’efficienza energetica il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha fatto delle affermazioni che valgono la pena di essere evidenziate e ricordate: “dobbiamo incentivare tutto quello che si può incentivare in ricerca, innovazione e sviluppo”, “non rappresentano uno spreco di risorse. Possiamo dire però che probabilmente c’è stato uno spreco di risorse legate agli incentivi che hanno privilegiato i consumi finali e non gli investimenti”.
Francamente da un ministro non si può domandare di più, almeno a parole, anche perché lo scandalo degli incentivi al kwh pulito non viene sollevato pressoché da nessuno e quando questo succede si stende rapidamente il massimo silenzio da parte della grande stampa. Purtroppo responsabili di questa lettura del tutto parziale della sostenibilità sono stati e sono tuttora anche i nostri ambientalisti che stanno all’origine di una lettura del tutto “italiota” dello sviluppo sostenibile. Secondo questa “visione” la dimensione economica e la dimensione sociale non esistono, per cui potremo certamente eliminare l’effetto serra ma a vantaggio di una natura priva di umanità o, almeno, di compatrioti. Più concretamente l’affermazione del Ministro Clini sugli sprechi mette sotto accusa la politica che a fronte di un aggravio delle bollette elettriche pagate dai cittadini fornisce le risorse perché qualcuno ci installi un impianto, ad esempio fotovoltaico, comprato all’estero, magari in Germania. Con il che si ottengono vari risultati negativi sia in termini di occupazione sia in termini di sviluppo. Era ed è inevitabile, per correggere la nostra impronta ambientale, una soluzione del genere?. No, certamente. C’erano e ci sono ancora nel nostro paese capacità e competenze che invece di essere sviluppate, agevolate, messe in collegamento, ecc., sono state emarginate ed escluse per lasciare aperte la porta del nostro declino.
Questo caso di cattiva lettura delle opportunità offerte dalla green economy, non è certamente l’unico e, dunque, ben venga un ministro che sembra voler mettere al centro di questa questione il potenziale della ricerca e dell’innovazione senza il quale non avremo né un nuovo né un vecchio sistema di sviluppo.