I matematici tentano
da sempre di perfezionare la determinazione di π, anche se sanno che ha più di
12 trilioni di cifre; i fisici si disperano perché non possono fissare la
costante gravitazionale oltre le tre cifre significative.
I genetisti, al
contrario, stanno avendo difficoltà a decidere quanto velocemente
muta il DNA umano.
La velocità di
mutazione del DNA è la chiave per la calibrazione dell'orologio molecolare che ci
consente di collocare gli eventi nella storia evolutiva grazie alla datazione
basata sul DNA.
Durante la conferenza “Human Mutation Rate Meeting”, tenutasi il
25-27 Febbraio 2015 presso l'Istituto Max Planck di Antropologia Evolutiva di Lipsia,
in Germania, una decina di oratori si è mostrata perplessa poiché i calcoli
della velocità con cui si manifestano le mutazioni della sequenza nel DNA umano
sono risultati di molto inferiori negli ultimi anni rispetto al passato. Il tasso
di variazione sembra inoltre fluttuare nel tempo.
L'incontro ha toccato anche argomenti quali i meccanismi molecolari e chimici che stanno alla base delle mutazioni germinali e somatiche, attirando così non solo i genetisti evolutivi, ma anche ricercatori con un interesse per il cancro e la biologia riproduttiva, settori in cui le mutazioni hanno un ruolo centrale. La mutazione è infatti la fonte di tutte le malattie ereditarie e di tutti gli adattamenti biologici: comprendere la velocità con cui le mutazioni si evolvono è una questione di fondamentale importanza.
Negli ultimi sei
anni, grazie all’utilizzo di tecniche d’avanguardia nell’ambito della biologia
molecolare come la “next generation sequencing” del DNA, i ricercatori hanno confrontato
in diversi studi interi genomi dei genitori e dei loro figli, ottenendo una
stima del tasso di mutazione che corrisponde a circa la metà di quella
calcolata in precedenza usando il metodo dell’ultimo antenato comune.
La stima più
alta, quella che implica un orologio molecolare più lento, consente di datare
correttamente alcuni eventi chiave nell'evoluzione umana, come le migrazioni
dall'Africa e in tutto il resto del mondo, mettendo in accordo le stime
genetiche con quelle archeologiche. Ma la stessa stima del tasso di mutazione
non funziona se si vuole andare ancor più indietro nel tempo: si ottengono
risultati senza senso come ad esempio che il più recente antenato comune delle
scimmie avrebbe incontrato i dinosauri! Riluttanti ad abbandonare completamente
i numeri più grandi, molti ricercatori hanno iniziato a eludere il rischio nei
loro lavori, utilizzando più date per gli eventi evolutivi a seconda che il
tasso di mutazione si presume sia stato veloce, lento o intermedio.
L'anno scorso il genetista di popolazione David Reich dell'Harvard Medical School di Boston e i suoi colleghi hanno confrontato il genoma di un essere umano risalente a 45.000 anni fa proveniente dalla Siberia con il genoma dell’uomo moderno ottenendo una stima piuttosto precisa utilizzando il tasso di mutazione inferiore. Eppure, all’inizio di quest’anno, gli stessi autori hanno pubblicato un articolo che ricava un tasso di mutazione intermedio dalla comparazione dei livelli di eterozigosi locale in genomi diploidi di individui moderni. Lo stesso Reich, che fa parte del comitato organizzativo dell’incontro di Lipsia, non si sa spiegare la discrepanza. È opinione comune che il tasso di mutazione umana abbia fluttuato nel corso di milioni di anni. Cambiamenti evolutivi nel metabolismo e nella biologia riproduttiva sono entrambi possibili cause.
L’interesse nei
confronti della determinazione del tasso di mutazione è elevato anche nell’ambito
della genetica medica, soprattutto in campo oncologico. Alcuni agenti
ambientali, come il fumo, sono noti provocare alcuni tipi di cancro ma altri
tumori sembrano essere dovuti ad alterazioni della normale biochimica della
cellula. Scoprire esattamente cosa accade potrebbe spiegare le fluttuazioni del
tasso di mutazione.
Anche i biologi della
riproduzione sono interessati al tasso di mutazione umana, soprattutto perché recenti
ricerche indicano che alcune malattie sono più comuni nei figli di uomini più
anziani rispetto a quelli con padri più giovani. Gli spermatozoi vengono
infatti prodotti durante tutta la vita di un uomo; la divisione costante delle
cellule precursori spermatiche implica una maggior trasmissione di mutazioni da
parte del padre anziano rispetto al giovane.
Al termine della
conferenza Reich ha suggerito agli altri ricercatori di misurare gli eventi
usando l’orologio molecolare più lento, almeno fino a quando la scelta sul
tasso di mutazione da utilizzare non sarà supportata da dati più consistenti.