Una dimostrazione del chimico francese Henri Étienne Sante-Claire Deville. Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera. Licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
Immersi nella plastica e nell’esaltazione dei “nuovi” materiali, a volte ci dimentichiamo del valore di quelli più tradizionali, salvo ricrederci in caso di difficoltà. Succede anche adesso che il commercio mondiale è in subbuglio a causa dei dazi imposti dagli U.S.A. sulle importazioni di acciaio e di alluminio. Quest’ultimo, generalmente in forma legata con altri metalli, ha un vasto numero di applicazioni che spaziano dall’industria aeronautica a quella ferroviaria, da quella navale agli impieghi domestici. La produzione e il consumo dell’alluminio sono oggetto di analisi economiche anche sui quotidiani e da fonti qualificate (International Aluminium Institute) apprendiamo che la produzione mondiale di alluminio primario ha raggiunto l’anno scorso la bellezza di 63,4 milioni di tonnellate, mentre nel periodo gennaio-maggio 2018 è stata di 26,4 milioni di tonnellate.
È merito soprattutto del chimico francese Henri Étienne Sante-Claire Deville (1818-1881) se l’alluminio è entrato prepotentemente nella nostra vita a partire dalla seconda metà del secolo XIX. Era un metallo conosciuto da tempo, presente abbondantemente in natura come ossido stabile e in molti si erano dati da fare per estrarlo in forma pura. Deville era un chimico inorganico, molto attivo, già allievo del famoso Louis-Jacques Thénard (1777-1857). Aveva studiato medicina alla Sorbona ma poi si era convertito alla chimica all’età di 21 anni, allestendo un piccolo laboratorio in cui si esercitava nel tempo libero. I suoi primi lavori sperimentali attirarono l’attenzione di Thénard che gli affidò l’incarico di organizzare la Facoltà di Medicina di Besançon. Tornato a Parigi, all’École Normale, cominciò a interessarsi dell’alluminio intorno al 1850, con lo scopo di prepararne un ossido minore a partire dal tricloruro, riducendolo con potassio metallico. Possiamo dire che, quasi “per sbaglio”, giunse a preparare il metallo puro in forma di globuli lucenti inalterabili all’aria. Tramite il potente Jean-Baptiste Dumas (1800-1884) chimico e ispettore generale per l’insegnamento delle scienze nelle scuole superiori, Deville fu ricevuto nel 1855 da Napoleone III al quale mostrò alcuni campioni del nuovo metallo. L’imperatore fu conquistato da questo “nuovo argento” e intravedendo la possibilità di fornire alle sue truppe elmetti e corazze di alluminio concesse a Deville un finanziamento per costruire un impianto pilota. Questo sorse a Javel e fu seguito da altri due a Rouen e Nanterre. Il primo lingotto di alluminio fu presentato all’Accademia delle Scienze il 18 giugno 1855. Il procedimento fu via via perfezionato e nel giro di quattro anni il prezzo per chilogrammo scese dai 30.000 franchi iniziali a 300 nel 1859 e addirittura ad 80 nel 1880. All’esposizione mondiale del 1855 le barre di alluminio suscitarono un enorme interesse e fu finalmente chiaro che il nuovo metallo sarebbe stato utile anche se, inizialmente, il suo prezzo lo rendeva più adatto alla costruzione di gioielli e non si sapeva esattamente come impiegarlo. La monografia di Deville sull’alluminio costituisce una fonte preziosa di informazione su tutte le modifiche introdotte al processo. La materia prima divenne il minerale bauxite (46% Al), di cui la Francia aveva abbondanti riserve, poi ci voleva carbone, sale marino e sodio al posto del potassio. Come fondente veniva utilizzata la criolite (fluoroalluminato di sodio) proveniente dalla Groenlandia. Il processo cadde in disuso quando fu sostituito da quello elettrolitico che opera sull’allumina (Al2O3) ricavata chimicamente dalla bauxite. La criolite, invece, si usa tuttora.
Deville non si interessò soltanto di alluminio ma anche di altri metalli, inclusi quelli cosiddetti “nobili”. Fu lui, insieme ai collaboratori, a preparare la famosa lega di platino-iridio impiegata per ottenere il chilogrammo standard superpreciso richiesto dalla Conferenza Internazionale del 1875. Lavoratore accanito e analista scrupoloso studiò anche il fenomeno della dissociazione chimica benché non fosse molto portato ad indagare a fondo gli aspetti teorici. Non dobbiamo però pensare che facesse tanto lavoro da solo. Collaboratori preziosi come Henry Debray (1827-1888), Arthur Morin (1795-1880), Henri Caron (1823-1876) ed Paul Gabriel Hautefeuille (1836-1902) lo affiancarono nelle ricerche.
Deville è un big della chimica francese e ricordarlo in occasione del bicentenario della nascita, proprio oggi che le baruffe con i cugini d’Oltralpe occupano le prime pagine dei quotidiani, serve a riaffermare una comunanza che non si può cancellare.
Per saperne di più:
- http://www.world-aluminium.org/statistics/
- J. Wisniak, J. Mat. Eng. Perf., 2004, 13 (2), 117-128
- H.S.C. Deville, De l’Aluminium. Ses proprietés, sa fabrication et ses Applications, Mallet-Bachelier, Paris, 1859