L’accumulo di placche amiloidi nel sistema nervoso centrale è stato
associato all’insorgenza del morbo di Alzheimer (AD) ma i peptidi beta-amiloide
(Ab) si accumulano anche nel
sistema cerebrovascolare causando malattie quali ictus e angiopatia cerebrale
amiloide (CAA). I peptidi Ab sono infatti
responsabili dello stato protrombotico dei pazienti con AD nei quali la
formazione di coaguli, la riduzione della fibrinolis
i e l’aumento dei livelli
dei fattori della coagulazione sono responsabili della riduzione dell’afflusso
di sangue al cervello, della neuroinfiammazione ed infine della
neurodegenerazione.
Le piastrine sono la maggiore fonte di peptidi Ab nel plasma: esse infatti esprimono e metabolizzano la proteina precursore
dell’amiloide (APP) regolando la trombosi e l’emostasi in vivo. Nell’AD l’attività di b- e g-secretase
aumentano e APP viene metabolizzato a peptidi Ab.
Diversi studi hanno dimostrato che i peptidi Ab attivano direttamente le piastrine, ma l'esatto meccanismo molecolare
resta da chiarire. È ciò che si è proposto un gruppo di ricercatori
dell’Università di Pavia, in collaborazione con il Policlinico San Matteo
(Pavia) e con l’Università di Bath (UK).
In un interessante articolo recentemente
pubblicato sulla rivista Biochemical
Journal, gli autori hanno dimostrato che i peptidi Ab stimolano una robusta mobilitazione di Ca2+ e la secrezione dei
granuli piastrinici. Il rilascio di ADP che ne consegue stimola a sua volta i
pathway di segnalazione canonici, tra i quali PI3K, PKC, p38MAPK ed ERK, come
anche le tirosin chinasi, incluso Syk.
Questi eventi supportano l’aggregazione
piastrinica e la formazione di trombi. I dati raccolti dai ricercatori italiani
identificano inequivocabilmente il rilascio di ADP Ca2+-dipendente come meccanismo
molecolare sotteso all’effetto pro-trombotico dei peptidi Ab e spiegano il legame tra AD e malattie cerebrovascolari. “L'idea di questa
ricerca è nata quasi per caso dalla constatazione che, dopo i neuroni, la seconda
fonte importante di peptidi Ab nell'organismo è
costituita proprio dalle piastrine. Queste ultime hanno esattamente lo stesso
tipo di metabolismo dei neuroni e rappresentano quindi un modello periferico di
studio ideale. Ciò riveste una grande importanza considerando il fatto che
molti studi propongono l'utilizzo delle piastrine quali biomarcatori periferici
studiando appunto le piastrine come modello predittivo per l'insorgenza, la
prognosi e la progressione dell'AD”, spiega Ilaria Canobbio ricercatrice presso il Dipartimento di biologia e biotecnologie dell'Università di
Pavia e fra gli autori della ricerca.
L’ipotesi proposta e dimostrata dagli autori è che il dominio Ab25-35 delle placche amiloidi sia
in grado di indurre l’aumento di Ca2+ intracellulare necessario per la stimolazione degli a-granuli e per il rilascio dei granuli densi delle piastrine. Quest’ultimo
induce a sua volta la secrezione di ADP, il maggior responsabile della
stimolazione e propagazione dell’attivazione delle piastrine.
A ciò consegue
l’attivazione ADP-dipendente di diversi pathway intracellulari attraverso la
fosforilazione delle proteine di segnale Syk, PKC, PI3K, p38MAPK e ERK1/2
indotta da Ab25-35 e l’attivazione di Rap1b.
Quest’ultima gioca un ruolo fondamentale nella
stimolazione dell’aggregazione piastrinica e nella formazione dei trombi poiché
induce a sua volta la stimolazione del pathway delle integrine e il legame con
il fibrinogeno che è alla base dei fenomeni di aggregazione piastrinica e
formazione di trombi. “Esiste un'interessante ipotesi detta "ipotesi
vascolare" per cui le disfunzioni a livello vascolare possono tradursi in
una ipoperfusione del sangue a livello cerebrale che danneggia i neuroni i
quali a loro volta producono peptidi Ab il cui accumulo
arreca i danni neurali di AD. In questo senso la malattia di Alzheimer potrebbe
avere un'origine di tipo vascolare. A favore di questa ipotesi c'è il fatto che
gli stessi fattori di rischio che predispongono a malattie cardiovascolari
quali stroke, ischemia o infarto, e cioè ipertensione, ipercolesterolemia,
diabete e obesità, predispongono anche all'AD”, sottolinea Canobbio.
Le osservazioni riportate in questo studio sottolineano l’importanza di ADP nella stimolazione dell’attivazione e dell’aggregazione piastrinica e nella formazione di trombi indotta dai peptidi Ab, chiariscono il ruolo patologico delle placche amiloidi nelle malattie cerebrovascolari e indicano i recettori ADP piastrinici come nuovi potenziali target terapeutici per il trattamento delle complicazioni vascolari in AD. “In prospettiva futura si potrebbe pensare di intervenire precocemente a livello vascolare su soggetti con predisposizione allo sviluppo di AD utilizzando gli stessi approcci terapeutici di malattie trombotiche quali ictus e infarto. Inoltre, poiché ADP si è rivelato fondamentale nel processo di attivazione piastrinica, come abbiamo dimostrato nel nostro lavoro, anch'esso potrebbe essere un possibile target terapeutico nella prevenzione e nel trattamento di AD utilizzando farmaci diretti contro i recettori per ADP che vengono attualmente impiegati nel trattamento dei fenomeni trombotici”, conclude Canobbio.