Le
nanoparticelle possono far male? Quest'interrogativo ci riguarda da vicino
molto più di quanto si possa credere.
Le nanotecnologie il più delle volte
sembrano una realtà distante e in divenire, non possono essere considerate la
panacea dello sviluppo scientifico e tecnologico e c'è ancora molta strada da
fare per completare e migliorare la nostra conoscenza sulle nanoparticelle
(leggi qui e qui). E' molto importante quindi definire come e quanto
le nanoparticelle impattano sull'ambiente e sulla salute dell'uomo per poter
stabilire delle regole condivise sul loro utilizzo.
Questo è stato l'obiettivo del progetto
Nanotox, sostenuto da Fondazione Cariplo, coordinato dal centro CI.Ma.I.Na
dell'Università degli Studi di Milano con la partecipazione della Fondazione
Humanitas, e AIRI - Associazione Italiana per la Ricerca Industriale. I
risultati del progetto, chiuso nella fase più operativa nel 2014, sono stati presentati lo scorso luglio
durante il workshop "Nanotecnologie e sviluppo responsabile: il caso del
nano argento", presso il Palazzo Giureconsulti di Milano.
Il nano-argento: molto diffuso, grandi potenzialità, ancora molti interrogativi
La
ricerca ha preso in analisi un elemento in particolare, l'argento, nella sua versione nano
appunto (Ag-NPs) allo scopo di valutarne gli effetti tossicologici causati
dall'esposizione acuta e cronica.
Perché
è stato scelto questo elemento in particolare? Tra le nano-particelle già in
uso, quelle di argento sono le più diffuse, prima dei nanotubi in carbonio, del
silicio, del diossido di titanio, dello zinco e dell'oro.
Nano-particelle
di argento si possono trovare in dispositivi
medici, tessuti, cosmetici, prodotti per l'igiene personale, giocattoli,
plastica ed elettronica, packaging per alimenti, vernici.
Questo successo a
livello industriale e di mercato non è in realtà una novità, se consideriamo le
sue proprietà naturali. L'argento, infatti, è noto da più di cento anni come un
antibatterico naturale ed è stato usato già in passato per fabbricare secchi e
contenitori per conservare e trasportare alimenti (per esempio la NASA l'ha
usato più di recente nei sistemi di purificazione delle acque degli Space
Shuttle e ha sviluppato un sistema per monitorarlo in orbita).
Se ingegnerizzato fino alla dimensione nano, le sue speciali proprietà
antibatteriche vengono amplificate, ma
gli eventuali rischi tossicologici non sono stati ancora del tutto analizzati.
Quanto è pericoloso il nano-argento?
Rispetto a quanto servirebbe conoscere per un quadro completo
del risk assesment, sappiamo poco di
eventuali effetti tossici del nano-argento. La ragione di questa scarsità
d'informazioni a fronte di un alto livello di pervasività sul mercato, è da
ricercare innanzitutto nella legislazione in vigore sull'etichettatura dei
prodotti, che non prevede una specifica elencazione dei nanomateriali presenti,
oltre a una certa frammentarietà degli studi finora disponibili in letteratura,
che non trovano una reale linee comune per esempio a riguardo di taglia, distribuzione e dosi usate di nano
particelle di argento - in questo senso, un precedente contributo è arrivato
dal progetto SCENIHR, 2009, condotto in ambito europeo.
A partire da quale dimensione e quantità usata possiamo parlare di tossicità
del nano argento?
"La call 2011 del bando di Fondazione Cariplo ci ha
richiamato ad avere indispensabili ricadute in ambito regolatorio" spiega Cristina Lenardi responsabile del
progetto "E' per questo che, in conclusione di progetto, possiamo dire che
abbiamo introdotto un percorso virtuoso negli
studi sistematici sugli effetti del nano-argento. Non esattamente uno standard
di riferimento, ma senz’altro un approccio rigoroso e integrato delle pratiche
da seguire per la valutazione della tossicità delle nanoparticelle”.
Nanotox, indagine multidisciplinare
Per rispondere a domande ancora aperte e descrivere il ruolo
che assume l'Ag-NPs nel produrre infiammazioni sistemiche e locali e
nell'esposizione cronica, il progetto Nanotox si è occupato di studiare la
biologia dei macrofagi, sia in vitro che in vivo, investigare in modo
multidisciplinare la risposta infiammatoria
di cellule del sistema nervoso, oltre che monitorare criticamente lo
stato dell'arte della legislazione a livello internazionale. "Innanzitutto abbiamo svolto un'indagine di mercato tra
i maggiori produttori di nano-particelle, per selezionare il prodotto più
adatto ai nostri scopi già disponibile per le indagini in laboratorio, in
termini di grandezza - dell'ordine di poche decine di nanometri - e di
rivestimento delle particelle - PVP (Polivinil pirolidone)", continua
Lenardi.
La gran parte degli studi condotti finora -
in vitro e in vivo - risentono di una caratterizzazione incompleta del nano-argento
commerciale, è in primo luogo per questa ragione che i dati sulla tossicità
risultano di difficile comparazione.
Dopo le opportune caratterizzazioni di tipo morfologico - utilizzando tecniche come
la TEM (Microscopia Elettronica in Trasmissione) e la STEM (Microscopia
Elettronica a Scansione in Trasmissione) - e spettroscopico - con la
spettroscopia in UV e visibile - il gruppo interdisciplinare di fisici,
chimici, biologi e medici ha classificato il comportamento delle
nano-particelle di argento nelle soluzioni utilizzate: queste si possono
raggruppare in agglomerati e rilasciare ioni Ag+.
"Nello step successivo, abbiamo studiato la tossicità
cronica in vivo, in base all'effetto
della grandezza e della copertura sui tessuti delle particelle di Ag-NPs,
l'assunzione per via orale delle cavie e l'applicazione puntuale, per poi
passare agli effetti d'infiammazione e immunità sui macrofagi - e gli effetti
dei recettori coinvolti - e sulla circolazione dei monociti. Infine, abbiamo
studiato l'accumulo intracellulare, la potenziale infiammazione negli astrociti
e gli effetti di esposizione nelle colture neuronali".
Tra i risultati più interessanti dello studio, per quanto
riguarda l'esposizione in vitro agli astrociti
- cellule del sistema nervoso centrale.
E' un dato già assodato che le nano-nanoparticelle di argento sono in grado di
attraversare le barriere dei tessuti cerebrali, tuttavia in realtà poco si
conosce degli effetti di citotossicità e di infiammazione indotta
dall'esposizione cronica. I trend osservati in relazione alla taglia (10 nm, 40 nm, 100 nm) sono stati
interpretati dai ricercatori del progetto Nanotox con in relazione diretta con
il rischio di tossicità: più si scende in dimensione, più aumenta il rischio di
nocività.
Il secondo dato di rilievo riguarda l'esposizione alle
particelle Ag-NPs in vivo sugli
animali e l'accumulo intracellulare. L'accumulo di particelle nel fegato risulta
così più importante rispetto ad altri tessuti. Nel cervello, per esempio, non
si osserva un accumulo significativo, mentre il rene è attaccato principalmente
dallo ione argento. Anche in questo caso la taglia gioca un ruolo determinante.
In definitiva, grazie al progetto Nanotox, si conosce ora meglio
la relazione tra dosi somministrate di nano-argento e risposta biologico-immunitaria.
Colmate le lacune conoscitive, tocca ora ai legislatori
garantire informazioni nanospecifiche sul rischio di esposizione, completando il REACH - ovvero lo strumento legislativo
più forte che obbliga l'industria in generale a fornire nuove informazioni, ma
ancora carente in ambito nanomateriali.