fbpx Le nuove prospettive del fotovoltaico | Scienza in rete

Le nuove prospettive del fotovoltaico

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Di energia e alternative energetiche si è tornato a discutere, seppur in forma inevitabilmente mediatica di attualità, dopo i fatti di Fukushima. Le fonti d’energia rinnovabile continuano ad essere oggetto di dibattito, sulla base di un bilancio energetico che non sembra - a detta di molti – soddisfare le reali richieste e necessità. Per quanto riguarda la questione economica, per il momento la soluzione degli incentivi statali è l’unico tentativo di “argine”.

Ma non sono sufficienti interventi di mercato per innalzare le potenzialità, ad esempio, del fotovoltaico. Incoraggiare la ricerca è l’urgenza per ottenere un’efficienza più alta e costi minori di produzione e installazione. In questo campo, specie negli ultimi anni, sono frequenti annunci di nuovi prototipi a cui affidarsi per ripensare l’intero comparto del fotovoltaico. Vale la pena puntare l’attenzione sulle recenti pubblicazioni di almeno due classi di fotovoltaico innovativo.

I pannelli fotovoltaici che vengono normalmente utilizzati si basano sul silicio, sfruttando le proprietà ottiche ed elettriche del semiconduttore cristallino in dimensioni massive. Andando un po’ più giù nelle dimensioni della materia, è possibile però sfruttare dei fenomeni fisici con migliori caratteristiche energetiche.

Facendo leva sulle potenzialità della nano-scala, il MIT di Boston ha ingegnerizzato un sistema in grado di sfruttare il solo calore, ignorando completamente la luce del sole.

Non è, in realtà, una novità, che le celle fotovoltaiche possono funzionare anche senza l’esclusivo ausilio della luce solare: il termofotovoltaico (TVP) sfrutta una qualunque fonte di radiazione termica per fornire calore e luce a una cella fotovoltaica e produrre elettricità. La componente infrarossa, tipica delle sorgenti di calore, è infatti contenuta nello spettro solare e alcuni materiali possono assorbirla più del silicio – Steve Novack dell’ Idaho National Laboratory, ad esempio, ha introdotto all’inizio di quest’anno un sistema termo fotovoltaico ottimizzato con una struttura a nano-antenne. I ricercatori del MIT, guidati da Ivan Celanovic dell’ Institute for Soldier Nanotechnologies, sono andati oltre le relativamente basse efficienze ottenute con i materiali introdotti nell’ultimo decennio, ottenendo dei cristalli fotonici di tungsteno con una superficie nanostrutturata. Un’alternanza di nano cavità agisce come elemento di risonanza, propagando la luce in modo selettivo e quando il tungsteno nano strutturato viene riscaldato, vengono generate solo specifiche lunghezze d’onda di radiazione termica. Scegliere che tipo di luce trasformare in elettricità, in sostanza. In questo modo, al MIT sono riusciti a realizzare un piccolo generatore alimentato a butano, capace di triplicare le efficienze di una batteria agli ioni di litio delle stesse dimensioni.

La scala nano non trascura, al momento, il vecchio silicio: combinare nano cristalli di silicio a dendrimeri – grosse molecole a forma di albero – è l’obiettivo di un progetto di ricerca dell’Università di Bologna (PhotoSi), per avere migliori proprietà elettriche e ottiche, con il vantaggio di utilizzare materiali meno pericolosi rispetto ai nano cristalli di seleniuro di cadmio e con l’auspicio di riciclare silicio ‘esausto’ per produrre il materiale ibrido.

Se con le nanotecnologie si può pensare di alzare le efficienze del fotovoltaico, un’ interessante prospettiva per l’abbattimento dei costi arriva da una classe di materiali plastici, per loro natura utilizzabili in modalità diverse e meno ‘statiche’ rispetto ai normali impianti; contributi importanti in questo settore si contano anche in Italia. In questo caso si tratta di una combinazione tra materiali polimerici e coloranti organici, sintetizzati in modo da riprodurre lo stesso processo di assorbimento della luce che avviene nei coloranti vegetali, in grado di convertire spontaneamente la luce in energia spendibile. Per il momento, sono i bassi costi di produzione e una maggiore facilità di installazione a tener viva l’attenzione su questi polimeri – sono ancora lontane prestazioni pari a quelle del silicio. Questi coloranti, infatti, possono essere depositati con un processo di stampa relativamente semplice. Questo consente di realizzare moduli fotovoltaici anche su superfici flessibili, come pellicole o fogli di plastica, applicabili con un’ampia scelta di integrazione architettonica: pareti, tetti di edifici, finestre, oltre a coperture rimovibili e oggetti di dimensioni più ridotte. La rivista Advanced Materials, lo scorso luglio ha puntato l’attenzione su celle di questo tipo realizzate dai ricercatori del MIT, che si sono dimostrate essere molto resistenti e funzionanti su fogli di carta, plastica e tessuto. Substrati, questi, facilmente reperibili e utilizzati per depositare i componenti attivi con condizioni di produzione più favorevoli – la temperatura di deposizione, ad esempio, è al di sotto dei 120° C, utilizzando vapori anziché liquido. Le efficienze sono però basse, con valori inferiori del 10% in conversione, mentre un buon modulo in silicio può arrivare anche al 18%.

E’ l’Università della California a rilanciare l’interesse per i polimeri fotovoltaici, puntando proprio ad aumentare l’attuale efficienza del 20% circa, grazie all’inaspettato contributo dell’oro. Dal team di ricercatori guidato da Yang Yang sono state sintetizzate nanoparticelle di oro utilizzate come sottilissimo strato inserito in una struttura a “sandwich” tra due facce di una cella solare. Come spiegato nel lavoro pubblicato qualche settimana fa sulla rivista Acs Nano, il risultato sperimentale di questo dispositivo è stato raggiunto grazie alla proprietà del nano strato di oro di generare un forte campo elettromagnetico e garantire così una maggiore concentrazione della luce: maggiore energia prodotta, a parità di superficie del modulo fotovoltaico (nello specifico, questo è dovuto alla presenza dei plasmoni, particelle subatomiche prodotte dalle oscillazioni degli elettroni eccitati dalla luce su una superficie di metallo).

Materiali innovativi pensati per il futuro dell’energia. Quanto distante e concreto sarà questo futuro dipende solo dall’attenzione che se ne vorrà dare.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Generazione ansiosa perché troppo online?

bambini e bambine con smartphone in mano

La Generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (Rizzoli, 2024), di Jonathan Haidt, è un saggio dal titolo esplicativo. Dedicato alla Gen Z, la prima ad aver sperimentato pubertà e adolescenza completamente sullo smartphone, indaga su una solida base scientifica i danni che questi strumenti possono portare a ragazzi e ragazze. Ma sul tema altre voci si sono espresse con pareri discordi.

TikTok e Instagram sono sempre più popolati da persone giovanissime, questo è ormai un dato di fatto. Sebbene la legge Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) del 1998 stabilisca i tredici anni come età minima per accettare le condizioni delle aziende, fornire i propri dati e creare un account personale, risulta comunque molto semplice eludere questi controlli, poiché non è prevista alcuna verifica effettiva.