Come mai la chimica gode di una così cattiva fama ai giorni nostri? In particolare nel nostro Paese, che pure ha una tradizione gloriosa, dire chimica è uguale a male. Il motivo principale, a mio avviso, è che alla chimica moderna manca sempre di più la parte di scienza di base. Le sue leggi fondamentali sono ben note, anche se resta ancora molto da esplorare, come, ad esempio, la piena comprensione dei processi di auto organizzazione, o delle proprietà di quel quarto stato della materia che il premio Nobel De Gennes ha così efficacemente battezzato "materia molle". Ci si deve chiedere, cioè, se le risposte a tali quesiti possa portare a rivoluzioni scientifiche con un contenuto culturale simile a quello delle grandi scoperte del secolo scorso come la meccanica quantistica nella fisica, le basi molecolari della genetica in biologia, la teoria della relatività in astrofisica. Sembra cioè che la chimica sia ormai priva al suo interno di quel sostegno filosofico e storiografico simile a quello tuttora goduto da altre varietà di scienze della natura. Così l'aspetto culturale dell'accoppiamento con la società è venuto a mancare e la interazione si è realizzata attraverso l'industria chimica ed i suoi innumerevoli e pervasivi prodotti. L'immagine della chimica è negativa perché l'industria chimica e i suoi prodotti sono sul banco degli imputati.
Prestando la dovuta attenzione ai problemi che effettivamente la tecnologia chimica ha prodotto, anzi, facendone tesoro, si può certamente rivolgersi agli aspetti più positivi della disciplina. Le nuove idee, concetti e tecniche che sorgono dal contatto continuo della ricerca fondamentale con quella applicata producono la forza di spinta alle innovazioni che rendono migliore la qualità della vita. In che cosa consista questo miglioramento è la società che deve determinarlo.
Sessanta anni fa il miglioramento consisteva, ad esempio, nella produzione del "moplen", la materia plastica proveniente dalle ricerche di Giulio Natta (Nobel 1963), che aveva caratteristiche strutturali ed estetiche tali da permettere la fabbricazione di oggetti che ancor oggi resistono all'usura del tempo e mantengono intatta la loro utilità e bellezza. Oggi il miglioramento si cerca nella produzione di materie plastiche "biodegradabili" che permettano, se non di risolvere, almeno di attenuare il gigantesco problema ambientale dei rifiuti e della loro eliminazione.
Circa cento anni fa un passo fondamentale dell'industria chimica fu fatto a seguito della scoperta di Fritz Haber (Nobel 1918) su come sintetizzare l'ammoniaca dagli elementi con l'uso delle alte pressioni e dei catalizzatori metallici. Dei due elementi per la sintesi (azoto ed idrogeno), il primo è libero nell'atmosfera, il secondo deve essere prodotto dai combustibili fossili (carbone o petrolio) con i procedimenti di "reforming", anche questi a base di catalizzatori metallici. Data da allora la nascita dell'industria petrolifera. Oggi la "fissazione" dell'azoto atmosferico sarebbe preferibile con metodi più blandi e soprattutto che non depauperino il deposito non inesauribile delle risorse dei combustibili fossili. Schiere di ricercatori biochimici studiano la struttura degli enzimi che la natura ha sviluppato come catalizzatori di questo processo nei batteri, specialmente in quelli foto sintetici, ed i loro meccanismi di azione al livello molecolare, mentre altrettante schiere di chimici cercano di progettare e sintetizzare molecole che mimano la struttura di questi enzimi nitrogenasici per farne dei catalizzatori veramente puliti che usino l'energia del sole invece che i combustibili fossili, per la fissazione dell'azoto.
Un'altra faccia della stessa medaglia è quella dell'energia tout court. Fino all'inizio degli anni settanta del secolo scorso l'energia era un problema solo di possesso, era un problema geo-politico. Da allora è divenuto un problema di esaurimento delle risorse ed il ricorso alle fonti alternative ha fatto molta strada, anche se non sempre priva di effetti collaterali. Per quanto riguarda la chimica due sono i contributi, tra i più recenti, che vale la pena ricordare.
Il primo è la produzione degli specchi di silicio adatti ai pannelli fotovoltaici. Prima il silicio cristallino, poi quello policristallino, più recentemente anche quello amorfo, fanno fede degli sforzi dei chimici per affrontare il problema dei costi, della durata e della resa. Addirittura c'è chi tenta di sostituire il silicio con materiali plastici formati da "nano strutture" che possano anche essere spruzzate sulle superfici da rendere attive.
Il secondo è il tentativo di mimare direttamente la fotosintesi fermandola alla produzione di idrogeno direttamente dall'acqua mediante l'energia solare. Anche qui le strade sono varie, quella di ispirarsi direttamente ai catalizzatori esistenti nelle cellule naturali per la sintesi di oggetti molecolari che siano in grado di eseguirne le funzioni, e quella di utilizzare direttamente gli stessi foto enzimi naturali stabilizzandoli su supporti convenienti formati, anche qui, da "nano strutture" opportune che li rendano maneggevoli e stabili. Ambedue queste strade sono perseguite da due gruppi di ricerca ben noti nel nostro paese.
L'evoluzione della scienza, compresa la chimica, e l'evoluzione dei metodi di governo della società si influenzano reciprocamente. Esse inoltre sono connesse a molti altri fattori che hanno influenza su ambedue. Tutti vi siamo coinvolti. I mali che molti considerano responsabilità della chimica sono dovuti anch'essi all'ignoranza ed all'abuso. Per evitarli dobbiamo preoccuparci di fornire un'educazione migliore in modo da rendere la scienza, e la chimica in essa, parte essenziale della cultura di ciascuno.