Incisione raffigurante il Faro di Alessandria d'Egitto. Estratta dall'opera "Entwurf einer historischen Architektur" di Johann Bernhard Fischer von Erlach, 1721. Credit: Johann Bernhard Fischer von Erlach / Wikimedia Commons. Licenza: Public Domain.
Prendiamo gli elettroni o qualsiasi altra entità quantistica, come per esempio i fotoni. Si comportano in maniera che non ha riscontro nel mondo macroscopico. Nella necessità di visualizzarla, quella condotta per noi inconsueta, diciamo che si comportano in maniera contraddittoria: come onda e come corpuscolo. Anzi, molti dicono che gli elettroni sono nel medesimo tempo onda e corpuscolo. E così dicendo incorrono in un errore epistemologico fondamentale: scambiano i modelli fisici per la realtà fisica. I modelli utilizzati nella meccanica quantistica funzionano. E anche molto bene: visto che la meccanica quantistica è la teoria fisica più precisa di cui disponiamo. Ma i suoi modelli non descrivono affatto la realtà. Tantomeno una realtà contraddittoria. Sono strumenti fisici e matematici per indagare, con successo, e visualizzare, ovvero ricondurre al nostro modo di pensare, il mondo microscopico. Non sono affatto il mondo microscopico.
Questa, almeno, è l’analisi di Lucio Russo, che si è occupato a lungo di meccanica statistica e di calcolo delle probabilità, ma è conosciuto, anche al grande pubblico come storico della scienza. È lui, per intenderci, che con la Rivoluzione dimenticata, la cui prima edizione risale al 1996, ha dimostrato con solidi argomenti che la scienza, in termini epistemologici moderni, non è nata in Europa nel XVII secolo, ma quasi duemila anni prima, ad Alessandria d’Egitto e in altri centri ellenistici nel III secolo prima di Cristo.
Con l’esempio degli elettroni e delle altre entità quantistiche, Lucio Russo sottolinea come la scienza moderna - o, almeno, ampi settori della comunità scientifica attuale - stia tradendo lo spirito di Archimede, di Euclide e dei grandi scienziati ellenistici. E che questo tradimento costituisce, per la razionalità scientifica, una pericolosa degenerazione.
Perché la cultura classica
Queste affermazioni, piuttosto nette, sono contenute nel nuovo libro, Perché la cultura classica. La risposta di un non classicista, che Lucio Russo ha pubblicato di recente con la Mondadori (febbraio 2018, pag. 224; € 19,00). Non è un testo che riguarda solo la scienza, ma tutta la cultura per noi classica: quella greca e quella romana. E Lucio Russo ha una tesi articolata in tre affermazioni: la cultura classica è estremamente attuale, in moltissimi settori (dal diritto romano al pensiero politico greco); la nostra cultura attuale affonda profondamente le sue radici nella cultura greca e romana; ma queste radici ci appaiono sempre più trasparenti. Non riusciamo più a vederle. Ce ne stiamo dimenticando.
Il libro è diviso in due parti. Nella prima Lucio Russo si sofferma a lungo sulla eredità classica nelle arti, nelle scienze umanistiche (dalla musica alla filosofia, dal diritto alla letteratura) nella lingua che parliamo e in cui pensiamo. Già, perché il nostro modo di pensare non può essere disgiunto dalla lingua. E noi mediterranei ed europei pensiamo grazie a una lingua che ha una derivazione diretta dal greco e dal latino. Non fosse altro per questo, sostiene Lucio Russo, dobbiamo continuare a studiare il greco e il latino.
L'eredità classica nelle scienze
Ma in questa sede ci riferiremo soprattutto alla seconda parte del libro, in cui Lucio Russo si sofferma sull’eredità classica nelle scienze. Non tanto sull’eredità romana, pressoché inesistente nelle scienze. Ma quasi esclusivamente dell’eredità greca, in particolare dell’epoca ellenistica.
Gli scienziati antichi non conoscevano la distinzione tra matematica e fisica (intesa come tutto lo studio sul mondo naturale). E il loro modo di produrre conoscenza intorno al mondo si basava su due colonne: il metodo argomentativo e la stretta relazione tra teoria e fenomeni osservati. In particolare, ricorda Lucio Russo, la teoria ha come obiettivo quello di “salvare i fenomeni”. Ovvero spiegare quello che osserviamo in natura. E tuttavia la teoria deve essere logicamente coerente e interamente deducibile dai suoi postulati.
E qui ritorniamo ai modelli e ai loro rapporti con la realtà. Lucio Russo ricorda come Archimede avesse due modelli per spiegare i comportamenti dell’acqua sulla superficie della Terra. Il primo modello si basava su un vero e proprio teorema: «La superficie degli oceani a riposo è una superficie sferica con il centro nel centro della Terra». Archimede sapeva che questo era un modello, non la realtà. Perché aveva piena cognizione che la Terra non è una sfera perfetta. Tuttavia questo modello spiegava molto bene il comportamento delle acque a grande scala.
Quando però si occupa del galleggiamento dei corpi in acqua, utilizza un modello in cui la superficie dell’acqua è assunta piana. Anche in questo caso il modello funziona.
Modelli epistemologici e realtà
Ma Archimede sa perfettamente che i modelli sono - per dirla con Einstein - una libera creazione della mente umana, che approssimano ma non rispecchiano in maniera perfetta la realtà.
Ebbene, sostiene Lucio Russo, in questa epistemologia scientifica affondano le proprie radici i pionieri della “nuova scienza” europea del XVI e del XVII secolo, da Copernico a Galileo. Dunque la “nostra” scienza è erede dalla scienza ellenistica.
La separazione moderna tra teoria e fenomeni
Tuttavia, nel tempo, inizia ad avvenire un distacco. Già con Newton, sostiene Lucio Russo, si consuma il primo distacco. Quando il grande fisico inglese diceva hypothesis non fingo, non azzardo ipotesi e dunque non ho bisogno di un modello del mondo, iniziava a separare la teoria dai fenomeni. E, dunque, a dimenticare l’insegnamento degli scienziati ellenisti.
Ma Lucio Russo è interessato anche e soprattutto a quello che accade oggi. Denuncia la separazione tra fisica e matematica, ricordando le parole di un grande uomo di scienza russo, Vladimir Arnold: «Verso la metà del ventesimo secolo si provò a dividere fisica e matematica. Le conseguenze si rivelarono catastrofiche».
La divisione tra teorie ed evidenze empiriche
Ma c’è anche un’altra divisione. Quella tra teorie ed evidenze empiriche. Oggi, sostiene Russo, non solo molti fisici confondono tra modelli e realtà, ma molte, troppe teorie fisiche - e fa il nome della teoria delle stringhe - validano se stesse con le proprie regole interne e con principi estetici e sono alla ricerca di evidenze empiriche che le possano validare. In pratica oggi, potremmo dire, non ci sono più, come ad Alessandria, “teorie che salvano i fenomeni”, ma si è alla ricerca di “fenomeni che salvino le teorie”.
Di più. In molti ambienti della comunità dei fisici, sostiene Russo, si sta abbandonando la “nostra” cultura classica, quella greco-ellenistica, laica e rigorosa, e ci si indirizza sempre più a culture diverse, tendenti al mistico, come fa, per esempio, Fritjof Capra con la cultura indiana in un libro che ha avuto grande successo anche nella comunità scientifica, Il Tao della fisica. La cultura indiana è di grandissimo rispetto, ma non ha generato la scienza. L’unica cultura che ha generato la scienza è quella greca, fondata sulla logica e sulla laicità. Ed è a lei, sostiene Lucio Russo, che dobbiamo tornare.