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Il metro cosmico è più preciso

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Determinare quanto dista un oggetto astronomico non è un gioco da ragazzi. Anche senza essere esperti, però, si comprende come le distanze cosmiche siano un elemento cruciale nello studio dell'Universo. Nel buio della notte, un fiammifero acceso a poca distanza da noi ci appare luminoso quanto un falò che arde in lontananza. E' però ovvio che, se conosciamo le due distanze, riusciamo a stabilire la differente natura delle due fiammelle; al contrario, se tali distanze ci sono sconosciute le nostre valutazioni rischiano davvero di essere poco attendibili. Naturale, dunque, che nella storia dell'astronomia la caccia a metodi affidabili per determinare le distanze cosmiche abbia sempre avuto un posto fondamentale.
In mancanza della possibilità materiale di effettuare misure dirette, gli astronomi hanno dovuto aguzzare l'ingegno. L'idea vincente è stata quella di spingere le misure via via sempre più lontano procedendo a balzi. Determinata con la maggiore precisione possibile la distanza di un oggetto vicino, il valore ottenuto serviva a calibrare un altro metodo in grado di spingere la nostra misurazione più lontano. E così via, in un susseguirsi di misure e metodi in grado di condurci fino alle più remote regioni dell'Universo di cui abbiamo conoscenza. Un meccanismo ingegnoso, la cui affidabilità è strettamente legata alla affidabilità di ogni singolo anello della catena.

Il recente lavoro di Grzegorz Pietrzynski (Warsaw University Observatory) e collaboratori pubblicato su Nature interviene proprio sul primo gradino di questa scala delle distanze. Il team - una trentina di astronomi provenienti da ogni parte del mondo e tra i quali figurano anche due ricercatori dell'INAF - è infatti riuscito a determinare con una precisione mai raggiunta finora la distanza della Grande Nube di Magellano, una galassia irregolare che fino a qualche anno fa (prima della scoperta delle galassie nane del Sagittario e del Cane Maggiore) era ritenuta la più vicina alla nostra Via Lattea. La grande importanza dello studio non sta tanto nel valore della distanza ottenuto, pari a 162.000 anni luce, quanto piuttosto nel suo livello di accuratezza. La distanza è infatti in linea con stime simili effettuate da altri gruppi di ricerca, ma il suo livello di incertezza è pari solo al 2%, vale a dire meno della metà della migliore stima effettuata in precedenza.
Raggiungere questo traguardo non è stata affatto una passeggiata. Il team ha scandagliato le caratteristiche degli oltre 35 milioni di stelle censite nel corso dei quattordici anni di osservazione del progetto OGLE (Optical Gravitational Lensing Experiment) cercando sistemi stellari particolari, i cosiddetti binari a eclisse. In pratica coppie di stelle in orbita reciproca che, viste da Terra, si nascondono a vicenda a cadenze regolari in una sorta di balletto cosmico. Otto di questi sistemi, poi, sono stati scelti e tenuti sotto stretta sorveglianza per otto anni impiegando sia lo spettrografo MIKE (Osservatorio Las Campanas, in Cile), sia lo spettrografo HARPS (Osservatorio dell'ESO a La Silla, anch'esso in Cile).
Lo studio accurato delle variazioni luminose di questi sistemi e delle velocità delle stelle che li compongono (velocità radiali) ha permesso agli astronomi di definire i loro parametri fisici e da questi, senza dover ricorrere a nessuna assunzione teorica sulle loro caratteristiche o sulla galassia che li ospita, ottenere un'accurata misura della loro distanza da noi.

Ma come mai è così importante stabilire con la massima precisione la distanza della Grande Nube di Magellano? E' presto detto. Questa misura permette di calibrare al meglio un indicatore di distanza fondamentale per gli astronomi, quello delle Cefeidi. Le Cefeidi sono stelle giganti “pulsanti” il cui periodo di variazione luminosa è strettamente legato alla loro luminosità intrinseca. Questo significa che, individuata una Cefeide in una galassia lontana, la misurazione del suo periodo di pulsazione permette di risalire alla sua luminosità. Ma questo significa anche che, confrontando la luminosità reale con quella osservata in cielo, possiamo determinare a quale distanza si trovi la stella e, di conseguenza, la galassia. Disporre della distanza precisa della Grande Nube di Magellano permette di poter calibrare al meglio il metodo delle Cefeidi, rendendo dunque più precisa la determinazione delle distanze di quelle galassie nelle quali è stato possibile individuare e studiare tali stelle.
La maggior precisione nel primo balzo, insomma, implica la riduzione di errori nei balzi successivi, quando cioè ci spingiamo nelle profondità del cosmo. Ma questo comporta che possiamo anche stimare con maggiore accuratezza il ritmo con il quale l'Universo si sta espandendo. Questo parametro cosmologico fondamentale è descritto dalla cosiddetta costante di Hubble - in pratica il valore che indica di quanto aumenta la velocità di allontanamento delle galassie man mano che esse sono più distanti - per la cui determinazione è cruciale la precisione con cui conosciamo la distanza delle galassie.
Secondo quanto riportato nello studio su Nature, le misurazioni dei sistemi binari nella Grande Nube di Magellano - per i quali è previsto un supplemento di indagine per affinare ancor di più la precisione delle misure - possono permettere di ridurre l'incertezza della costante di Hubble al 3%, con la prospettiva di riuscire nel prossimo futuro a raggiungere l'ambizioso traguardo del 2%.


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