E’ il 1905 quando la rivista Annalen der Physik pubblica "Über einen die Erzeugung und Verwandlung des Lichtes betreffenden heuristischen Gesichtspunkt” autore Albert Einstein.
A soli 26 anni Einstein rivoluziona il campo della fisica, grazie a questo lavoro ottiene il Premio Nobel per la Fisica.
Marie Curie, insieme al marito Pierre, nel 1898 riesce a isolare il polonio e per questa scoperta riceverà 5 anni dopo il premio Nobel per la Fisica. Madame Curie, come Werner Heisenberg, Wolfgang Pauli e Paul Dirac, ha dato il suo contribuito fondamentale allo sviluppo della scienza, quando ancora non aveva compiuto trenta anni. Come disse una volta lo stesso Einstein: "una persona che non ha dato il suo grande contributo alla scienza prima dell'età di trent'anni non lo darà mai".
Ma secondo Benjamin Jones e Bruce Weinberg questo non è vero: i due economisti, rispettivamente dell’Università del Northwestern e di quella di Ohio State in un lavoro apparso di recente sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, affermano infatti che i giovani scienziati che forniscono un contributo innovativo per i loro campi stanno diventando una specie in via di estinzione. La probabilità che uno scienziato del 21° secolo realizzi un lavoro che possa valere il Nobel all'età di 30 o 40 è vicino allo zero.
I due ricercatori hanno analizzato 525 premi Nobel nel campo della fisica, chimica e medicina tra il 1900 e il 2008 scoprendo che - con poche eccezioni - la tendenza in tutti i settori va verso ricercatori decisamente vecchi.
L’analisi ha rivelato infatti che mentre l'età media è stata di circa 37 per i tre campi del 20esimo secolo, ora la media è di circa 50, 46, e 45 rispettivamente per la Fisica, Chimica e Medicina. Prima del 1905, il 20% del lavoro premiato è stato eseguito prima dei 30 anni, ma a partire dal Duemila, questa percentuale è scesa quasi a zero. Per spiegare l'effetto di invecchiamento, Jones e Weinberg suggeriscono innanzitutto uno spostamento dal lavoro teorico, in cui un giovane riesce meglio, verso il lavoro sperimentale, che richiede maggiore esperienza. Inoltre i giovani scienziati hanno un bagaglio sempre più grande di teorie e nozioni da apprendere su tutto ciò che è venuto prima di loro, e si richiede più tempo per accumulare le conoscenze necessarie per dare un contributo all’evoluzione della scienza. L'anomalia della fisica quantistica (dominata dai giovani) suggerisce infatti che, sono i nuovi rami delle sceizne che richiamano le migliori performance dei giovani.
Nel lavoro si apprende che il più giovane premio Nobel di sempre è stato Lawrence Bragg, che aveva 25 quando ha vinto il premio per la fisica nel 1915, analizzando le strutture cristalline con raggi X insieme al padre. Il più anziano è stato Raymond Davis, Jr., che ha vinto per la fisica nel 2002, all'età di 88 anni, per la rilevazione dei neutrini cosmici.