L’Istituto Regina Elena di Roma è riuscita a sintetizzare una piccola molecola che agisce sulla formazione dei telomeri e potrebbe rappresentare una nuova strategia antitumorale. La scoperta è stata descritta sul Journal of American Chemical Society: si tratta di un peptide che sarebbe in grado di bloccare i segnali cellulari che attivano una particolare proteina strutturale chiamata Trf2. Tale proteina, infatti, è presente nei telomeri e ha un ruolo importante nella formazione delle neoplasie.
I telomeri sono le regioni terminali dei cromosomi che preservano l'integrità del genoma. Generalmente questa protezione avviene grazie all’integrazione di due meccanismi: il primo riguarda l’attività dell’enzima telomerasi, enzima che permette l’allungamento dei telomeri, e il complesso Shelterin, un insieme di sei proteine che regolano l’attività telomerasica. Una di queste proteine si chiama Trf2 e da tempo viene studiata per il suo ruolo nella formazione dei tumori: nei mammiferi, infatti, una sua quantità elevata sembra essere correlata alla carcinogenesi, probabilmente a causa di processi di segnalazione aberranti con diversi partner molecolari. La proteina Trf2, in particolare, sarebbe in grado di reclutare numerose proteine verso il suo dominio Trfh, legato al telomero, inducendo la formazione del tumore.
Per questo motivo il team di ricercatori guidato da Anna Maria Biroccio, in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli, ha cercato di approfondire il meccanismo di Trf2, ipotizzando che possa essere un buon target per strategie farmacologiche innovative antitumorali. Grazie ai dati cristallografici disponibili, i ricercatori hanno potuto disegnare e sintetizzare un peptide in grado di legarsi con alta affinità al dominio Trfh, inibendo i segnali coinvolti nel processo di tumorigenesi. Per ottenere questo sono state messe alla prova numerose molecole, saggiate per funzionalità e altre proprietà, fino a ottenere, dopo un lungo processo di ottimizzazione tramite processi di ingegneria chimica, quella con le migliori caratteristiche.
Un tipo di studi di nuova generazione che può rappresentare il futuro della ricerca. Secondo la team leader Annamaria Biroccio “la bioinformatica e nello specifico gli studi predittivi permetteranno di ottimizzare quei processi che intercorrono tra la fase di disegno e quella di selezione dei farmaci a bersaglio molecolare e permetteranno, conseguentemente, di abbattere i tempi e, non ultimo, i costi legati alla sperimentazione”.
Di sicuro il lavoro su questo peptide non è giunto al termine, ma rappresenta un buon risultato che potrebbe portare a una nuova strategia antitumorale.