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Parentele inaspettate nella telenovela di Stamina

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Oggi sul Corriere si torna a parlare di Rebecca P., la collaboratrice che per prima ha avuto il coraggio di denunciare Vannoni. Nel titolo si dice che era la sua fidanzata, ma l’articolo non rivela di chi è figlia. Un particolare non irrilevante ai fini del processo per truffa in corso a Torino

«Sì, Rebecca è mia figlia». Rintracciato al telefono nella sua casa fuori Torino, Angelo Pera conferma immediatamente e senza esitare che l’uguaglianza dei cognomi non è solo una coincidenza. Il rinomato gastroenterologo torinese è uno dei tre esperti indicati da Davide Vannoni come garanti nella sua richiesta di finanziamento del 2007 alla Regione Piemonte. Una richiesta per la quale il fondatore di Stamina in questi giorni è sotto processo per truffa. Tra le accuse, proprio quella di avere millantato a sostegno della sua idea un Comitato scientifico fantasma, che di fatto non si sarebbe mai riunito, all’insaputa dei diretti interessati. Pera lo ha di nuovo ribadito: «Ho saputo solo recentemente, e solo dai giornali, che Vannoni mi aveva inserito in quel Comitato».  

Che lo sapesse o no, il suo nome non è stato scelto a caso. Sua figlia, Rebecca Pera, lavorava con Vannoni mentre si preparava il progetto. Ma è anche la stessa Rebecca P., come viene citata nelle carte processuali, che per prima ha avuto il coraggio di dare l’allarme, quando ha capito che le cose stavano degenerando: «Ho deciso di tagliare i contatti in occasione di una telefonata che ho avuto modo di ascoltare» ha raccontato ai magistrati. «La biologa Olena parlava in tono concitato con Vannoni, sostenendo che un paziente stava male a causa di una puntura di staminali. Diceva che quel paziente era da inviare in ospedale…».

Una lunga collaborazione

Rebecca P. non è solo una ”ex impiegata” che per caso ha sentito qualcosa che non doveva sentire, ma la principale collaboratrice di Vannoni, al suo fianco nel lavoro e nella vita. E come tale, testimone oculare della radicale trasformazione in una sorta di filantropo guaritore di quello che fino a poco tempo prima era un brillante esperto di comunicazione e marketing, che forniva consulenze a partiti come Forza Italia, ad aziende private come Aprilia, a istituzioni culturali come il Teatro Stabile di Torino, a enti pubblici come la Regione Piemonte. Proprio dalla Regione Piemonte per esempio, tra il 2006 e il 2007, i due ottengono insieme 109.000 euro per una Ricerca qualitativa sugli atteggiamenti e comportamenti dei Piemontesi nel settore culturale.

Questo nello stesso periodo in cui viene presentata la richiesta del finanziamento per il progetto sulle staminali che poggia anche sulla fama del padre di Rebecca. Davvero Angelo Pera era all’oscuro dell’uso che Vannoni e la figlia stavano facendo del suo nome? E se è così, poteva non saperlo lei? Forse sì, dal momento che è proprio in questo periodo che si consuma la rottura tra i due, le cui carriere fino ad allora aveva proseguito in parallelo.

Nel 1999, quando incontra sulla sua strada Vannoni, Rebecca Pera è una giovane laureata in Scienze della comunicazione presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino. Con lui comincia a collaborare a una serie di progetti legati allo studio del comportamento delle persone (intese come consumatori, cittadini o pazienti), in relazione a temi culturali, ambientali ma anche, da figlia di medico, nell’ambito della salute. Insieme firmano interventi a convegni e articoli su riviste specializzate, insieme partecipano ad “Altrementi”, una “fucina contemporanea di giovani creativi” (www.danielealberti.com)

Nell’introduzione del suo “Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva”, del 2001, il manifesto della filosofia vannoniana che avrebbe poi guidato anche tutta la sua strategia di impresa, (come ha sottolineato punto per punto Beatrice Mautino), il guru la ringrazia esplicitamente:

Pera però non è solo il braccio destro di Vannoni. E’ una professionista che collabora con università straniere, parla quattro lingue e che, dopo aver insegnato come e con lui all’Università di Udine tra il 2002 e il 2004, è diventata professore a contratto al Politecnico di Torino, di Milano e all’Università del Piemonte orientale.

Ma è anche figlia di un luminare molto stimato in città. Ecco perché Vannoni, nel momento in cui deve trovare nomi di fama a garanzia del valore medico-scientifico del suo progetto, inserisce il nome di Angelo Pera. A sua insaputa, dice lui.

Il coraggio di dire "basta"

E’ Rebecca Pera che alla fine del 2007 si rivolge all’avvocato Maria Grazia Pellerino -- come racconta, pur senza nominarla, oggi il Corriere della Sera -- preoccupata di quel che sta accadendo nella sede di Cognition, la società per indagini di mercato di Davide Vannoni per cui lavorava e nei cui locali trovava sempre più spazio anche la seconda attività, quella dei trattamenti a base di cellule staminali mesenchimali. Pochi giorni prima, grazie a potenti appoggi politici bipartisan, si era riaperta la possibilità di ottenere il finanziamento di 500.000 euro, bocciato all’Assessorato alla sanità dal parere negativo degli esperti. L’allora assessore alla sanità della Regione Piemonte, Eleonora Artesio, aveva capito che il progetto di Vannoni era inconsistente e privo di qualunque base scientifica. Secondo quanto dice il Corriere, Artesio convinse a non farsi coinvolgere anche Antonio Amoroso, già allora direttore del Centro regionale di riferimento per i trapianti della Regione Piemonte, che insieme ad Angelo Pera e Mario Lombardo, allora direttore sanitario alle Molinette, figurava nel presunto “comitato scientifico”.

Ma Vannoni è uomo dalle mille risorse, e soprattutto lo era in quegli anni, in cui poteva contare su una solida rete di rapporti e appoggi politici bipartisan. Riesce quindi a ottenere un decreto urgente che il 26 novembre 2007 convoglia la pratica dall’attenzione dell’assessore alla Sanità, che si è rivelata ostile, alla scrivania di Andrea Bairati, assessore alla Ricerca e alle politiche per l’innovazione. In aula Bairati, così come la Bresso, si mostra possibilista. D’altra parte il figlio di una sua stretta collaboratrice lavora a Cognition. Un’altra coincidenza? E’ chiaro che già fin dai suoi albori la vicenda si intreccia alla politica grazie all’intervento di rapporti personali e familiari, uno dei tratti tipicamente italiani della storia, che raggiungerà i suoi limiti estremi quando si tratterà di portare Stamina in un ospedale lombardo, e proprio per criteri di questo tipo la scelta cadrà sugli Spedali Civili di Brescia.

Per un certo periodo Bairati quindi sembra intenzionato a portare avanti la richiesta di finanziamento, che ormai è in dirittura d’arrivo. A fermarlo, la soffiata che qualche cosa, proprio a Cognition, non va. A parlargliene, l’avvocato a cui Rebecca si è rivolta, insieme con il suo nuovo fidanzato.

Le staminali non sono Stamina

Qui si riscatena il gossip. Nel 2007 si era infatti consumata anche la rottura personale tra Pera e Vannoni per cui sul sito di Stamina Foundation si insinua che dietro la segnalazione ci siano ragioni personali e interessi nascosti. Il nuovo fidanzato di Rebecca Pera, infatti, sarebbe stato l’architetto Cristiano Pistis, direttore dei lavori per la famiglia di costruttori torinesi De Giuri, che hanno investito e costruito il Centro di biotecnologie molecolari di Torino su cui verrà dirottato il finanziamento di 500.000 euro inizialmente destinato a Vannoni. A questo centro, diretto da Lorenzo Silengo, farà capo il Centro di riferimento Regionale per la Medicina Rigenerativa, e poi Centro traslazionale di medicina rigenerativa di cui è responsabile scientifico Giovanni Camussi.

La realtà però è che il progetto di creare un centro di applicazione clinica delle ricerche sulle staminali a Torino unendo le competenze esistenti in città affondava le sue radici molto più indietro, ai tempi in cui Vannoni ancora si stava facendo curare in Ucraina, e offriva presupposti scientifici e competenze tecniche nemmeno lontanamente paragonabili a quelle del piccolo gruppo di persone che si erano improvvisate da un giorno all’altro esperte di staminali. Prevedeva il rispetto di tutte le normative italiane ed europee, che proprio nel 2007 erano state definite. Insomma, seguiva le regole.

Lo stesso Amoroso, che inizialmente si era lasciato coinvolgere da Vannoni, già da anni lavorava per creare a Torino un Centro di medicina rigenerativa, di cui si parlava fin dal 2003, ben prima che Vannoni venisse fulminato sulla via di Karkhov. Un’idea che, tra avanzamenti e blocchi per mancanza di fondi, si sta oggi realizzando, grazie alla collaborazione con un centro tedesco, col nome di Torino stem cell project.
Perché le staminali, per fortuna, non sono solo Stamina.


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