Il Gruppo 2003 ha inviato una lettera aperta ai partiti sulla ricerca scientifica, che ha un ruolo marginale nei programmi elettorali, nonostante la sua importanza per lo sviluppo di una società della conoscenza. L'invito è approfondire i propri programmi sul tema anche sulla falsariga delle proposte fatte dal tavolo di lavoro del MUR che invita a proseguire sulla linea del PNRR e a prevedere più risorse a bandi, infrastrutture e ricerca di base. La distanza in termini di investimenti e personale con gli altri paesi avanzati è notevole, e se l'Italia vuole giocare un ruolo di punta nelle transizioni che ci aspettano (in primis energetica, ma anche ecologica e digitale) le cose devono cambiare. E di molto. La lettera, inviata negli scorsi giorni alle segreterie dei partiti, non ha ricevuto ancora nessuna risposta.
Lettera aperta ai partiti in vista delle elezioni
Esaminando i programmi elettorali dei partiti per le elezioni ormai incombenti, notiamo come sfugga ancora la centralità che la ricerca scientifica dovrebbe rivestire in una compiuta società della conoscenza. I partiti - senza eccezione - dedicano infatti solo poche righe a questo tema. Nella migliore delle ipotesi si limitano a raccomandare un aumento della spesa in R&S in linea con la media europea (vedi qui). Secondo il Gruppo 2003 per la ricerca scientifica - che 15 anni fa ha introdotto l’emergenza ricerca nel dibattito pubblico italiano - la ricerca merita maggiore impegno, e invita quindi le segreterie dei partiti a uno sforzo maggiore. Ci permettiamo quindi alcuni suggerimenti:
RISORSE - L’Italia spende ancora davvero poco in ricerca e innovazione. Gli ultimi dati parlano di circa 25 miliardi di euro all’anno, pari all’1,43% del PIL. La media dei paesi dell’Unione europea si attesta al 2,2%, ma i Paesi con i quali normalmente si confronta - Francia e Germania in primis - presentano un livello di spesa fra pubblico e privato che è circa il doppio dell’Italia, mentre il Regno Unito ha in programma di colmare in pochi anni il divario con questi paesi. Il PNRR - come emerge dal lavoro di analisi (vedi qui) svolto da un apposito tavolo istituito nei mesi scorsi presso il MUR - promette un flusso di investimenti maggiore del solito, ma non per tutto il periodo e con un certo sbilanciamento verso la ricerca applicata. È bene quindi accogliere in pieno le raccomandazioni di tale tavolo per prevedere già in sede di applicazione del PNRR un ulteriore aumento della quota riservata alla ricerca, tenendo presente il carattere strategico che anche la ricerca di base riveste in questo momento storico in cui dovranno essere avviate le transizioni ecologica, energetica e digitale di cui l’Italia, forse ancora di più di altri paesi europei, ha drammaticamente bisogno. Soprattutto, il Gruppo 2003 ritiene che siano necessarie politiche lungimiranti con investimenti che vadano oltre la durata del PNRR e che permettano, proprio attraverso la ricerca di base, di alimentare anche in futuro il circuito virtuoso fra le scoperte di base e il loro sfruttamento economico e sociale, l’unica modalità per consolidare una società della conoscenza, e generare la ricchezza necessaria a sostenere la crescita del Paese. Chi si candida a presiedere il nuovo governo dovrebbe quindi impegnarsi a non apportare modifiche al PNRR che vadano contro questo ulteriore finanziamento alla ricerca, finanziamento che andrà poi reso permanente. Solo così facendo l’Italia avvierà una convergenza verso i paesi leader della ricerca senza peraltro eguagliarne i livelli. Per questo motivo andrebbe avviata al più presto una riflessione sul nesso inscindibile fra ricerca e crescita economica e sviluppo sociale; solo attraverso questa consapevolezza sarà possibile giustificare politicamente un impegno ancora più ambizioso per portare l’Italia fra i primi finanziatori al mondo della ricerca scientifica. Un cambio di rotta che ritardi la realizzazione del PNRR e delle riforme appena iniziate del mondo della ricerca avrebbero conseguenze disastrose sul Paese, allontanandolo in maniera irrevocabile dagli altri Paesi europei.
RICERCATORI - L’attuale scarsità di risorse si riverbera anche sul numero esiguo di ricercatori (6,5 per 1.000 abitanti contro i 10 della Francia e i 13 della Germania). Il ricercatore italiano medio guadagna inoltre dalla metà a un terzo rispetto a questi paesi, cosa che induce da anni una emorragia di forze intellettuali dal nostro paese senza che si osservi una attrattività delle nostre università e centri di ricerca in senso contrario. Il problema ha quindi ragioni economiche ma anche culturali, burocratiche e formative che vanno affrontate con nuove politiche di medio-lungo termine per rendere il sistema dell’università e della ricerca più agile, produttivo e allineato alle migliori pratiche internazionali, sia a favore della ricerca pubblica sia di quella privata.
GOVERNANCE - I risultati della ricerca scientifica non dipendono solo dal personale e dalle risorse ma anche dalla governance del sistema. Da tempo il Gruppo 2003 chiede di mettere in campo, insieme alle risorse necessarie per garantire un’adeguata massa critica di ricercatori, una migliore destinazione dei fondi e un’adeguata componente competitiva di finanziamenti organizzati mediante una valutazione indipendente, come può esserlo con un’Agenzia nazionale della ricerca, messa in cantiere tempo fa ma poi stralciata. Al di là della forma istituzionale che può assumere tale organismo di valutazione, ci preme qui sottolineare quanto sia importante un equilibrato riconoscimento del merito per sostenere nel modo più efficace i migliori progetti di ricerca in modo da rendere più competitiva la ricerca nazionale in ambito europeo e internazionale. È quindi necessario implementare le riforme appena avviate delle carriere di ricerca sia nelle università che negli enti di ricerca pubblici, sburocratizzando i concorsi, ponendo il merito al centro del processo di reclutamento e identificando percorsi di crescita specifici sia per la carriera dei docenti che per quella del personale tecnico amministrativo, indispensabile per rispondere positivamente alle sfide tecnologiche che il Paese deve affrontare.
CULTURA SCIENTIFICA - La pandemia ha messo in luce i limiti della cultura scientifica ancora esistenti in Italia, sia fra il pubblico sia nelle istituzioni. Fenomeni quali il negazionismo, le chiusure ideologiche verso la sperimentazione animale, la polarizzazione del dibattito sui vaccini, sulla transizione energetica, sui termovalorizzatori e altro ancora indicano quanta strada vi sia ancora da fare per far approdare la nostra società a una solida cultura laica che riconosca il valore della conoscenza scientifica. Il Gruppo 2003 si impegna da anni a coltivare questa consapevolezza con una serie di iniziative, premi e convegni e approfitta di questa occasione per ribadire la sua riconoscenza all’opera pionieristica del maestro della divulgazione scientifica Piero Angela, recentemente scomparso. Sicuramente molto ancora può essere fatto, a partire dalla scuola dell’obbligo, per diffondere i valori della scienza e del suo metodo. Contemporaneamente, il Gruppo 2003 vuole sensibilizzare partiti e istituzioni all’importanza di una corretta informazione e consulenza scientifica rivolta al mondo della politica e rinnova pertanto l’invito ai partiti di impegnarsi nell’istituzione di un ufficio di scienza e tecnologia nel Parlamento italiano secondo quanto proposto recentemente dal gruppo Scienzainparlamento, in modo da unirsi alla rete di sistemi di consulenza scientifica parlamentare già esistenti in Europa e nel mondo.