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A proposito di sperimentazione con gli animali

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Il dibattito sulla di sperimentazione e le necessità della ricerca è più che mai acceso in questi giorni e i commenti che capita di raccogliere sui mezzi di informazione offrono l’opportunitàper farsi alcune domande e per cercare delle risposte e farsi un’opinione in merito, secondo scienza e coscienza, come un veterinario dovrebbe fare.

Ho sentito dire ad esempio che la sperimentazione animale sia un fatto anacronistico. Ho provato a guardare se questa opinione e’ condivisa dalle istituzioni che riconoscono il valore delle ricerche. Ho trovato che nel corso del ultimo secolo, dei 98 premi Nobel assegnati per la Medicina e Fisiologia, 75 erano basati su ricerche che coinvolgevano l’animale. Altri 4 non avevano utilizzato animali ma si basavano su conoscenze acquisiti da altri ricercatori che avevano eseguito studi sugli animali. Tutti premi Nobel assegnati degli ultimi 10 anni hanno in qualche attinenza con l’utilizzo dell’animale, basti pensare a quello assegnato nel 2008 per le ricerche sull’HIV e l’HPV o quello del 2005 sull’Helicobacter o quello del 2010 per le ricerche sulla fecondazione in vitro e il trasferimento di embrioni. L’ultimo assegnato nel 2011 riguardava delle ricerche nel campo dell’immunità innata e alle risposte adattative.

E’ vero che questo tipo di riconoscimenti sono riferiti ad una vita intera di ricerca e si potrebbe pensare che oggi gli esperimenti vengano fatti in maniera diversa. Ho sentito dire che l’uso dell’animale è screditato dal punto di vista scientifico e non viene più usato dai ricercatori. Ho guardato su PUBMED, il più grande database di articoli che riguardano il settore biomedico su cui sono disponibili 21 milioni di citazioni di libri e articoli scientifici e ne viene aggiunto mediamente uno al minuto. Una ricerca con la sola parola chiave “Animal models” restituisce circa 438.000 pubblicazioni, 20648 nell’ultimo anno,  674 nell’ultimo mese. Non è facile dire in quante di queste sono stati usati effettivamente degli animali (è un po’ impegnativo leggerseli tutti) ma si può fare una stima per un’altra via. Ci sono 288 riviste scientifiche in inglese che pubblicano articoli in cui sono utilizzati modelli animali, ognuna di queste ha una policy relativa alle regole di utilizzo dell’animale a cui i ricercatori devono dichiarare di essere conformi. Considerando l’ipotesi che ognuna di queste riviste venga pubblicata una volta al mese e che in ognuna ci sia almeno un articolo nel quale vengano effettuati esperimenti con animali si arriva ad avere come minimo 3500 nuove pubblicazioni all’anno, ma come si può intuire è un’ipotesi largamente sottostimata, il numero è verosimilmente 5-10 volte tanto.

Ho sentito dire che la sperimentazione sugli animali è una pratica scorretta. Ho verificato che cosa bisogna fare per poter testare un farmaco nell’uomo e ho avuto la conferma che sarebbe invece molto scorretto non praticarla, perché ci sono delle norme di legge che lo impongono in tutti i paesi civilizzati, in base al principio etico universalmente riconosciuto che è necessario adottare tutte le cautele possibili prima di esporre un essere umano ad un nuovo farmaco o dispositivo medico.

Ho sentito dire le difficoltà e i ritardi nel trovare nuovi farmaci dipende dalla cattiva scienza legata all’utilizzo degli animali e allo scarso uso di metodi alternativi. So per esperienza che l’industria utilizza da molti anni tutti i sistemi alternativi possibili (in silico, in vitro e in vivo) nella speranza di migliorarare la percentuale di successo nel processo dello sviluppo di nuovi farmaci e ridurre i tempi e i costi ma è facile verificare che il motivo vero dei ritardi della ricerca derivano piuttosto dalla complessità delle malattie che ancora non hanno trovato una cura e dai tempi necessariamente lunghi per dimostrare l’efficacia clinica dei nuovi farmaci (ad esempio nel caso di malattie neurodegenerative) e la loro sicurezza di impiego a lungo termine.

Ho sentito dire che la ricerca ha commesso molti errori, ed è vero perché è fatta da uomini che sbagliano, ma è facile riscontrare che la ricerca ha consentito di aumentare l’aspettativa di vita dell’uomo, la riduzione della mortalità nella maggior parte delle patologie, ha generato la disponibilità di tecniche diagnostiche accurate e non invasive, la possibilità di far funzionare meglio o ricostruire “pezzi” del nostro organismo con protesi di ogni tipo. Nel 2011 l’FDA ha approvato l’immissione in commercio di 35 nuovi farmaci che costituiscono una speranza concreta per gli ammalati di cancro (melanoma, prostata, polmone, mammella, tiroide e linfoma), per chi soffre di epatite C e di Lupus. Nuovi farmaci per la prevenzione dell’infarto e dell’ictus, per la cura di infezioni da batteri Meticillino resistenti, per malattie rare come l’angioedema ereditario o per i disordini della coagulazione. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’utilizzo degli animali.

Si dice che la ricerca con gli animali sia inutile. Ho dato un’occhiata agli ultimi dati su quella che viene considerata una delle più terribili epidemie della storia recente dell’uomo, l’AIDS. Le stime ufficiali dicono che nel 2010 il virus Hiv ha colpito 34 milioni di persone, che ci siano stati 1,8 milioni di decessi per patologie correlabili all’AIDS e che nel 2010 ci siano stati 2,7 milioni di nuove infezioni da questo virus, di cui circa 30 mila riscontrate tra i bambini. Al momento non si guarisce dall'HIV o dall'AIDS e non esistono vaccini. Tuttavia nei paesi occidentali la maggior parte dei pazienti sopravvive per molti anni dopo la diagnosi grazie alla disponibilità sul mercato della terapia antiretrovirale a elevata attività (Highly Active Antiretroviral Therapy o HAART. In mancanza di terapia, il passaggio dall'infezione da HIV all'AIDS si verifica in un arco di tempo che va dai 9 ai dieci anni e il tasso medio di sopravvivenza dopo che si sviluppa l'AIDS è di 9,2 mesi. I dati sull’introduzione dei farmaci anti-retrovirali nei Paesi a basso e medio reddito, rivelano che dal 1995 sono stati evitati 2,5 milioni di decessi, con un’efficacia in aumento a partire dagli ultimi due anni che ha portato, nel 2010, a registrare oltre 700 mila decessi in meno rispetto alle stime precedenti. Solo nel 2005 sono stati stimati circa 3,1 milioni di morti di cui 570.000 bambini. La necessità di verifica dell’efficacia di farmaci e vaccini contro HIV e di studiare gli intimi meccanismi della malattia ha reso indispensabile mettere a punto dei modelli animali, identificando un virus (SIV) che nelle scimmie da patologia simile a quella dell’uomo. Nel macaco si è scoperto che in alcuni casi la vaccinazione era protettiva nei confronti dell’infezione e che era possibile studiare le caratteristiche della risposta immunitaria contro il virus e le strategie adottare per aumentarla. Il grado di trasposizione di questi meccanismi all’ AIDS è ancora allo studio ma per rendere ancora più accurata l’indagine sono stati selezionati dei ceppi altamente patogeni di HIV-2 che consentono di riprodurre nei macachi molte delle caratteristiche della malattia umana tra cui la riduzione dei linfociti CD4. In questo modello si stanno testando diversi nuovi tipi di farmaci anti HIV.

Ho sentito dire che sia possibile passare dai sistemi in vitro all’uomo senza usare gli animali. Leggendo la storia della terapia contro l’AIDS, si ha un esempio di quali rischi possa comportare il saldo diretto dalla cellula all’uomo. L’AZT, uno dei farmaci più usati per la terapia dell’AIDS fu inizialmente scoperto e proposto come antitumorale in base alla teoria secondo cui alcuni tumori potevano avere origine da un’infezione virale. Gli studi preclinici nell’animale evidenziarono che la finestra terapeutica fra tossicita’ e attivita’ ne rendeva problematico l’utilizzo in oncologia e il suo uso rimase confinato ad ambiti di virologia sperimentale. Negli anni ’80 la diffusione della malattia, e la mancanza di terapie (in quegli anni l’AIDS negli USA era la principale causa di morte negli uomini fra i 25 e 40 anni) indusse l’FDA ad autorizzare la sperimentazione clinica passando molto rapidamente dai test di efficacia su cellule infettate dal virus della leucemia murina all’uomo. A distanza di anni, si sono registrati numerosi casi di effetti collaterali, specie per l’uso prolungato, che ne suggeriscono l’impiego in associazione con altri farmaci e il monitoraggio attento della tossicità. I farmaci introdotti successivamente, in base alle prove effettuate sull’animale sono risultati meglio tollerati e hanno consentito di migliorare il sucesso della terapia.

Ho sentito dire che la sperimentazione animale è superata dai metodi alternativi e incompatibile con essi. Ho letto la normativa che regola la sperimentazione animale nell’Unione europea – la Direttiva 63/2010 - e ho avuto la conferma che la sperimentazione animale e quella senza gli animali sono indissolubilmente legate, non puo’ esistere l’una senza l’altra, almeno allo stato attuale delle conoscenze scientifiche. Allora mi chiedo che senso ha introdurre una proposta emendativa alla Direttiva (attualmente all’esame del Senato) che vorrebbe imporre al Governo italiano delle ulteriori restizioni rispetto alla norma comunitaria che non hanno alcun rilievo sul piano del benessere animale ma anzi ne arrecherebbero un danno. Mi chiedo che senso ha mettere la ricerca italiana in condizioni di svantaggio rispetto agli altri paesi europei, alimentando quella crisi che da tempo l’ha resa sempre meno produttiva e ha incentivato le cosiddette “fughe di cervelli” verso paesi in cui la ricerca è incoraggiata e sostenuta in ogni suo aspetto.

A queste domande non ho trovato una risposta ma leggendo per caso la voce “Illuminismo” su wikipedia ho trovato questa citazione: "Finché le cose sono soltanto nella nostra mente, esse sono nostre opinioni: esse cioè sono nozioni che possono essere vere o false, a cui si può consentire o che si può contraddire. Esse acquistano consistenza soltanto collegandosi agli oggetti esterni. Questo legame avviene in virtù di una catena ininterrotta di esperienze, oppure in virtù di una catena ininterrotta di ragionamenti connessi da un lato con l'osservazione e dall'altro con l'esperimento, oppure in virtù con una catena di esperimenti sparsi di luogo in luogo, in mezzo a determinati ragionamenti, come pesi disposti lungo un filo sospeso tra due estremità. Senza questi pesi il filo diverrebbe preda di qualsiasi agitazione che movesse l'aria. Gli illuministi si battevano contro l’oscurantismo e il fanatismo religioso, oggi dopo la caduta delle ideologie, forse siamo a corto di fondamentalismi e bisogna fabbricarne degli altri".


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