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Pseudoscienza tra basi cognitive e modernità

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Avvallare le pseudoscienze ha portato effetti negativi sia in termini di politiche sanitarie e ambientali sia in termini di perdita di credibilità delle istituzioni. Ma per contrastarle bisogna capirne le origini quando, secoli fa, le nostre disposizioni cognitive si sono orientate verso le false credenze, facendo sì che la nostra specie acquisisse bias e false credenze. A metterle sotto controllo sono stati l'uso e la diffusione del pensiero controfattuale e del metodo scientifico, che dipendono da specifici processi di giudizio, che non raggiungono spontaneamente la qualità critica necessaria per capire e navigare nella modernità. È quindi necessario esercitare uno sforzo per poter acquisire il pensiero critico. E non funziona prendersela con le persone, perché il contravveleno è l’educazione al metodo scientifico, un faticoso ma necessario addestramento al pensiero critico. Gliberto Corbellini, autore di “Nel paese della pseudoscienza” (Feltrinelli editore, 2019), ripercorre le basi cognitive che sottendono la tendenza a credere alla pseudoscienza e il percorso che consente di superarli. (Nell'immagine, una mappa frenologica della fine dell'Ottocento. Crediti: Wikimedia Commons. Licenza: pubblico dominio)

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La pseudoscienza suscita preoccupazioni nel mondo occidentale per l’impatto negativo che sta avendo rispetto alle decisioni relative alle politiche sanitarie e ambientali, o per la credibilità delle istituzioni. Nel passato era molto peggio. Le false informazioni diffuse ad arte o casualmente causavano linciaggi, rivolte sanguinose, circolazione di agenti infettivi incontrollabili, intossicazioni e così via: morti, malati o danni economici ingenti gravi.

Le cose vanno quindi decisamente meglio, perché ad esempio sono molte di più le persone che si vaccinano rispetto a quelle esitanti, che non praticano diete rischiose, che si fidano dei medici regolari eccetera. La continuità e facilità con cui gli esemplari della specie umana si dissetano con credenze ingannevoli, anche quando potrebbero usare informazioni vere, induce a pensare che diffondere e coltivare false credenze, ritenendo che siano equivalenti a quelle scientifiche non sia una disfunzione cognitiva o un disvalore culturale in sé. La comunità scientifica e il mondo accademico illuminato pensano che avere false credenze e comportarsi rischiosamente di conseguenza, sia una questione di somaraggine e di indisponibilità a farsi spiegare i fatti dagli scienziati, peraltro pagati con soldi pubblici, come stanno le cose.

La storia evolutiva della pseudoscienza

La pseudoscienza è come l’obesità: si manifesta come una disfunzione e causa danni perché viviamo in ecosistemi sociali incommensurabilmente diversi da quelli in cui ci siamo evoluti. Secoli fa non erano un fattore di rischio, perché di informazioni controllate ne circolavano poche. Come il metabolismo, che è rimasto geneticamente tarato su stili di vita preistorici, per cui favorisce l’accumulo di grassi e risponde a preferenze per alimenti calorici, la cognizione porta più facilmente a credere cose non vere e a difendere anche fanaticamente tali credenze, a fronte delle più eclatanti prove contrarie. Elaborare e diffondere false informazioni è lo stato di default o un modo spontaneo di funzionare del nostro cervello/pensiero. I medici non dicono alle persone obese o con il diabete che sono cattive o che il loro stato è responsabilità loro, ma cercano modi per indurre cambiamenti negli stili di vita e alimentari.

Le disposizioni cognitive che per decine di migliaia di anni hanno portato i nostri antenati a decidere sulla base di intuizioni e credenze cariche di emozioni, in larga parte fuorvianti e non provate, accresceva la loro fitness inclusiva, mentre si aggiravano timorosi nei pericolosissimi ambienti pleistocenici, e dovevano negoziare relazioni sociali all’interno di piccoli gruppi e tra bande di stranieri. Al limite le false credenze erano indifferenti rispetto alla sopravvivenza e quindi chi le coltivava non veniva eliminato dalla selezione naturale. Siccome la selezione naturale premia chi fa più figli, ci siamo evoluti non con un interesse a conoscere la verità, quanto ad avere ragione. A tale scopo abbiamo acquisito centinaia di bias ed euristiche, cioè inclinazione decisionali intuitive, inconsce e sganciate dai fatti, che ci ingannano nelle società fondate sulla conoscenza oggettiva e dove il controllo dei fatti è l’unica piattaforma che può consentire crescita economica, migliore salute e accettabile convivenza civile.

L'Italia e le pseudoscienza

L’Italia è stata la culla della scienza. I primi scienziati furono anche gli ultimi maghi, non scordiamolo, ma col tempo la separazione tra scienza e irrazionalità è diventata scontata. Non lo è completamente, ma in Italia l’irrazionalità sembra prevalere ovunque. Tra i Paesi occidentali, il nostro non è forse quello dove c’è più pseudoscienza, che probabilmente è più o meno equamente distribuita, ma è quello dove le credenze false possono più facilmente essere accreditate da istituzioni politiche. I casi Di Bella e Stamina, le paranoie anti-ogm, la vicenda Xylella, i dibattiti parlamentari sulle vaccinazioni eccetera non hanno equivalenti tutti insieme in altri Paesi sviluppati.

Le credenze intuitive e i pregiudizi, a causa del carico emotivo che possono reclutare, sono all’origine delle peggiori nefandezze umane del passato e del presente. Non spariranno mai e fluttueranno a seconda dei contesti, come le malattie (che sono fenomeni naturali). Le fabbricazioni e falsificazioni di fatti alternativi a quelli scientifici raggiungono oggi livelli pericolosi di diffusione a seguito della logica comunicativa dei social media. Non è solo nelle vicende relative alla propaganda contro i vaccini, all’uso di medicine cosiddette complementari (omeopatia eccetera), all’offerta di staminali come pseudo-cure (da Stamina a Schumacher), alla negazione del cambiamento climatico, all’avversione agli ogm e così via, che sono implicati meccanismi cognitivi che distorcono i fatti. Le pseudo-credenze fondate su bias mentali inducono risposte impulsive e irrazionali anche nelle dinamiche sociali dove possono dar luogo a xenofobia, corruzione, avversione per il mercato, settarismo, intolleranza... Per questo se si riesce a immunizzare le persone ne possono derivare vantaggi sociali in senso lato.

Il metodo scientifico contro le pseudoscienze

Che cosa ha messo sotto controllo le disposizioni umane a preferire la pseudoscienza e in generale la logica atavica dei pregiudizi? Semplice: l’invenzione e l’uso sempre più diffuso del pensiero astratto/controfattuale e del metodo scientifico. Teorizzato e usato diverse volte nel corso della storia a partire dall’antichità, la pratica sistematica di controllare le ipotesi e scartare quelle che non si possono provare, ha iniziato a circolare in modo stabile in Occidente agli inizi del Seicento. Contagiava le comunità umane dedite al culto della filosofia naturale (le prime accademie scientifiche), e via via la mentalità di filosofi e intellettuali, ma anche élite economiche e politiche, che si interessavano dei più diversi temi, in particolare di politica, i quali hanno trovato nella scienza sperimentale o nelle teorie scientifiche del Settecento modelli per immaginare società fondate sui principi democratici e i valori liberali.

La scienza intesa come metodo – non solo la scienza sperimentale, ma ogni forma di ricerca che produce conoscenze attraverso la costruzione di ipotesi messe a confronto in modo eliminativo con fatti controllabili – è una conoscenza biologicamente secondaria, che si acquisisce attraverso l’istruzione e l’uso del ragionamento riflessivo e critico, che crea dei vincoli nel pensiero/cervello, riorganizzando i processi decisionali individuali, e rendendo le persone non refrattarie a tale controllo potenzialmente migliori sotto ogni punto di vista. In parte anche etico.

Le strategie decisionali automatiche, le inclinazioni personali e gli autoinganni (ognuno di noi si rappresenta meglio di come è, prendendo per sé i meriti di effetti positivi e lasciando agli altri la responsabilità per quelli negativi) non sono facilmente controllabili e persone molto intelligenti o geniali possono credere cose irrazionali: si pensi ai Nobel che difesero spiritismo, ai numerosi scienziati razzisti, a scienziati o medici che fanno circolare false informazioni su ogm e staminali, o ad accademici che negano il cambiamento climatico e pubblicizzano l’omeopatia.

Esercitare il pensiero critico

Quindi è importante che l’enfasi nella separazione tra scienza e pseudoscienza venga posta su metodi e prove. Non sulle persone. Anche questioni sociali come la corruzione, il razzismo, la malvagità, le polarizzazioni politiche, il complottismo, le fake news, solo per citarne alcune, acquisiscono un senso diverso se lette alla luce delle disfunzioni cognitive umane. In che modo la scienza avrebbe migliorato e migliora la condizione umana? Soprattutto diffondendo l’uso del ragionamento controfattuale e qualificando attraverso un’istruzione strutturata somministrata ai giovani le modalità attraverso cui il cervello acquisisce le conoscenze biologicamente secondarie. Quasi tutti i test che misurano la capacità di riconoscere le disinformazioni o decidere razionalmente prevedono items che valutano la dipendenza da bias ed euristiche autoreferenziali, conoscenze di probabilità e suscettibilità al pensiero complottista: in pratica valutano quanto una persona è in grado di capire i dati, di disaccoppiarli dal contesto e di usare questo processo di astrazione per contenere e contrastare la pressione dei giudizi intuitivi.

La ricerca psicologica sulla maturazione delle capacità critiche dimostra che le capacità cognitive che consentono di capire e usare la scienza e di tenere sotto controllo gli impulsi irrazionali dipendono da specifici processi di giudizio, che non raggiungono spontaneamente la qualità critica necessaria per capire e navigare nella modernità. Da alcuni anni si cerca di introdurre l’insegnamento di procedure o di concetti per riconoscere i contesti nei quali si può restare vittime di fallacie, e quindi lasciarsi ingannare o credere ad affermazioni che sono false.

Il concetto che si stenta a capire è che non è spontaneo o necessariamente appagante guardare il mondo con gli occhiali della scienza. Si deve esercitare uno sforzo, un addestramento per acquisire un pensiero critico. Si conoscono ormai diverse strategie che consentono alle giovani o meno giovani menti di imparare a pensare criticamente o di evitare le trappole delle false credenze. Ma apparentemente non si fa nulla per applicarle sistematicamente.

 


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