Dopo Enrico Letta, anche Matteo Renzi ha promesso la riduzione del costo dell’elettricità.
Il presidente del Consiglio, numerologicamente innamorato del dieci, è convito
di ridurlo di almeno il 10 per cento, quantomeno alle piccole e medie imprese
(l’entità complessiva del taglio, secondo una mia stima un po’ grezza, potrebbe
essere di quasi 800 milioni di euro). Ora, non so come si possa ridurre ex lege
il prezzo di un bene compravenduto su un mercato liberalizzato di un’esatta
percentuale. Tuttavia, è ipotizzabile che dietro l’annuncio ci sia la volontà
di ridurre le accise o gli altri oneri gravanti sulla bolletta. Della
questione ho già parlato su lavoce.info, qui avanzo una proposta,
che si può riassumere in uno slogan: diamo liquidità alle rinnovabili.
La bolletta elettrica è gravata dai cosiddetti oneri di sistema, dentro i quali c’è
un po’ di tutto: dalla messa in sicurezza del nucleare (componente MCT), alla
promozione dell’efficienza energetica (UC7), dal sostegno alla ricerca (A5) al
finanziamento degli incentivi alle rinnovabili (A3). Proprio la A3, nel 2014,
raggiungerà quota 12 miliardi. Pertanto, una riduzione del costo dell’elettricità
passa inevitabilmente da un taglio di tali oneri o dal reperimento di risorse
alternative per finanziarli. Ed è da qui che nasce la proposta, volta a ridurre
il peso dell’A3 in bolletta.
Due premesse sono necessarie. Anzitutto, forse non tutti sanno che l’idroelettrico, la più matura delle fonti rinnovabili,
è una delle tecnologie più economiche per generare energia elettrica,
non solo se paragonata alle altre energie rinnovabili, ma anche rispetto al gas
e al carbone. La seconda premessa è che in questi anni scadono molte
concessioni per la produzione di energia idroelettrica, concessioni che saranno
rimesse a gara.
La rendita economica dell'idroelettrico
L’acqua utilizzabile a fini idroelettrici è limitata e in Italia, oggi, è
impossibile aumentare in maniera rilevante l’apporto dell’idroelettrico a
soddisfacimento della domanda di elettricità. Da questa condizione di scarsità della risorsa si genera, per
chi la possiede e la utilizza, una rendita. Questo perché, semplificando, il
prezzo della borsa elettrica è determinato da tecnologie più costose
dell’idroelettrico, che fanno sì che quest’ultima ottenga un profitto superiore
a quello “normale”, chiamato, appunto rendita. In economia, infatti, la rendita è un extra-profitto, in altre
parole, un saldo positivo che rimane dopo aver ripagato tutti i costi, compreso
il costo del capitale (che potremmo volgarmente chiamare il profitto).
Chiaramente, la dimensione della rendita sarà tanto maggiore quanto maggiore
sarà la quantità di energia venduta e quanto più ampia la differenza tra prezzo
di vendita e costi di produzione. (1)
Il problema insito nella rendita è la sua allocazione, cioè chi dovrebbe
goderne i benefici. È un problema essenzialmente politico, l’economia può solo
suggerire metodi redistributivi che non alterino l’utilizzo ottimale della
risorsa. Il diritto di godimento della rendita è un argomento complesso,
soprattutto quando si tratta di rendite
derivanti dallo sfruttamento di risorse naturali perché nella
maggior parte dei paesi, Italia inclusa, le risorse naturali sono di proprietà
dello Stato che ne concede, normalmente, lo sfruttamento ai privati. La
ripartizione della rendita fra Stato (proprietario della risorsa) e privato
(che ne rende possibile la valorizzazione economica) dipenderà dagli obiettivi
politici.
L'esempio della Valtellina
Nell’ambito del progetto Idea,
è stata effettuata un’analisi della rendita del settore idroelettrico della
provincia di Sondrio per il periodo 2004-2011. (2) La provincia di Sondrio ha una produzione idroelettrica
media annua di circa 5 TWh, pari a quasi l’11 per cento della produzione
idroelettrica nazionale e una capacità installata di circa 2.206 MW, pari al 18
per cento del totale della potenza idroelettrica italiana e a circa il 2 per
cento della potenza elettrica totale.
Qui di seguito, sono presentati i risultati degli studi per le sole medie e
grandi derivazioni, in altre parole quelle superiori ai 10 MW di potenza
installata (che, in provincia di Sondrio rappresentano il 95 per cento del
totale).
Anche stimando la rendita dal prezzo
medio di mercato dell’energia elettrica, si può notare come,
ogni anno, l’idroelettrico della Valtellina ottenga una rendita di circa 170
milioni di euro. Fra canoni, sovra-canoni, Imu e tassazione societaria, lo
Stato se ne accaparra poco più della metà.
Azzardando che la rendita generata dalle medie e grandi derivazioni italiane
sia in linea con quella degli impianti presenti in provincia di Sondrio,
possiamo dedurre che l’importo
complessivo della rendita idroelettrica italiana oscilli fra i 1,4 e i 2,3
miliardi di euro l’anno, a seconda che si valorizzi la
produzione al prezzo medio o al prezzo di picco e che lo Stato riesca a
“catturarne”, al massimo, fra i 600 e gli 800 milioni.
Tabella 1- Rendita idroelettrica in provincia di Sondrio, media anni 2004-2011
Ecco dunque la proposta: al netto di canoni e sovra-canoni, giustamente da
riconoscere a comuni e provincie su cui la produzione idroelettrica insiste,
pari a un ammontare complessivo di circa 250 milioni di euro, con l’occasione
dei rinnovi di concessione
si potrebbe introdurre una tassazione sulla
rendita idroelettrica (già presente in Norvegia e allo studio
in Francia) che, accoppiata con i proventi Ires della tassazione sulla
produzione stessa, potrebbe alimentare ogni anno con circa 1 miliardo un fondo a riduzione degli
oneri in bolletta legati agli incentivi sulle rinnovabili.
Secondo le mie stime, questo garantirebbe comunque un rendimento della
produzione idroelettrica superiore al 10 per cento e, soprattutto,
consentirebbe ai nuovi concessionari di investire
sia nell’ammodernamento degli impianti sia nella mitigazione degli impatti
sull’ecosistema fluviale.
FEDERICO PONTONI
Tratto da Lavoce.info
Note:
1) Nel trattare la rendita idroelettrica occorre tenere
presente la variabilità annuale della produzione di energia
idroelettrica, che dipende da fattori climatici come la quantità e il
periodo delle precipitazioni, la temperatura estiva ed eventuali periodi
di siccità, la necessità di organizzare tutti i molteplici utilizzi
della risorsa idrica. La variabilità della produzione può essere
sostanziale e quindi può consentire di spalmare i costi fissi legati al
funzionamento e alla manutenzione degli impianti, nonché al loro
ammortamento su quantità variabili di prodotto. Il costo dell’energia al
chilowattora può quindi variare di anno in anno andando a erodere la
redditività dell’investimento e l’ammontare della rendita che se ne
trae. Di conseguenza, è opportuno considerare la rendita idroelettrica
come una quantità di lungo periodo, che si distingua chiaramente da un
eventuale guadagno temporaneo.
2) Il progetto è finanziato da Fondazione Cariplo,
volto a valutare l’impatto ambientale degli impianti idroelettrici in
provincia di Sondrio, ed è stato condotto da Cirf e università di Udine.
Si veda: Massarutto, A., Pontoni, F., 2013. Hydropower rent in Northern Italy: economic and environmental concerns in the renewal procedure,DIES Working Paper Series, n. 8/2013.