Un gruppo di giovani ricercatori dell'Istituto Regina Elena di Roma, coordinate da Giovanni Blandino, ha individuato una rete di geni, alcuni già famosi, come il p53, altri meno noti, che interagiscono tra loro per la formazione di nuovi vasi e quindi per garantire le forniture indispensabili alla sopravvivenza del tumore della mammella, alla sua diffusione e metastasi. Il lavoro è pubblicato oggi su Nature Structure Molecular Biology.
Negli ultimi anni l'attenzione dei ricercatori si è sempre più soffermata sull'angiogenesi come fase cruciale della crescita tumorale e molti dei farmaci più innovativi messi a punto in questo campo agiscono su questo meccanismo cruciale. Questi farmaci sono utilizzati in combinazione con agenti chemioterapici capaci di uccidere o di inibire la crescita delle cellule tumorali. In questo modo si esercita una doppia azione: la prima diretta all'eliminazione della principale fonte di sostentamento e di diffusione del tumore (la rete vascolare), la seconda volta all'inibizione della proliferazione del tumore stesso.
La caratterizzazione di nuovi meccanismi alla base dell'angiogenesi tumorale è quindi fondamentale per l'identificazione di molecole da utilizzare come nuovi bersagli terapeutici, sia per gli agenti antitumorali già esistenti sia per lo sviluppo di nuovi farmaci mirati.
In particolare, il gruppo formato da ricercatori contratti dell'Istituto Regina Elena e AIRC, tra cui Giulia Fontemaggi, Stefania dell'Orso e Daniela Trisciuogli, ha identificato un network di geni, (p53, E2F1, ID4, IL8 e GRO-alpha) che contribuiscono all'aumento della capacità angiogenica dei tumori al seno. Il gene P53 è mutato con frequenza variabile nella maggioranza dei tumori e presenta alta frequenza di mutazioni in alcuni sottotipi di tumore al seno.
Lo studio dimostra che nelle cellule tumorali della mammella la proteina mutata p53 ed E2F1 cooperano portando alla iper-produzione di ID4, un'altra proteina; quest'ultima è in grado di legare e stabilizzare gli RNA necessari per la formazione di fattori pro-angiogenici (IL8 e GRO-alpha), aumentando in questo modo la capacità delle cellule tumorali di richiamare vasi sanguigni.
Interessante è anche il metodo utilizzato dai ricercatori romani per arrivare a questo risultato: si tratta dei microarray, che permettono di capire in ogni momento quali sono i geni "accesi" e quelli "spenti". Questo sistema, disponibile nel Laboratorio di oncogenomica traslazionale, appartiene alla categoria delle così dette tecnologie ad ampio spettro e permette di studiare l'espressione di decine di migliaia di geni contemporaneamente e in tempi molto rapidi.
Ed è proprio utilizzando questo tipo di tecnologie che i ricercatori del Regina Elena intendono proseguire questa linea di ricerca. L'obiettivo è, infatti, quello di identificare altri RNA (oltre all'IL8 e al GRO-alpha) controllati da ID4, in modo da ampliare il più possibile la conoscenza dei meccanismi responsabili dell'angiogenesi tumorale nella mammella.
Nature Structure Molecular Biology Published online: 27 September 2009 | doi:10.1038/nsmb.1669