fbpx Ricostruire Città della Scienza. Dov'era. | Scienza in rete

Ricostruire Città della Scienza. Dov'era.

Primary tabs

Tempo di lettura: 7 mins

È così ovvio, da apparire persino banale. La Città della Scienza deve essere ricostruita subito, lì dove è nata. Lì dove qualcuno è riuscito a distruggere in parte la struttura materiale, ma – come ha detto Vittorio Silvestrini – non certo l’idea.
Le ragioni ovvie, persino banali, che ci inducono – che ci impongono – di ricostruire Città della Scienza lì dove è nata sono almeno due. E sono di natura affatto diversa.

Una è di carattere politico (sì, che questa è politica). Ed è la risposta che dobbiamo dare ai delinquenti che hanno dato fuoco al più grande museo scientifico italiano di nuova generazione. Non sappiamo né chi siano né quale sia il loro primo movente. Ma è certo che non volevano (non vogliono) che lì, tra via Coroglio e il mare, ci sia una Città della Scienza. Non è possibile darla loro vinta. Non accadrebbe in nessun paese civile. Non possiamo dirgli: «Ok, il metodo è sbagliato (perché appiccare un incendio è reato), ma il fine è giusto: la Città della Scienza si trova in un posto in cui non dovrebbe essere e deve essere spostata». Sarebbe la resa della legalità all’illegalità. Della civiltà all’inciviltà.
Vedete, tutta l’Italia, tutta l’Europa e molti nel mondo sono rimasti sconcertati dalla notizia che un museo – una palestra della cittadinanza scientifica – è stato dato deliberatamente alle fiamme. Non era mai successo nel nostro continente. Solo i più truci fondamentalisti nel mondo si sono accaniti contro i simboli della cultura. Ed è accaduto raramente. Non bisogna sottovalutare la gravità di ciò che è successo a Bagnoli. Al contrario occorre reagire con la massima determinazione su questo inedito attacco criminale alla cultura. Iniziando la ricostruzione hic et nunc: qui e ora. Questo si aspettano i dirigenti e i lavoratori della Fondazione IDIS; questo si aspettano le migliaia di napoletani che hanno mostrato anche fisicamente la loro attiva solidarietà; questo si aspettano quanti, scienziati e non, in Italia, in Europa o nel mondo hanno voluto essere vicini alla Città della Scienza.

Non possiamo dare loro un segnale diverso: un segnale di resa.
Sarebbe un segnale di resa di una città, che annuncerebbe al mondo la sua definitiva sconfitta.

La seconda ragione per cui è impensabile spostare Città della Scienza dai luoghi ove è nata è di tipo ecologico. Di filosofia dell’ambiente e della sostenibilità. Qualcuno, argomentando a favore dello spostamento, dice: occorre ripristinare l’antico stato dei luoghi. Restituire Bagnoli al suo stato naturale. Ebbene questo tipo di ragionamento – anche a prescindere da ogni considerazione di diritto – è del tutto infondato.
Perché in una zona che da alcune migliaia di anni è fortemente antropizzata, occorre definire cos’è lo stato naturale dei luoghi. Città della Scienza non è nata, 25 anni fa, dal nulla. È stata costruita, con un’elegante lavoro di archeologia industriale, ridando forma alla più antica fabbrica di Bagnoli. Città della Scienza rappresenta (anche) un esempio di conservazione intelligente dello stato dei luoghi. Tanto più intelligente perché lancia un ponte – l’economia immateriale fondata sulla conoscenza – verso il futuro. Abbattere l’antica vetreria LeFevre, che è lì da oltre un secolo e mezzo, questo sì costituirebbe un’inaccettabile alterazione dell’antico stato dei luoghi.
Certo, sappiamo che alcuni sostengono che occorre eliminare ogni manufatto (ogni traccia di antropizzazione?) entro una certa fascia dalla linea di costa, sempre per ripristinare un più antico stato naturale dei luoghi. Ma questo tipo di argomento incappa nelle trappole della logica del regressus ad infinitum: dovremmo forse abbattere Venezia per ripristinare l’antico stato della laguna veneta?
Una filosofia equilibrata tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda impone di respingere sia l’idea che egli sia “il verme nella mela”, un elemento (l’unico) che inquina una natura altrimenti incontaminata; sia che egli sia il “signore della natura”, che dispone a piacimento dell’ambiente in cui vive.
L’uomo è parte della natura. Parte che evolve in una natura che evolve. Con una caratteristica che forse altre specie di esseri viventi non posseggono. L’uomo ha un’“enorme coscienza” della sua presenza nel mondo. Sa di essere parte di un insieme. Ma sa anche che alcune sua azioni possono avere effetti desiderabili per sé e per la (il resto della) natura. Questa consapevolezza gli impone di respingere l’etica degli assoluti (un’azione è buona o cattiva in sé, a prescindere dal contesto ambientale, storico e culturale) e di abbracciare l’etica della flessibilità: dell’analisi attenta del contesto in cui opera. I fisici direbbero delle condizioni al contorno.
In quest’ottica, a Bagnoli conservare l’antica fabbrica LeFevre a un passo dal mare per costruire cittadinanza scientifica e cultura ambientale è un’opera pienamente ecologica. Un vero e proprio presidio ecologico. Mentre sarebbe un’operazione del tutto non ecologica abbatterla.
E tutto questo a prescindere dal rischio (Dio solo sa quanto reale) che poi, una volta abbattuta la Città della Scienza, quell’area diventi oggetto di attenzione di quella che Benedetto Croce chiamava la «borghesia camorristica», quella che vive di mera speculazione.

In concreto: cosa direbbero Napoli, l’Italia, l’Europa e il mondo intero se tra qualche anno al posto della Città della Scienza abbattuta in nome di una malintesa sostenibilità ambientale si ritrovasse la darsena di un porto turistico circondata dalle villette e/o dai palazzoni, magari abusivi, realizzati dalla «borghesia camorristica»?

La Fondazione Idis-Città della Scienza di Napoli organizza l'evento:

"RICOSTRUIRE IL FUTURO 

dalla Città della Scienza alla crescita scientifica e culturale del Paese"

- 27 marzo 2013, ore 18:00 Sala Conferenze del Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino -

L’incontro nasce dall’esigenza di guardare oltre i fatti di Bagnoli, che il 4 marzo scorso ci hanno resi spettatori increduli del terribile rogo della Città della Scienza, trasformandoli in un’occasione di riflessione più ampia sulla necessità di dare un nuovo impulso alla crescita scientifica e culturale del nostro Paese. Città della Scienza nasce da un sogno le cui radici affondano nel grande evento di divulgazione scientifica realizzato a Napoli nell’autunno del 1987, “Futuro Remoto. Un Viaggio tra Scienza e Fantascienza”, e che si ispirava a un “modello meridionale di sviluppo” proposto da Vittorio Silvestrini come alternativo a quello settentrionale. Al centro di questo modello Silvestrini poneva da un lato la valorizzazione del territorio e dall’altro la necessità di fare leva sulla cultura (quella scientifica in particolare) per trasferire la conoscenza dai centri di ricerca verso tutte le forze produttive locali: agli artigiani, ai piccoli imprenditori, agli operai, fino a quei giovani con elevato livello di qualifica tristemente protagonisti dei nuovi flussi migratori verso il nord. Ricostruire subito quel Futuro, aggiornando il “modello meridionale” teorizzato oltre 20 anni fa e che ci appare oggi profetico, se inteso in una prospettiva europea dove è l’Italia tutta a essere Sud dell’Europa, appare di vitale importanza. La rinascita della Città della Scienza potrebbe così configurarsi come paradigma di un nuovo modello di sviluppo civile, culturale, scientifico ed economico del Paese che possa fare dell’Italia, di nuovo, un centro di prospettiva internazionale. L’incontro, moderato dal giornalista e scrittore scientifico Piero Bianucci, si aprirà con la testimonianza del Direttore Generale della Città della Scienza di Napoli, Luigi Amodio, per proseguire con una valutazione del contesto italiano ed europeo e un dibattito aperto al pubblico durante il quale ci sarà spazio per affrontare anche il ruolo del territorio piemontese nell’impresa di “ricostruzione” del futuro. Sono proprio le Istituzioni di massimo peso scientifico del Piemonte, infatti, a essersi fatte promotrici, con un’azione congiunta, di questo appuntamento. A testimoniare l’urgenza di una riflessione su questi temi, hanno confermato la propria presenza il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Francesco Profumo, l’On. Luigi Berlinguer – Presidente del Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica del MIUR, i giornalisti e scrittori scientifici Piero Angela, Bruno Arpaia e Pietro Greco. In rappresentanza delle Istituzioni del territorio sarà presente l’Assessore alla Cultura della Città di Torino Maurizio Braccialarghe. Parteciperanno inoltre studenti delle scuole secondarie di secondo grado e, considerata la rilevanza del dibattito per la società civile nella sua interezza, l’invito è esteso a tutti i cittadini (ingresso libero fino a esaurimento posti). 

L’evento è organizzato in collaborazione con un comitato organizzatore piemontese composto da: Accademia delle Scienze di Torino, Associazione CentroScienza Onlus, Museo Regionale di Scienze Naturali, InfiniTo Planetario di Torino, Museo A come Ambiente, Museo di Anatomia umana “L. Rolando”, Museo di Antropologia criminale “C. Lombroso”, Centro Interuniversitario Agorà Scienza (Università di Torino, Politecnico di Torino, Università del Piemonte Orientale, Università di Scienze Gastronomiche).  

Per maggiori informazioni:
E-mail: [email protected] 
Tel: 0116702737   
Fax: 0116702746


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Generazione ansiosa perché troppo online?

bambini e bambine con smartphone in mano

La Generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (Rizzoli, 2024), di Jonathan Haidt, è un saggio dal titolo esplicativo. Dedicato alla Gen Z, la prima ad aver sperimentato pubertà e adolescenza completamente sullo smartphone, indaga su una solida base scientifica i danni che questi strumenti possono portare a ragazzi e ragazze. Ma sul tema altre voci si sono espresse con pareri discordi.

TikTok e Instagram sono sempre più popolati da persone giovanissime, questo è ormai un dato di fatto. Sebbene la legge Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) del 1998 stabilisca i tredici anni come età minima per accettare le condizioni delle aziende, fornire i propri dati e creare un account personale, risulta comunque molto semplice eludere questi controlli, poiché non è prevista alcuna verifica effettiva.