«Ricostruire».
È questa la parola che va ripetendo il fisico Vittorio Silvestrini, fondatore
di quella Città della Scienza, a Napoli, che ieri notte è per larga parte
bruciata. Un incendio rapido e intenso ha mandato in poche ore in fumo il Museo
Vivo, il Planetario e altri due ambienti pieni di uffici
e di oggetti.
Non hanno impegnato molto tempo
Silvestrini e i suoi collaboratori per ripartire. Per iniziare a ricostruire il
futuro del più grande museo scientifico italiano di nuova generazione. Si
tratta di un museo che ha oltre 25 anni di vita e di crescita. Che ha ottenuto
grandi riconoscimenti, soprattutto internazionali. E che ora è gravemente ferito.
Ma niente affatto domato.
Come tutti i musei scientifici,
l’obiettivo primario di Città della Scienza è diffondere la cultura
scientifica. Proporsi come palestra dove allenare la cittadinanza scientifica,
affinché diventi forte e matura. Non è semplice farlo a Napoli. E, infatti, la
Città della Scienza è alle prese da qualche tempo con una seria crisi
finanziaria. Ma, con almeno 350.000 visitatori ogni anno, l’obiettivo viene
raggiunto.
Non è un obiettivo da poco. Visto che
la Città della Scienza è uno dei pochi musei scientifici in Europa che recupera
sul mercato almeno il 70% delle sue risorse. Il guaio è che non sempre lo Stato, nelle sue varie articolazioni, rispetta i tempi e le forme dei suoi
impegni. In definitiva, la Città della Scienza – che con i suoi 80 dipendenti è
una media azienda – vive una condizione ben nota a una moltitudine di imprese
nel paese.
Ma la Città della Scienza ha un’altra
particolarità. Forse unica, tra i musei scientifici europei di nuova o di
vecchia generazione. Vuole essere ed è un incubatore di imprese fondate sulla conoscenza. In particolare sulla
conoscenza scientifica. Da questo punto di vista indica una strada alla società
di Napoli e non solo: la strada giusta, forse, per uscire dalle condizioni di
declino.
Città della Scienza si trova, infine,
nel pieno di un deserto. Il deserto inquinato della Bagnoli post-industriale
dove, un quarto di secolo fa, lavoravano quasi 15.000 operai e dove oggi
lavorano solo gli 80 dipendenti del museo. Da anni è un fiore nel deserto.
Ieri quel fiore è andato bruciato. La
speranza è che si sia salvato almeno il seme, sotto la terra.
La determinazione di Silvestrini fa ben
sperare. È possibile ricostruire. «Ed è possibile contribuire alla
ricostruzione: è disponibile un conto corrente, intestato a Fondazione Idis
Città della Scienza - IBAN IT41X0101003497100000003256 - causale Ricostruire
Città della Scienza», sostiene la direzione. E avverte questo è l'unico conto
corrente dove esprimere il vostro sostegno - grazie di cuore».
Intanto a Napoli è giunta una valanga
di messaggi di solidarietà. Di uomini di scienza e di gente comune, da ogni
parte d’Italia e dall’estero. Tutti si dicono pronti ad aiutare la
ricostruzione. Anche questo è un bel riconoscimento. Non sfugge a nessuno, tuttavia, che la
ricostruzione sarà possibile solo se ci sarà un impegno rapido e consistente
delle istituzioni.
Molti sostengono che, oltre a essere
una tragica realtà, l’incendio di Città della Scienza è una metafora.
La
metafora di una metropoli, Napoli, e di un Paese, l’Italia, che appaiono in
declino. Ebbene, se la ricostruzione della Città della Scienza avverrà in
maniera completa e in tempi rapidi, avremo un segnale che Napoli e l’Italia
hanno ancora la capacità di reagire. Che il declino, per quanto grave, non è
irreversibile.
N.d.r. Da ieri sono già attive le piattaforme web dedicate alla ricostruzione di Città della Scienza:
Su DeRev è possibile contribuire alla raccolta fondi attraverso diverse soluzioni di crowdfunding.
Su CambioMerci, professionisti e imprese possono offrire le proprie competenze per accelerare il riavvio delle attività.
Qui la pagina facebook dedicata, a cui hanno già aderito più di 28mila utenti.
Ebe e Vicky tra le fiamme di Città della Scienza
di Cristina Bellon
Si erano conosciuti da bambini. Lavoravano nella Fabbrica del Cielo costruita dalla Città della Scienza e ogni sera tornavano sulla Terra, a Bagnoli, dove condividevano una stanzetta all’interno della manifestazione di “Futuro Remoto”.
Ma ieri sera, una come tante altre, il destino ha bussato alla loro porta. Così all’improvviso. Erano le 22 quando le fiamme hanno avvolto in una vampata sfolgorante i capannoni di Bagnoli, che ospitavano la Città della Scienza, uno dei musei del futuro più attivo d’Italia. Una gemma rara per la regione Campania.
L’incendio ha distrutto ogni cosa, anche il server, nemmeno il sito è più disponibile. Ebe l’alieno senza Terra che, dieci anni fa, aveva perso il suo pianeta in un’apocalisse planetaria, è stato vittima di un’altra catastrofe. L’ultima, la fatale.
La sua compagna Vicky, la scienziata che padroneggiava i sogni più arditi della Fabbrica, ora giace sotto le macerie scomposte che si affacciano sul mare. La Città della Scienza simbolo della speranza di riscatto di Napoli non c’è più. Si è portata con sé Ebe e Vicky e tutti gli sforzi di ripresa economica della regione.
Nel rogo di ieri sera, ci sono anche le nostre lacrime e quelle di chi ci ha lavorato alla Città della Scienza e ora rimane disoccupato. Ma il fuoco non può cancellare la memoria di Vicky, l’artista delle stelle, e di Ebe, l’alieno al servizio dell’umanità, protagonisti fantastici del saggio “Il futuro spiegato ai ragazzi ” (n.d.r. di Cristina Bellon e Giovanni Bignami), e nemmeno di ciò che culturalmente ha fatto la Città della Scienza per la regione, per l’Italia e per l’Europa.
La vogliamo ricordare in tutto il suo splendore. Perché una nuova Napoli sorgerà sulle ceneri di questo Paese disgraziato, grazie alla forza delle nostre braccia e alla volontà della nostra mente. Non tutto è perduto, la speranza di un mondo migliore viaggerà fino ai confini dell’Universo. E un giorno ci ritroveremo in uno dei capannoni di Bagnoli ricostruiti a rammentare il passato e a sognare di nuovo, come abbiamo fatto sempre.