La plastica rappresenta il rifiuto più comune che troviamo nei nostri mari, ma vi sono anche altri materiali, meno studiati, quali il vetro e il metallo, per citarne alcuni. Tutti questi materiali costituiscono il marine litter, la spazzatura marina. Chiara Gambardella racconta cosa si può fare per mettere un freno al continuo aumento di questi rifiuti in mare, facendo riferimento al lavoro "Global assessment of innovative solutions to tackle marine litter", da poco uscito su Nature Sustainability, di cui è coautrice.
Immagine: Pixabay.
Dagli anni 50 a oggi, la produzione di rifiuti e in particolare di plastica è aumentata esponenzialmente: si è passati da pochi milioni di tonnellate nel 1950 a più di 300 milioni di tonnellate negli ultimi anni. Attualmente circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti vengono riversati ogni anno nell’ambiente. Si prevede che questo numero aumenterà ulteriormente nei prossimi decenni, con pesanti ricadute sull’ambiente marino e sulla salute umana, se non saranno adottati dei miglioramenti nella gestione e prevenzione dei rifiuti.
Cosa si può fare per limitare questo problema? Abbiamo soluzioni per prevenire, monitorare e pulire i nostri mari dal marine litter, i rifiuti che finiscono in mare? Se sì, quali e quante? In effetti, esistono decine di migliaia di soluzioni ma, tra queste, solo un centinaio sono state considerate soluzioni innovative, differenti dal mero riciclo o dalla riduzione della produzione di rifiuti, per affrontare il problema. Questo è il risultato di un lavoro pubblicato di recente su Nature Sustainability dal team internazionale di scienziati di cui ho fatto parte e coordinato da Nikoleta Bellou, biologa dell’Helmholtz-Zentrum Hereon in Germania. Analizzando circa 20 000 risultati, abbiamo mostrato che appena l’1% degli interventi rispondeva ai criteri selezionati e la maggior parte delle “soluzioni innovative” è stata proposta solo negli ultimi cinque anni.
Perché è importante trovare soluzioni ai rifiuti marini?
La plastica rappresenta il rifiuto più comune che troviamo nei nostri mari, ma vi sono anche altri materiali, meno studiati, quali il vetro e il metallo, per citarne alcuni. Tutti questi materiali costituiscono il marine litter, la spazzatura marina. Tra questi la plastica è la più studiata, sia a livello macroscopico che micro e nanoscopico. Nel primo caso si tratta di rifiuti plastici visibili a occhio nudo e che causano danni diretti alla fauna, mettendo a rischio la vita degli animali che li ingeriscono accidentalmente. Nel secondo caso, si tratta invece di piccoli materiali con dimensioni simili a quelle dei virus (si parla di microplastiche se hanno dimensioni inferiori a 5 mm, e di nanoplastiche tra 1 e 100 nanometri), che possono essere facilmente ingeriti dagli organismi marini, come lo zooplankton e i pesci, attraversare le barriere biologiche ed entrare in circolo e anche nella catena alimentare, arrivando agli esseri umani con conseguenze a oggi ancora poco note.
Nonostante vi siano numerosi studi che affrontano approcci tecnologici per risolvere la tematica del marine litter, il nostro lavoro rivela come in futuro sia importante ricorrere a soluzioni integrate, basate sull’intelligenza artificiale, la robotica, l’automazione, il machine learning, l’analisi di big data e la modellistica, piuttosto che sullo sviluppo di una singola tecnologia.
Cosa si intende per “soluzioni innovative”?
Si tratta di soluzioni, tra cui anche tecnologie, che sono state utilizzate per la prima volta per prevenire, monitorare e rimuovere i rifiuti di diverse dimensioni dalle acque e dalle zone costiere e che si sono dimostrate idonee ed efficaci. Queste tecnologie sono state selezionate utilizzando database di progetti finanziati dalla Commissione Europea (CORDIS, ESA, FEAMP), della National Oceanic and Atmospheric Administration statunitense e del Coordinating Body on the Seas of East Asia promosso dall’UNEP (COBSEA), articoli scientifici, piattaforme di crowdfunding (Kickstarter, Indiegogo, ecc.) e ricerche sul web.
Tra i 20 000 risultati ottenuti da questi database, abbiamo selezionato 177 soluzioni, sia manuali che automatizzate, per impedire l’ingresso dei rifiuti, tra cui macro e microplastiche, alle foci dei fiumi, per monitorarne la presenza sulle spiagge o in mare aperto e per rimuovere il marine litter dalle aree costiere, dalla superficie del mare e dal fondo degli oceani. Tra queste soluzioni sono presenti nastri trasportatori in grado di raccogliere e rimuovere i macrorifiuti che galleggiano sulla superficie del mare; droni, localizzatori GPS e veicoli sottomarini autonomi per rilevare le aree caratterizzate da un’ampia distribuzione di marine litter e monitorarle nel tempo; barriere galleggianti per prevenire l’accumulo di rifiuti; reti, pompe e filtri per campionare le microplastiche.
Le soluzioni sono state selezionate considerando diversi aspetti: per esempio, l’applicabilità nella prevenzione, nel monitoraggio e nella rimozione di rifiuti marini generici o specifici (come plastica, vetro) e/o di particolari classi dimensionali (esempio macro, micro, nano rifiuti); un altro criterio di selezione è stato quello dell’innovazione metodologica, tecnologica o di natura ingegneristica. Ancora, abbiamo usato come criteri l’efficacia e performance rispetto alle precedenti soluzioni proposte sui rifiuti marini e livello di maturità tecnologica per poter essere brevettata e immessa sul mercato.
Raccomandazioni per il futuro
Nonostante le problematiche associate ai rifiuti marini siano emerse fin dalla fine degli anni Ottanta, ci sono voluti più di trent’anni per riconoscere il marine litter come un problema su scala globale, che deve essere affrontato urgentemente per salvaguardare l’ambiente marino.
Ciò spiegherebbe perché tra tutte le decine di migliaia di soluzioni analizzate, pochissime sono diventate una realtà tecnologica o sono presenti sul mercato. La maggior parte delle soluzioni è stata validata solo su piccola scala, per esempio in laboratorio, raggiungendo un basso livello di maturità tecnologica (il cosiddetto TRL - Technology Readiness Level). Ci siamo resi conto che molte soluzioni avrebbero le potenzialità per prevenire, monitorare e pulire i nostri mari dai rifiuti a livello globale, ma molto spesso non riescono a superare la fase di pianificazione per mancanza di finanziamenti. L’Unione Europea sembra già aver percepito questo limite e il nuovo programma Quadro Europeo per la Ricerca e l’innovazione Horizon Europe previsto per il periodo 2021-2027 differenzia i bandi a seconda del livello di maturità tecnologica.
Abbiamo ritenuto quindi necessario fornire alcune raccomandazioni per i futuri programmi di finanziamento per uno sviluppo sostenibile dei nostri mari, in linea con il Decade of Ocean Science for Sustainable Development (Decennio delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile) dichiarato dalle Nazioni Unite dal 2021 al 2030.
A questo proposito, abbiamo creato un vero e proprio “decalogo”: dieci semplici consigli da seguire. Tra questi, incoraggiamo non solo nuovi investimenti per migliorare le soluzioni esistenti che non sono ancora diventate delle realtà tecnologiche, ma anche la sinergia e collaborazione tra diversi promotori di queste soluzioni (scienziati, ONG, industrie, enti pubblici e privati) per migliorare le tecnologie esistenti e svilupparne di nuove. Riteniamo, inoltre, che sia di fondamentale importanza rafforzare le misure di gestione dei rifiuti a livello nazionale e internazionale, lavorando tanto sulla loro riduzione alla fonte quanto sulla rimozione dall’ambiente, in un’ottica di economia circolare, per uno sviluppo sostenibile dei nostri mari.