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La rivincita dell’esule Malaguti

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La revisione critica del Risorgimento è un esercizio al quale non pochi politici e intellettuali italiani si dedicano da tempo con un certo zelo.  E’ giusto riflettere sui difetti e gli errori di un processo che è costato tanto sangue  ma occorrerebbe anche soffermarsi sulle cause  e soprattutto non sorvolare  sull’amministrazione di alcuni Stati dell’Italia pre-unitaria, incluso quello pontificio. A questo proposito, la riabilitazione da parte della Chiesa Cattolica di Antonio Rosmini (1797-1855), notoriamente avverso al potere temporale  dei Papi, e la successiva proclamazione a Beato (Novara, 18 novembre 2007) dovrebbe insegnare qualcosa, così come le cronache del tempo. 

Il conte Francesco Rangone (Ferrara 1769-Bologna 1846)  tracciò, ad esempio, questo rovinoso bilancio del Governo Pontificio: “Niuna legge, o variabile, niuna amministrazione, o rovinosa; malafede nei contratti; niuna individuale sicurezza; arenamento del commercio e delle scienze; niuna stabilità del giudiziario o indolenza sospetta e perciò il delitto impunito; polizia mal servita e perciò omicidi, aggressioni, furti e feriti e brutalità senza numero e di giorno e di notte. Le finanze rigorose ed eccessive; dazi arbitrari e insopportabili, e perciò contrabbandi, uccisioni e vendette private. Amministrazioni in generale, acque, strade, annona, spedali, tutto in confusione..”.

Se l’analisi era impietosa e, venendo da un ex funzionario di Napoleone era sospetta di parzialità, qualcosa di vero c’era, visto che all’inizio del 1831, durante il conclave che seguì la morte di Pio VII, la rivolta dilagò nei ducati emiliani e nelle Legazioni Pontificie, favorita da quella che nel luglio 1830 si era verificata a Parigi. L’arresto di Ciro Menotti a Modena non scoraggiò gli insorti. Tutto avvenne senza spargimento di sangue, anche per il senso di responsabilità del Prolegato che ignorò le sollecitazioni militari e s’illuse di salvaguardare l’autorità del governo. Invece, con proclama dell’8 febbraio 1831 il Governo Provvisorio di Bologna , presieduto da Giovanni Vicini, dichiarò cessato di fatto, e per sempre di diritto, il dominio temporale della Chiesa sulla città e sulla provincia. La rivoluzione mantenne, purtroppo, una decisa impronta conservatrice, ignorando il desiderio di libertà del popolo e dei giovani borghesi. Solo la forza delle cose e il timore della repressione spinsero le autorità a collegarsi con le altre città e a dar vita al Governo delle Province Unite che il 4 marzo 1831 pubblicò uno Statuto Costituzionale. Faustino Malaguti, di professione farmacista, assunse la carica di segretario del Ministro di Polizia, Pio Sarti.

Purtroppo, l’appoggio che gli insorti si attendevano dalla Francia non giunse e l’intervento degli Austriaci soffocò il tentativo rivoluzionario. Le truppe imperiali entrarono in Bologna il 21 marzo. La rivoluzione era fallita. Il generale Zucchi, cui era stata affidata la difesa delle Province, ripiegò verso la Romagna. Lo scontro decisivo avvenne a Rimini il 25 marzo, mentre a Bologna si trattava la resa che comprendeva l’immunità per chi aveva partecipato al moto rivoluzionario. Tanti però non si fidarono e s’imbarcarono per la Francia.

Tra loro c’era anche Faustino Malaguti. Era nato a Pragatto, provincia di Bologna, il 15 febbraio 1802 da Giuseppe Valerio, farmacista e Anna Medici. Quando sette anni dopo la famiglia si trasferì a Bologna, dove il padre gestiva una farmacia, Faustino fu affidato ai Barnabiti. Frequentò poi l’Università, studiando Farmacia, e conseguendo a sedici anni il diploma. Coadiuvò il padre nell’esercizio della professione e divenne assistente farmacista nella Clinica Medica dell’Università diretta da Tommasini. Successivamente ottenne  l’incarico di Delegato di Sanità alla Dogana, con il compito di esaminare i medicamenti e le droghe.  In Francia fu ammesso nel laboratorio di Gay-Lussac, s’iscrisse all’Ecole Polytechnique  e, più tardi, assunse la funzione di chimico alla Manifattura di Sèvres. Uno dei suoi primi successi fu la scoperta della composizione del pink-colour, il colore rosso garofano delle maioliche, che gli inglesi mantenevano segreta.

L’esule Malaguti si laureò in Scienze alla Sorbona nel 1839. Nel 1840 prese la naturalizzazione francese e due anni dopo vinse il concorso per la cattedra di chimica a Rennes. Di quell’Università fu Rettore per molti anni. Non tornò più in Italia. Morì a Rennes il 26 aprile 1878. Malaguti è autore di 66 note scientifiche, pubblicate in lingua francese su riviste importanti quali gli Annales de Chimie et de Physique e i Comptes rendus de l’Académie des Sciences. Fu il primo a insegnare la chimica agraria in un'Università francese di provincia. Le sue lezioni sull'argomento e suoi celebri manuali  s'imposero ben oltre i confini della Bretagna e della stessa Francia. Furono tradotti in italiano da Antonio Selmi. Con abilità di divulgatore, Malaguti s'impegnò per diffondere i rudimenti della cultura chimica pratica,  l’applicazione della chimica all’agricoltura e le principali norme igieniche atte a difendere i contadini dalle malattie, malaria inclusa.  Il suo ricordo è ancora vivo a Rennes, un po’ meno in Italia.

Ringrazio Filippo Monti per le foto della casa di Malaguti (2006)

- Natali F. (a cura di), La Rivoluzione del 1831 nella Cronaca di Francesco Rangone, Vittoriano, Roma, 1935, p. 4
- Casali A., “Fustino Malaguti e le sue opere”, Ann. Soc. Agr. Bologna, 1879, 88
- Taddia M., “Un esule magnifico”, Sapere, 2006, 72(6), 22

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