fbpx La scarsa “intelligence” dell’Imperial e di altri modelli | Scienza in rete

La scarsa intelligence dell’Imperial e di altri modelli

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

In nessun'altra epidemia della storia degli ultimi cinquant’anni v’è stata una tale produzione di modelli matematici sull’epidemia prodotti da epidemiologi, fisici, economisti, assicuratori, matematici di ogni tipo. Una folla, anche se finora pochissimi hanno visto i loro risultati pubblicati su riviste scientifiche.

Indiscutibilmente il gruppo più forte, che da anni domina il campo dei modelli matematici applicati a epidemie è stato quello dell’Imperial College di Londra. I suoi modelli sono stati sempre tra i più perfezionati, i più pubblicati, ma soprattutto i più ascoltati da politici e decision maker di tutto il mondo. Principe incontrastato è stato Neil Ferguson a capo di una formidabile squadra di modellisti. Anche in questa epidemia di Covid i suoi modelli sono stati diffusi in molti paesi e hanno avuto un importante impatto sulle scelte fatte per contenere l’epidemia.

Il dono di Ferguson

Anche il nostro paese ha avuto il dono di Ferguson di un modello per l’Italia trasmesso alle nostre autorità sanitarie alla fine di febbraio. Il modello prevedeva in Italia oltre mezzo milione di morti per Covid-19 se non si fosse preso alcun provvedimento, e “soltanto” 283 mila decessi applicando, come di fatto è stato fatto, il più rigido lockdown. Lo stesso modello stimava, in presenza di quarantena, fino a 30mila decessi in una settimana di picco con altrettanti ricoveri in terapia intensiva.

Di fatto siamo a circa un decimo delle stime dell’Imperial.

Analogamente le stime dell’Imperial College per il Regno Unito e gli USA erano, nello scenario migliore, circa dieci volte quello che è stato osservato. Per il nostro paese le assunzioni su cui si è basato il modello Imperial si sono rivelate inesatte in parecchi punti, i più eclatanti dei quali sono stati l’assunzione che i bambini  trasmettessero l’infezione come gli adulti e la non considerazione della grandissima differenza di pattern epidemiologico tra Lombardia, altre regioni del Nord e il resto dell’Italia: tre epidemie diverse con incidenza e mortalità totalmente differenti.

Nelle ultime settimane sono partite numerose critiche al modello Ferguson, a partire dai colleghi svedesi Jens Gjieseke e Anders Tegnell che reggono la difficile strategia svedese, e poi a macchia d’olio da parte di altri esperti. Le critiche non sono state soltanto sugli scenari costruiti, ma anche sul tipo di software usato sui modelli e sulle assunzioni che li sostengono. Né sono mancati, come in ogni  epidemia, i fantasiosi negazionisti o di persone culturalmente lontane dalla scienza.

Predizioni sbagliate

A fronte di tante critiche, va considerato il coraggio di chi produce modelli predittivi agli inizi di una epidemia, quando l’incertezza di molti parametri è alta. Molte cose non sono tuttora chiare tuttora in questa pandemia di Covid. Ulteriore motivo per considerare i risultati dei modelli indicazioni preliminari e non indicazioni strategiche.

Certo il track record dei modelli di Ferguson negli ultimi dieci anni non gli fa onore. A partire dai 150mila morti previsti per la malattia del piede e della bocca dei bovini (Foot and Mounth Disease) ai 200 realmente avvenuti nel 2002 in Inghilterra. Nello stesso anno, nello stesso paese, Ferguson aveva allertato il governo sull’arrivo di 50mila  decessi per Mucca pazza (BSE), a fronte dei 177 avvenuti realmente. Non migliori le previsioni per l’epidemia di influenza aviaria del 2005, ove i modelli Imperial prevedevano fino a 150mila morti nel solo Regno Unito a fronte di 282 registrati nel mondo. Non dissimile la pandemia di influenza suina del 2009: nell’agosto di quell’anno la ministra della salute inglese annunciò la mobilitazione dell’esercito inglese per la preparazione di fosse comuni capaci di ospitare i 65 mila cadaveri: i morti veri furono 457.

I politici si difendono adottando gli scenari più catastrofici

Certo i modelli matematici non predicono numeri assoluti, ma offrono scenari modulati su assunzioni: dal peggiore al meno peggio. Inevitabilmente i politici adorano gli scenari peggiori: fare scelte iper-precauzionali li protegge da inevitabili critiche postume. Inoltre, in tutto il mondo il tema salute diventa il tema politico dominante perché riguarda tutti i cittadini. Inoltre, il senso di comunità del singolo non arriva a concepire un equilibrio tra salute e disastro sociale ed economico. Il singolo guarda alla sua salute, ben dopo vengono considerazioni economiche e sociali. Sono ben poche le società in cui il singolo apprezza il concetto di benessere della comunità composto sia dalla propria salute, sia dal benessere sociale ed economico.

Questo concetto è ben noto ai modellisti matematici, che tuttavia non spendono una riga su questo difficile e delicato equilibrio.

Decisamente meglio ha fatto l’istituto Superiore di Sanità con gli scenari recentemente presentati agli inizi di aprile, che hanno diretto le scelte della Fase 2. Certo, questa volta i modellisti hanno avuto il grande vantaggio di operare nella fase calante dell’epidemia, quando molti parametri epidemiologici, incerti a febbraio, sono diventati evidenti. Ma anche in questo caso i margini di incertezza sono ampi e appare azzardata l’applicazione pari pari dei suggerimenti del modello alle scelte strategiche.

In particolare, la mancanza di un range di scenari che tenesse nella dovuta considerazione i diversi pattern epidemiologici del paese e l’indicazione dettagliata di scelte operative per specifici settori. I modelli suggeriscono, offrono scenari, non possono dettagliare decisioni strategiche che spettano ad altri.

Che cos'è una vera intelligence delle epidemie

Da oltre cinquant’anni è noto che la prevenzione delle malattie si basa su un concetto di Intelligence, che non comporta solo “intelligenza”, ma quel complesso di fattori che permettono una meno approssimativa lettura dei fenomeni naturali che popolano la nostra storia. La sorveglianza delle malattie, la ricerca, l’esperienza delle precedenti epidemie, la sistematica raccolta di dati ed esperienze costruiscono un bagaglio informativo che va interpretato per determinare le scelte che ritiene opportuna.

I modelli matematici offrono un formidabile contributo all’Intelligence. Anzi, vediamo come questi modelli siano oggi così popolari anche tra politici e decision maker, coloro che qualche decennio fa li snobbavano quali astruse magie matematiche. Purtroppo nei curricula di tanti leader milanesi o romani non emerge un’esperienza di epidemiologia di campo quanto mai utile in questi frangenti. 

L’Intelligence  include l’incertezza, i rischi, gli effetti collaterali, quindi l’assunzione di responsabilità pesanti. Per questo, quanto più ricca è l’Intelligence più appropriate saranno le scelte che questa emergenza richiede.

 
Fonti
https://www.nature.com/articles/d41586-020-01003-6
https://www.businessinsider.com/elon-musk-prof-neil-ferguson-resigned-moron-absurdly-fake-science-2020-5?IR=T
https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/may/06/neil-ferguson-scientists-media-government-adviser-social-distancing

 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Di latticini, biotecnologie e latte sintetico

La produzione di formaggio è tradizionalmente legata all’allevamento bovino, ma l’uso di batteri geneticamente modificati per produrre caglio ha ridotto in modo significativo la necessità di sacrificare vitelli. Le mucche, però, devono comunque essere ingravidate per la produzione di latte, con conseguente nascita dei vitelli: come si può ovviare? Una risposta è il latte "sintetico" (non propriamente coltivato), che, al di là dei vantaggi etici, ha anche un minor costo ambientale.

Per fare il formaggio ci vuole il latte (e il caglio). Per fare sia il latte che il caglio servono le vacche (e i vitelli). Cioè ci vuole una vitella di razza lattifera, allevata fino a raggiungere l’età riproduttiva, inseminata artificialmente appena possibile con il seme di un toro selezionato e successivamente “forzata”, cioè con periodi brevissimi tra una gravidanza e la successiva e tra una lattazione e l’altra, in modo da produrre più latte possibile per il maggior tempo possibile nell’arco dell’anno.