Quest’anno è stato
dichiarato l’anno nero dell’olio di
oliva, per il calo drammatico della produzione di olive e di conseguenza
dell’olio di oliva in Europa, che da sola copre i 3/4 della produzione
mondiale.
A pagarne le spese è stata soprattutto l’Italia, che dopo la Spagna,
è il secondo produttore di olio di oliva nel mondo, e il paese che più di ogni
altro consuma olio di oliva (con circa 12 kg di olio a testa ogni anno).
Secondo l’Osservatorio
del mercato dell’Associazione Italiana Frantoiani Oleari, AIFO, le prospettate 200mila tonnellate di olio, che rappresentano di per sé solo il 40% della
produzione annua di olio di oliva in Italia, sono state a fine campagna olearia
addirittura un miraggio.
I motivi di questa disfatta, come spiega Alberto Grimelli
nella sua rivista Teatronaturale sono molti: fattori
climatici, una non efficace, se non del tutto assente, prevenzione, scelte non
lungimiranti e una mancata innovazione del sistema produttivo oleario, e,
infine, il rapido sviluppo della mosca olearia che quest’anno è avvenuto in un periodo
molto critico della maturazione delle olive. Il risultato della concomitanza di
questi fattori è stato da un lato un quantitativo assai ridotto di olive
prodotte sulle piante, dall’altro una bassissima qualità delle olive.
E’ comprensibile
quindi la preoccupazione di trovare sugli scaffali: olii di provenienza dubbia
spacciati per olii italiani, olio extra vergine della scorsa annata venduto per
olio nuovo, olio extra vergine non del tutto tale… In poche parole: frodi,
adulterazioni e truffe.
Le frodi… e perché l’olio è uno degli alimenti più frodati
La
crescente richiesta di olio extra vergine di oliva, insieme alle sue proprietà
nutraceutiche e al suo indubbio ruolo nella dieta mediterranea, fanno sì che
questo prodotto sia, purtroppo, uno degli alimenti più sofisticati e frodati in
Europa. L’adulterazione più classica consiste nella miscelazione di olii di
semi, o di olii di oliva più economici, con olii extra vergini. Metodi più
elaborati sono stati invece sviluppati per la deodorazione degli olii, che
permette di eliminare odori sgradevoli dovuti ad esempio ad una cattiva
conservazione delle olive o a trattamenti termici. Infine, come denunciato lo
scorso anno dal settimanale New York
Times, non sono rare le
frodi legate alla vendita di olio extra vergine Made in Italy, ottenuto in realtà miscelando olii italiani con olii
provenienti da Spagna, Grecia e Tunisia.
E
così i consumatori, vittime di questo scenario di etichette bugiarde, finiscono
per perdere la fiducia, e i piccoli produttori ne subiscono spesso le peggiori
conseguenze, come quest’anno. I consumatori, infatti, hanno una sola arma:
controllare il costo dell’olio. Il
costo è un primo indice che può aiutare il consumatore nella valutazione della
qualità e autenticità di un olio: un prezzo basso difficilmente corrisponde ad
un prodotto realizzato usando solo olii extra vergini.
I produttori,
soprattutto le piccole aziende e coloro che vogliono esaltare la tipicità e la
genuinità dei loro prodotti, hanno grande interesse nei confronti di tecniche e
test in grado di certificarne la qualità e l’autenticità. Oggi è possibile
avvalersi dell’aiuto della chimica e
della ricerca scientifica, che offrono idonei strumenti di analisi, sia
chimica che sensoriale, adatti a rintracciare i campioni frodati e/o non
conformi.
La Chimica in aiuto
I
metodi attualmente in uso, certificati dalla comunità europea, si basano
essenzialmente su metodi cromatografici, che prevedono un trattamento del
campione e una successiva analisi mediante una procedura di separazione,
identificazione e quantificazione dei componenti chimici dell’olio. Esistono
quindi metodi che permettono di quantificare la parte degli acidi grassi,
quella più abbondante, e metodi che vanno a quantificare i componenti
minoritari dell’olio: gli steroli, i stigmastadieni, i polifenoli, ecc.
Questi
metodi sono però piuttosto complessi, costosi e non certo rapidi. E’
anche per questo motivo, che insieme al gruppo di cui faccio parte, ho
cominciato a studiare l’olio di oliva con metodi spettroscopici. Questi sono metodi
generalmente rapidi, poco costosi e affidabili, perché possono essere condotti
direttamente sui campioni di olio, senza trattamenti pregressi.
Un
metodo su cui abbiamo ottenuto risultati molto incoraggianti si basa sulla spettroscopia
UV-visibile, che va ad indagare le componenti dell’olio responsabili del suo
colore: i pigmenti. E’ risaputo,
infatti, che un olio verde è indice di freschezza, mentre olii gialli-aranciati
sono probabilmente olii vecchi. Tra l’altro, i pigmenti, pur rappresentando una
piccola percentuale (circa 2%) del totale dei composti presenti nell'olio, oltre
ad essere responsabili del colore, sono sostanze fondamentali per le qualità
organolettiche dell’olio.
Il
nostro metodo1
permette di quantificare, attraverso un processo matematico, una sorta di
“scomposizione” dello spettro di assorbimento UV-visibile, la concentrazione di
quattro pigmenti principali: luteina, feofitina-a, feofitina-b e β-carotene (Figure 2 e 3). Con pochi e semplici
passaggi si inserisce l'olio in una celletta in quarzo e si acquisisce un
segnale, lo spettro, che ha una forma caratteristica, come si vede in Figura 3.
L'intensità di assorbimento
varia in base a diversi fattori tipici dell'olio tra cui i più importanti sono
quelli dipendenti dalla conservazione, dall'esposizione alla luce, dal
riscaldamento e dalla presenza di oli di altro tipo.
Figura 2. Profili di assorbimento di quattro pigmenti presenti nell’olio di oliva: luteina, beta-carotene, feofitina-a e feofitina-b.
Figura 3. Profilo di assorbimento di un campione di olio di oliva extra vergine scomposto nei quattro segnali dei pigmenti, dei quali si ottiene direttamente la quantità contenuta nell’olio.
Sviluppi e prospettive
Questo
metodo è stato efficacemente utilizzato2 per rilevare la presenza di miscelazioni tra olii extra vergine di
oliva e olii di semi o olii non extra vergine di oliva. Inoltre, essendo un metodo rapido (l’analisi si compie in
pochi minuti), permette di identificare facilmente se l’olio ha subito dei trattamenti
termici (per un cattivo stoccaggio o una cattiva conservazione).
In
prospettiva potrebbe essere utilizzato in modo routinario, come metodo di
screening veloce, per individuare lotti o campioni di “dubbia” qualità.
Più
complicata è la ricerca di metodi in grado di riconoscere e differenziare gli
olii extra vergine d’oliva in base ai cultivar
e alla provenienza geografica. È
questo un aspetto estremamente delicato, che si propone sempre più
frequentemente come elemento di criticità nel campo delle frodi alimentari. Del resto, non si arriverebbe a parlare di suicidio dell’olio italiano se ci
fossero dei metodi in grado di garantire il Made
in Italy. Riuscire a ottimizzare una metodica chimica in questo senso, cosa
a cui stanno lavorando molti ricercatori nel mondo, sarebbe un risultato
eccellente, soprattutto per la salvaguardia della autenticità e della tipicità
dell’olio di oliva extra vergine italiano.
Riferimenti:
1 Valentina
Domenici, Donatella Ancora, Mario Cifelli, Andrea Serani, Carlo Alberto
Veracini, and Maurizio Zandomeneghi. In “Extraction of Pigment
Information from Near-UV Vis Absorption Spectra of Extra Virgin Olive Oils”.
J. Agric. Food Chem., 2014, 62 (38), pp 9317–9325. URL: http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/jf503818k
2 Ancora Donatella, Tesi Magistrale in Chimica, UV-vis and 1H-NMR spectroscopic methods
applied to the study of extra-virgin olive oils produced in Tuscany and Apulia,
Università di Pisa: 2014.