In questo fine 2014, mentre “Mafia Capitale” sommerge sui media mainstream ogni altra notizia, si sono svolti a Roma due eventi che hanno fatto della città la Capitale della Divulgazione Scientifica: dal 4 al 13 dicembre, il “Rome DocScient Festival 2014”, rassegna internazionale di documentari scientifici, e il 19 dicembre, il “Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica”; entrambi avevano il patrocinio gratuito delle Biblioteche di Roma, il più grande sistema metropolitano di biblioteche pubbliche d’Italia, oltre ai patrocini di università ed enti di ricerca di grande prestigio, italiani ed esteri. C’è anche l’idea di far giungere, attraverso le biblioteche, i prodotti presentati in questi festival dal centro di Roma fin nelle pieghe più riposte della sua periferia urbana e umana.
Nel corso della premiazione
finale del DocScient Festival, alla Casa del
Cinema, sono stati proiettati i trailer dei
documentari vincitori scelti su 126 candidati; dei film così belli che i trailer ti lasciavano la domanda “e come va a finire?” Le
valutazioni erano state espresse con modalità intelligenti: i prodotti delle
Università e degli enti di ricerca, come Istc, Ispra, Ingv ecc. sono stati
giudicati da giurie di studenti: qui la garanzia di serietà scientifica era
implicita, occorreva valutare in primo luogo l’impatto sul pubblico.
Quelli delle
case di produzione sono stati giudicati da una giuria scientifica di alto
livello.
Chiedendo scusa a
chi non citerò e rimandando il lettore al sito
del DocScient Festival, dirò due parole solo sui film che mi hanno
maggiormente suggestionato, come “La Prestazione” di A. A. Basaluzzo, G. Pacini, S. McTeigue (Italia, 2013, Freedom
from Birth-RAG), che mostra cosa accadrebbe se l’atto amoroso fosse
medicalizzato analogamente a come avviene con il parto con, ad esempio, un’infermiera
che, per aiutare il maschio impegnato nell’amplesso, gli inserisce un ago
cannula nel braccio. La sempre più estesa medicalizzazione dei nostri vissuti
richiederebbe di essere discussa.
“The Walking Mind” di Andrea Fasciani (2014, Fondazione S.
Lucia / Unione Europea), è dedicato a un’eccellenza italiana, la Fondazione S.
Lucia, che si occupa di ricerca e cura nell’ambito della riabilitazione
neuromotoria.
Nel caso specifico il protagonista era l’esoscheletro
sviluppato dalla Fondazione in collaborazione con diversi partner europei: un
robot che viene indossato da una persona con le gambe paralizzate, permettendogli
di camminare di nuovo. Erano legati al tema della salute altri film: “Allergie, la minaccia tossica” di Patrizia Marani (Italia,
2014, GraffitiDoc);“The Placebo Effect” di
Pascal Goblot & Emmanuelle Sapin (Francia 2014, Terranoa/Gad) e il toccante
“Sorriso di Candida” di Rita Bugliosi e
Angelo Caruso (Italia, 2013, Lo Specchio), su una donna che si ammala di Alzheimer.
Più di un premio è
andato all’archeologia, dunque ad una scienza umana, come nel caso di “Progetto Thesaurus, un robot a caccia di relitti” di Walter
Daviddi (Italia, 2014, D3Studio), che mostra l’uso di minirobot subacquei in
grado di andare ben oltre i limiti umani. L’archeologia era presente anche in vari
documentari sull’acqua, in onore del principale sponsor: l’Azienda Comunale
Elettricità e Acque di Roma. Ne citerò solo uno, mozzafiato, “Le Acque Segrete di Palermo” di Stefania Casini (Italia,
2014, Bizef Produzione/Rai Cinema), un viaggio nei sotterranei di Palermo, dove
il genio greco, latino e arabo hanno creato nel tempo meravigliose strutture finalizzate
a raccogliere le acque potabili.
Diversi film erano
dedicati a temi ecologici e proprio uno di questi si è aggiudicato il premio
per il miglior documentario scientifico: “Ultima chiamata”,
di Enrico Cerasuolo (Italia, 2013, Zenit Arti Audiovisive), dedicato al
rapporto del Club di Roma del 1972 sui Limiti dello Sviluppo
(tit. orig. The Limits to Growth) dove, per
prevedere il futuro del pianeta, si utilizzavano i modelli di Systems Dynamics del team del MIT di Jay Forrester.
I nostri predecessori
in linea filogenetica sapevano “guardare” da molti milioni, anzi da miliardi di
anni quando impararono a “parlare”, per non dire, a “leggere”. 100 anni fa
l’Italia era per la maggior parte un paese di analfabeti totali. Il “DocScient Festival” mi ha fatto riflettere sulla necessità
di una comunicazione della scienza che accosti riconoscendogli pari dignità altre
modalità espressive come l’immagine ed il cinema, al libro e all’articolo di
rivista.
D’altro canto questi ultimi restano oggi i media privilegiati per una
comunicazione completa e meditata. Perciò la creazione, lo scorso anno, di un “Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica”
dell’Associazione Italiana del Libro ha colmato un vuoto importante. Come per la
prima edizione, anche quest’anno la premiazione è stata introdotta da una serie
di interventi non di circostanza e che vale la pena riprendere.
Il pomeriggio,
nella sala convegni della sede centrale del Cnr, è stato introdotto
dall’astronauta Umberto Guidoni che, a conferma della potenza dell’immagine, ha
incantato tutti mostrando una foto della Terra e della Luna riprese dal “Mars Reconnaissance Orbiter”, ed una della Terra ormai
ridotta a non più di un puntino blu, vista dalla sonda “Cassini”
orbitante intorno a Saturno.
Tutti hanno stigmatizzato gli ennesimi tagli alla
ricerca, a cominciare dal Direttore Generale del Cnr, Paolo Annunziato, che ha richiamato
le ricerche dell’economista industriale Riccardo Gallo, presente in sala, che
dimostrano come gli investimenti in ricerca rendano molto più persino di quelli
in infrastrutture. Questi effetti sono, però, legati agli stock di capitale
investito e non ai flussi. Il ché significa che vanno sostenuti con continuità,
anno dopo anno, perché, come ha sostenuto Sesto Viticoli, vicepresidente dell’Associazione
Italiana per la Ricerca industriale, l’innovazione non è “disruptive”,
dirompente, ma consiste in un processo continuo, o almeno - aggiungerei - è
così per lo più, se teniamo conto della contro-tesi di Clayton Christensen. Rosaria
Conte, vicepresidente del comitato scientifico del Cnr, ha aggiunto come il
nostro paese sia a debito di imprenditorialità innovativa. “Che il governo tagli
gli investimenti in ricerca e sviluppo quando l’economia di un paese arranca,
equivale ad un pilota che decidesse di sganciare i motori del suo aereo che sta
perdendo quota”, ha sintetizzato efficacemente il frizzante e poliedrico
presentatore Valerio Rossi Albertini.
Rosaria
Conte si è soffermata molto sugli aspetti, per così dire,
psicologici e motivazionali che sono dietro il rilancio della ricerca. Ha
richiamato un sondaggio Gallup che rileva come a fronte di 54 cittadini italiani
su 100 che credono che la propria società sia meritocratica, ce ne sono 69
francesi, 74 tedeschi, 78 inglesi e 89 statunitensi.
Alti livelli si ritrovano
anche in Oriente e nel Pacifico: 82 sono gli australiani, 93 sono i cinesi e 90
gli indiani (cfr. anche Piero Formica, La
crescita è questione di merito, Sole 24Ore, 26 agosto 2013).
È stata poi tirata in ballo la divulgazione e l’alfabetizzazione scientifica, che secondo un’indagine richiamata da Paolo Annunziato vede gli italiani arretrati rispetto agli altri paesi europei maggiormente sviluppati. Sono dati effettivamente allarmanti nonostante le recenti rilevazioni di Observa, attuate con metodi analoghi, che mostrano come negli ultimi 10 anni sia stato fatto qualche progresso. In ogni caso, a mio parere, la comunicazione scientifica dovrebbe auto-interrogarsi su quale efficacia abbia insistere sul parlare solo delle punte avanzate della ricerca, come le ricerche sul bosone di Higgs ad un’audience che per la metà non sa nemmeno distinguere tra un atomo e un elettrone; e se non valga la pena lavorare anche sul piano di un’alfabetizzazione scientifica di base degli adulti. L’Italia ha un disperato bisogno di divulgazione, ha ribadito Rosaria Conte.
La divulgazione,
ha aggiunto Sesto Viticoli, è un mezzo per costruire. È un modo, secondo Paolo
Annunziato, per cambiare gli atteggiamenti individuati dalla Voting Economics, secondo cui un miliardo speso in servizi
produce, ad esempio, un milione di voti e uno in ricerca ne produce 40.000.
Venendo ai vincitori,
sono stati frutto di una selezione su 312 libri e 213 articoli. Rimandando
anche qui al sito dell’AIL
per completezza, mi limiterò ad evidenziare quegli aspetti che hanno toccato maggiormente
la mia sensibilità. Mi sembra che i premi siano andati meno alle personalità e
più ai contenuti. Si è così dato maggior spazio ai giovani, anche oltre la
sezione ad essi dedicata. Nella maggior parte delle premiazioni predomina
purtroppo quello che Robert Merton - uno dei padri della sociologia della
scienza - chiamava “Saint Matthew Effect”:
“a chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto anche quello che non ha”. In
altre parole, si premia la reputazione dell’autore e non il merito del suo
prodotto. Nella scienza non dovrebbe andare così, ma ciò è vero anche per essa.
Per un premio, avere il coraggio di andare controcorrente è invece estremamente
salutare ed encomiabile.
Questo approccio non prono al politicamente corretto da
parte della giuria si nota anche in alcuni dei libri premiati, come Stefano
Iuliani, Non tutte le vittime sono uguali, Aracne
2014, dedicato alla manipolazione massmediatica; e Irene Bueno, Le eresie medievali, Ediesse 2013, che insiste in particolare
su un punto: l’eretico è creato da chi difende a tutti i costi l’ortodossia.
Siamo nell’ambito delle scienze umane, ma può essere utile per avere una
visione meno fondamentalista della scienza, e non per questo meno rigorosa o
scettica. Citerei anche Alessandro Giorgi, Guida pratica alle
costruzioni in terra cruda, Aracne 2014, dedicato ad un’antichissima
maniera di edificare, che si sta riscoprendo particolarmente valida oggi.
Anche per i libri
la salute ha avuto un ruolo rilevante. In una prospettiva filosofica, come per G. Corbellini ed E. Sirgiovanni,
Tutta colpa del cervello. Un’introduzione alla
neuroetica, Mondadori 2013; oppure storica, come per D. Minerva e S.
Monfardini, Il Bagnino e i Samurai. La ricerca biomedica in
Italia: un’occasione sprecata, Codice, 2013. I “Samurai” del libro sono
un gruppo di oncologi medici, di cui Silvio Monfardini era un esponente, che
scoprirono e brevettarono un chemioterapico particolarmente efficace e
redditizio.
Il bagnino è un ragioniere di bell’aspetto che riesce a far
carriera fino a divenire uno di coloro che mandano a picco la farmaceutica
italiana. Ancora nell’ambito della salute una Sezione aggiuntiva è stata dedicata
alla prevenzione, come ha spiegato Franco Taggi, presidente del comitato
scientifico, il cui premio è stato assegnato a Fai Parlare
la tua Bocca, un manuale in Braille, sviluppato dal team di Francesco
Riva, Direttore dell’Ambulatorio non vedenti ed ipovedenti dell'Ospedale George
Eastman.
Due libri erano dedicati
alla chimica, e laureato in chimica è anche Marco Malvaldi che, con Dino
Leporini, è autore di Capra e calcoli. L’eterna
lotta tra gli algoritmi e il caos, Laterza 2014, un libro che
discute limiti e potenzialità dei computer e che si è aggiudicato il premio nazionale
per la divulgazione.
Sia per i film che
per i libri mi sembra sia risaltata una certa latitanza della fisica. Forse
solo perché non è riuscita ad arrivare in finale? Unica eccezione è il
documentario: Maksimovič. La Storia di Bruno Pontecorvo,
di Diego Cenetiempo (Italia 2013, Pilgrim Film).
Ricordiamo con piacere che
Pontecorvo era il “cucciolo” dei ragazzi di via Panisperna, così soprannominato
perché era il più giovane (21 anni nel 1934). Però, nella ricorrenza degli 80
anni dalla scoperta dei neutroni lenti da parte del gruppo, scoperta che fece attribuire
a Fermi il Nobel del 1938, ed a 60 anni dalla scomparsa di Enrico Fermi stesso,
ci si poteva aspettare qualcosa di più.
Nel titolo di questo pezzo ho preso in prestito quello del libro di Minerva e
Monfardini, cambiandone un po' il significato: i bagnini in realtà restano quelli
che si comportano come il bagnino del libro; i samurai sono quei visionari,
spinti dalla passione, che cercano con tutte le loro forze di impedire che il
nostro paese affondi. Tra di essi annovererei certamente gli ideatori e
organizzatori dei due eventi.