fbpx Scoperta una molecola che cura la depressione nei topi | Scienza in rete

Scoperta una molecola che cura la depressione nei topi

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Si chiama beta-catenina e potrebbe essere la chiave per sconfiggere o limitare gli effetti della depressione.
Questo, almeno, è il risultato che è stato ottenuto da uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature, nel quale si è ottenuta una reversione dei disturbi con l’aumento di una particolare proteina in una regione specifica del cervello.

La depressione è un disturbo molto serio determinato da tanti fattori. L’evidenza è che, a seguito di un lutto o un evento traumatico, non tutte le persone reagiscono allo stesso modo. Alcune possono avere delle ripercussioni psicologiche e fisiche molto gravi, altre riescono ad affrontare queste condizioni stressanti e superarle. Come mai questa differenza?
Per cercare di rispondere a questa domanda da tempo si cercano di capire i complessi meccanismi neurologici che permettono ad alcune persone di affrontare positivamente eventi traumatici. Questa capacità, chiamata resilienza, è stata il centro di decenni di sforzi per tantissimi neuroscienzati, ma ha dato pochi frutti. Oggi, con sempre maggiori conoscenze risulta ormai chiaro che esistono fattori genetici e ambientali che interagiscono tra loro e determinano disturbi come la depressione.
I ricercatori del nuovo studio sono partiti dalla conoscenza di una regione cerebrale, chiamata nucleus accumbens, che è coinvolta nei meccanismi di dipendenza. Inoltre, per quanto a livello molecolare si sappia ben poco, è noto che la proteina beta-catenina ha molte funzioni, come plasticità sinaptica e trasmissione dei segnali all'interno delle cellule. E che più in generale essa regola il funzionamento del sistema nervoso centrale e influenza gli stati di malessere, compresa la depressione.

Nel lavoro, presentato da ricercatori come Caroline Dias, del Mount Sinai Hospital di New York, si è quindi analizzato a fondo un modello di topi affetti da CSDS (chronic social defeat stress), cioè stress cronico da sconfitta sociale, che è una forma di depressione. Per ottenerlo si sono esposti degli individui maschi ad altri topi appartenenti a un ceppo più forte a livello fisico. Nei normali scontri tra topi che si susseguono dopo il contatto tra i topi dei due ceppi, quelli con CSDS escono sempre sconfitti, causando in loro segni psicologici evidenti, come evitare sistematicamente il contatto con altri topi. Questo meccanismo è molto simile a quello che avviene anche nella depressione dell’umano.
A questo punto i ricercatori hanno aumentato artificialmente i livelli di beta-catenina nella regione nota per essere legata agli stati di malessere (cioè il nucleus accumbens) ed è stato scoperto che il comportamento dei topi cambiava, a tal punto da diventare indistinguibile da quello dei topi “normali di controllo.
Successivamente, si è cercato di capire come la beta-catenina fosse in grado di favorire il recupero dallo stress e si è scoperto che l’effetto di reversione non funzionava in particolari topi geneticamente modificati che non avevano un enzima chiamato Dicer1, noto per essere implicato in meccanismi regolatori importanti per le funzioni neuronali.
In questo studio si è quindi riusciti a legare l’aumento di una proteina specifica in una regione del cervello con la reversione di un disturbo depressivo, e a tempo stesso capire quali altri attori importanti sono importanti per l’efficacia di tale reversione.

Si tratta di una scoperta che ha ovviamente delle limitazioni, dal momento che esistono differenze tra depressione nel topo e nell’uomo, ma costituiscono un ottimo punto di partenza


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Addio a Giancarlo Comi, il clinico che ha rivoluzionato lo studio e la cura della sclerosi multipla

Giancarlo Comi

Il neurologo Giancarlo Comi, scomparso negli scorsi giorni, membro del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, ha rappresentato molto per il mondo scientifico ma anche per quello associativo per il suo straordinario contributo allo studio e il trattamento della sclerosi multipla, e il progressivo coinvolgimento delle persone colpite dalla malattia nella ricerca e nella cura. Pubblichiamo il ricordo del grande clinico da parte di Paola Zaratin, direttrice ricerca scientifica della Fondazione italiana sclerosi multipla, che con Comi ha intrapreso un lungo percorso di collaborazione.

È morto a 76 anni Giancarlo Comi, professore onorario di neurologia all'Università Vita-Saluta San Raffaele e direttore scientifico del progetto Human Brains di Fondazione Prada, scienziato di fama internazionale nel campo delle neuroscienze e delle malattie neurologiche, ed esperto di sclerosi multipla.