fbpx Lo smantellamento della sanità pubblica è una ideologia che uccide | Scienza in rete

Smantellare la sanità pubblica è "una ideologia che uccide"

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Chi ha scritto “La pandemia ci sta costringendo a capire che non esiste un capitalismo davvero praticabile senza un forte sistema di servizi pubblici e a ripensare completamente il modo in cui produciamo e consumiamo, perché questa pandemia non sarà l’ultima”? L’ha scritto Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti, e quindi vicina a Papa Francesco.

L’articolo, firmato da Gaël Giraud, economista e direttore di ricerche al CNRS (Centre national de la recherche scientifique), pone una diagnosi impietosa della risposta che i sistemi sanitari hanno saputo dare finora alla pandemia, ma direi del capitalismo tutto, e dell’ideologia liberista e individualista che pervade le nostre società.

È interessante che l’analisi di un economista allarghi lo sguardo alla dimensione antropologica della questione, trovando peraltro nell’enciclica Laudato si’ una traccia ispiratrice.

Il collasso dei sistemi sanitari

Se consideriamo in particolare alcuni Paesi europei e gli Stati Uniti – lo smantellamento del sistema sanitario pubblico ha trasformato questo virus in una catastrofe senza precedenti nella storia dell’umanità e in una minaccia per l’insieme dei nostri sistemi economici. [...] Trasformare un sistema sanitario pubblico degno di questo nome in un’industria medica in fase di privatizzazione si rivela un problema grave. Ciò non impedisce a «eroi» e «santi» di continuare e lavorare nella sanità pubblica: ne abbiamo una vivida rappresentazione in questi giorni”.

Come abbiamo avuto modo di sostenere più volte, aver trasformato la sanità in "industria medica" ci ha disarmato d fronte all'epidemia. La Lombardia può vantare una pletora di ospedali “di eccellenza” che in tempo di pace sono diventati attrattori di malati da tutte le regioni d’Italia, salvo poi essere messi a dura prova sotto l’urto dell’epidemia per il mancato filtro della medicina territoriale, immiserita da anni di tagli. E così ora la regione più ricca d’Italia si trova a subire la tragedia del record mondiale di morti (10.000 su 100.000) e l’umiliazione di dover spedire i suoi malati in altre regioni e altri Stati per farli curare adeguatamente.

Per usare le parole di Civiltà Cattolica:

Prevenire eventi come una pandemia non è redditizio a breve termine. Pertanto, non ci siamo premuniti né di mascherine né di test da eseguire massicciamente. E abbiamo ridotto la nostra capacità ospedaliera in nome dell’ideologia dello smantellamento del servizio pubblico, che ora si mostra per quella che è: un’ideologia che uccide.

Prevenzione prima di tutto

Ma le lezioni che Civiltà Cattolica ci invita a trarre da “quella che non sarà l’ultima pandemia” riguardano anche ambiente e prevenzione. 

La deforestazione – così come i mercati della fauna selvatica di Wuhan – ci mette in contatto con animali i cui virus non ci sono noti. Lo scongelamento del permafrost minaccia di diffondere pericolose epidemie, come la «spagnola» del 1918, l’antrace, ecc. Lo stesso allevamento intensivo facilita la diffusione di epidemie.

Prevenzione vuol dire quindi far marciare sanità e ambiente di pari passo, secondo una logica di One Health, in modo da ricomprendere in una strategia comune sanità umana e animale, contrasto del cambiamento climatico e difesa della biodiversità del pianeta. 

Siamo tutti connessi in una relazione di interdipendenza. E questa pandemia non è affatto l’ultima, la «grande peste» che non tornerà per un altro secolo, al contrario: il riscaldamento globale promette la moltiplicazione delle pandemie tropicali, come affermano la Banca Mondiale e l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) da anni. E ci saranno altri coronavirus.

Economia dei beni comuni

Rimettere al centro la prevenzione  Vuol dire considerare salute, ambiente, istruzione, cultura, biodiversità come beni comuni. Covid ha ispirato anche la ricerca scientifica (parte di essa) ad abbracciare una visione basata sulla collaborazione e condivisione dei dati.

In questi giorni abbiamo assistito alla nascita di diversi «beni comuni»: come quegli scienziati che, al di fuori di qualsiasi piattaforma pubblica o privata, si sono coordinati spontaneamente attraverso l’iniziativa OpenCovid19, per mettere in comune le informazioni sulle buone pratiche di screening dei virus.

Tutto questo, finita l’emergenza comporterà necessariamente cambiare sistema. Per usare le parole della rivista vicina alla curia:

A breve termine, dovremo nazionalizzare le imprese non sostenibili e, forse, alcune banche. Ma molto presto dovremo imparare la lezione di questa dolorosa primavera: riconvertire la produzione, regolare i mercati finanziari; ripensare gli standard contabili, al fine di migliorare la resilienza dei nostri sistemi di produzione; fissare una tassa sul carbonio e sulla salute; lanciare un grande piano di risanamento per la reindustrializzazione ecologica e la conversione massiccia alle energie rinnovabili.

Tu chiamalo, se vuoi Green New Deal, che nell’accezione dell’articolo di Civiltà Cattolica si ammanta di una tonalità di conversione antropologica, di cui l’attuale lockdown rappresenterebbe la prova generale.

La pandemia ci invita a trasformare radicalmente le nostre relazioni sociali. Oggi il capitalismo conosce «il prezzo di tutto e il valore di niente», per citare un’efficace formula di Oscar Wilde. Dobbiamo capire che la vera fonte di valore sono le nostre relazioni umane e quelle con l’ambiente. 

L’isolamento di queste settimane grava di più sulle spalle dei più poveri, ma potrebbe indurre tutti a misurare la fattibilità di uno stile di vita diverso, ispirato a maggiore sobrietà e solidarietà. 

Coloro che vivono rinchiusi in 15 metri quadrati a Parigi o a Milano lo sanno bene. Il razionamento imposto su alcuni prodotti ci ricorda la limitatezza delle risorse. Benvenuti in un mondo limitato! Per anni, i miliardi spesi per il marketing ci hanno fatto pensare al nostro pianeta come a un gigantesco supermercato, in cui tutto è a nostra disposizione a tempo indeterminato. Ora proviamo brutalmente il senso della privazione. È molto difficile per alcuni, ma può essere un’occasione di risparmio.

 

Fonte
Gaël Giraud, Per ripartire dopo l'emergenza Covid-19. Civiltà Cattolica. 

 

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