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Storia della clorochina e dei suoi antenati

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In questi giorni si parla insistentemente di vecchi farmaci che potrebbero essere utili contro il coronavirus: il più frequentemente citato, e discusso, è indubbiamente la clorochina, quasi sempre nominata assieme alla sua stretta parente, l'idrossiclorochina. Sembra di capire, a un chimico come me, digiuno di biologia e di patologia, che di clorochina e idrossiclorochina si continuerà sempre di più ad occuparsi, nel corso della presente emergenza. Quindi è forse interessante capire di cosa si stia parlando quando si leggono o si sentono i commenti di questi giorni. Vediamo.

La formula di struttura di clorochina e idrossiclorochina (nome commerciale paquenil) è riportata nella figura 1.

Figura 1. In alto, la formula di struttura della clorochina; in basso, quella dell'idrossiclorochina

Si tratta di molecole di una certa complessità ma di sintesi chimica relativamente semplice. Infatti sono state sintetizzate già molto tempo fa nei laboratori della Bayer e quindi prodotte a livello industriale. Il loro costo è molto modesto.

Tutto è partito con il chinino

Perchè mai Andersag, il validissimo chimico sintetico della Bayer, ha pensato di sintetizzare queste strutture e non altre?

Occorre fare un passo indietro e raccontare un po' di storia. Partendo dal chinino che gli Inca estraevano in Perù dalla corteccia dell’albero della china (Quina) e che fu portato alla conoscenza dell’Occidente sin dal 1600 circa. È un potente farmaco antimalarico ed è forse stato uno dei farmaci più importanti di sempre, perchè ha permesso di curare e salvare un numero incalcolabile di persone. Senza il chinino, ad esempio, gli inglesi non avrebbero potuto conquistare l’India, né gli olandesi le isole indonesiane. Non solo: inizialmente il prodotto peruviano veniva esportato via mare, ma durante la guerra di secessione americana il rifornimento di chinino agli Stati del Sud era stato tagliato dalla marina del Nord che aveva il dominio del mare. Così un grande numero di soldati del Sud erano morti di malaria, o avevano combattuto malati e con la febbre alta. Gli storici hanno valutato che ogni tre soldati uccisi in battaglia altri cinque erano morti di malaria, ed erano prevalentemente soldati del Sud. Quindi il chinino è anche stato un’arma chimica, usata in questo caso con il blocco marittimo del suo commercio.

Gli olandesi avevano evidentemente capito l’importanza economica di questa pianta e ne avevano fatto estese coltivazioni in Indonesia, assumendo il monopolio nel settore (lo stesso avevano fatto con un altro albero sudamericano, cioè con l’albero della gomma che proveniva dal Brasile).

Dal chinino alla chinina

I chimici del XIX secolo cercarono ben presto di isolare il principio attivo (la chinina), sia per curiosità sia per il suo grande valore commerciale e strategico. Così i francesi Pelletier e Caventou, già nel 1820, ma successivamente altri chimici francesi famosi, tra cui anche Pasteur, cominciarono a “smontare” la chinina pezzo per pezzo per capirne la struttura. Cominciò così una grande sfida chimica che portò alla fine a comprenderne la struttura esatta, che è quella della figura 2. È costituita da una struttura di base (come indicato dall'ellisse puntinata) con un lungo “pendaglio” esterno contenente anche azoto.

Figura 2. La struttura della chinina

I Paesi con impero coloniale e grandi flotte (i cosiddetti Paesi talassocratici, secondo la famosa teoria geopolitica di Mahan) non avevano speciale interesse pratico a sintetizzarla. Ma non era così per la Germania, dove i tentativi di sintesi si susseguirono sin dal primo ventennio del secolo XX. Così nel 1918 Rabe e Kindler si erano avvicinati molto alla sintesi completa: ma i loro risultati, che erano stati pubblicati in tedesco, furono quasi ignorati. Quindi la sintesi completa rimase una sfida che fu risolta solo da Gilbert Stork in tempi molto più vicini a noi.

Nasce la clorochina

Si era però era ben presto compreso che il costo del prodotto di sintesi sarebbe stato superiore a quello della chinina naturale. Ed ecco perché la Bayer cercò subito di produrre qualche molecola sostitutiva di struttura più semplice, mimando alcuni aspetti strutturali della chinina. Dall’impresa nacquero la clorochina, l'idrossiclorochina e la metilclorochina (sontochina), tra le centinaia di varianti che pare siano state sintetizzate e provate. Quindi la sintesi e la selezione di clorochina, idrossiclorochina e metilclorochina sono state il risultato di un programma di ricerca molto impegnativo.

Si può anche può ricordare che durante la Seconda guerra mondiale, in Africa, le truppe tedesche dell’Africa Korps e quelle italiane erano provviste di clorochina e metilclorochina (sontochina). Le truppe americane e inglesi avevano invece a disposizione la chinina naturale proveniente primariamente dalle colonie degli alleati olandesi. Solo dopo la caduta dell’Africa del Nord le truppe alleate avevano potuto mettere le mani sugli antimalarici della Bayer, in un deposito italo-tedesco a Tunisi. Li avevano fatti subito analizzare e li avevano riprodotti, introducendo anche varianti (come la quinacrina). L’operazione era stata molto utile, perché questi farmaci sono poi risultatidi grande importanza nella guerra del Pacifico: dopo l’attacco di Pearl Harbor, infatti, il Giappone aveva occupato le colonie indonesiane dell’Olanda privando le truppe americane della chinina. Ed è documentato che le morti provocate dalla malaria tra i soldati americani nella fase iniziale della guerra del Pacifico hanno superato quelle dovute alle armi. Gli americani furono così forzati a cercare urgentemente farmaci antimalarici o a tentare di sintetizzare la chinina. La clorochina, la quinacrina e le altre molecole simili sulle quali avevano messo le mani alla fine della guerra in Africa - tutte di facile produzione industriale - erano quindi state fondamentali nel prosieguo della guerra.

Tornando alla sintesi totale della chinina, è stata realizzata nel 1944 da Woodward e von Eggers Doering. La loro sintesi aveva però portato al composto racemico e non al composto naturale, che è stereoattivo e che, come detto, fu invece sintetizzato più tardi da Stork. Comunque la sintesi industriale della chinina non è stata mai realizzata in quanto troppo costosa.

Dalla guerra del Vietnam a Covid-19

Alla fine della Seconda guerra mondiale, la chinina di origine vegetale è ritornata in commercio. Qui vale forse la pena accennare al ruolo che si pensa abbia avuto nella guerra del Vietnam. Infatti, con gli anni alcuni ceppi del plasmodio della malaria erano divenuti resistenti alla chinina, provocando la morte per malaria di molti soldati americani. La clorochina, usata assieme alla chinina, aveva risolto il problema. Però la clorochina non era disponibile ai vietnamiti, a causa dell’embargo dei prodotti medicinali. È stato quindi un prodotto della farmacopea tradizionale cinese, l’artemisinina, che ha risolto il problema per i vietnamiti. L’artemisinina, che non ha nulla a che fare chimicamente con la chinina ed i suoi derivati, è ora divenuta un farmaco antimalarico molto importante.

Questo per la storia, e ho voluto colorirla con qualche dato aneddotico che non mi sembra inutile, perchè insegna come nelle vicende di un farmaco siano spesso contenute informazioni più generali sulla storia umana. Ma è interessante notare che i prodotti di filiazione della chinina, originariamemente pensati e sperimentati per la lotta alla malaria, hanno con il tempo gradualmente perso la posizione di assoluta prominenza in questa lotta per l’insorgenza di fenomeni di resistenza, e per la scoperta della artemisinina. Ma ne hanno, nel frattempo, conquistata una seconda di primaria importanza nelle malattie auto-immuni, in primis l’artrite reumatoide, che in Italia colpisce circa 400.000 individui. Come mi ha fatto notare il collega Ernesto Carafoli, l’idrossiclorochina è ora un importante presidio terapeutico per l’artrite reumatoide e altre malattie autoimmuni, come il lupus eritematoso e la sindrome di Siogren.

Ma la versatilità della clorochina e dell’idrossiclorochina non finisce qui: la pandemia dal COVID-19 ci sta insegnando che un campo molto grande, potenzialmente il più importante, si sta forse aprendo alle loro possibilità terapeutiche. Siamo solo agli inizi della storia, ma pare probabile che la presente pandemia da COVID-19 sia il prossimo campo di battaglia di queste interessanti molecole, che hanno una storia scientifica ormai centenaria.

 


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