fbpx SuperB factory, ammaina bandiera? | Scienza in rete

SuperB factory, ammaina bandiera?

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

Si chiama SuperB factory, avrebbe dovuto produrre una grande quantità di particelle elementari, chiamate mesoni B pesanti, in un acceleratore circolare da 1,3 chilometri di circonferenza nel sottosuolo nei pressi dell’università Tor Vergata a Roma ed era uno dei dodici “progetti bandiera” del Ministero della Ricerca. Ma due giorni fa il ministro Francesco Profumo ha chiesto di ammainarlo. Costa troppo. Non possiamo permettercelo. 

Tuttavia, assicura il ministro, l’ammaina bandiera non sarà completo. Un progetto di grande fisica resterà in piedi. Occorre vedere quale. Sia la comunità scientifica a decidere.

Ma conviene andare con ordine. Alla fine del 2010, nel corso della gestione Gelmini del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), sono stati individuati quattordici “progetti bandiera” – ovvero 14 progetti di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico di importanza strategica – che gli Enti pubblici di ricerca italiani dovranno realizzare nei prossimi anni. I “progetti bandiera”, approvati dal CIPE e dunque finanziati, vogliono rappresentare «un nuovo approccio alla sviluppo della ricerca e dell’attrattività del sistema paese». 

Uno dei 14 progetti, forse il più importante, è la realizzazione della SuperB Factory «per la produzione di coppie di quark pesanti, detti quark Bottom o quark Charm, con intensità cento volte maggiori a quelle raggiunte finora nel mondo». Si tratta di un acceleratore di elettroni e positroni di nuova generazione che ha una doppia missione: servire alla ricerca fondamentale e, insieme, alla ricerca applicata. La macchina dovrebbe essere realizzata nel sottosuolo dell’Università Tor Vergata di Roma. E il suo obiettivo principale è la produzione intensiva di mesoni B pesanti (mesoni formati da due quark pesanti). In soldoni la factory romana dovrebbe produrre queste particelle in quantità cento volte maggiore alla somma dei mesoni B generati nelle factories dell’esperimento BaBar presso lo SLAC National Accelerator Laboratory di Melo Park, in California (chiuso nel 2008), e dell’esperimento Belle che si sta realizzando presso l’acceleratore KEKB di Tsukuba in Giappone. È una grande sfida a livello mondiale e, infatti, il progetto SuperB factory nasce come progetto internazionale, di cui l’Italia è il capofila, attraverso l’INFN che lo sovraintende e il Cabibbolab che lo realizza. Il costo preventivato del progetto, da realizzare in sei anni, era di circa 600 milioni di euro. La quota italiana, approvata dal CIPE, è di 250 milioni di euro: più o meno il 40%. 

Tuttavia, due novità sono venute a intralciare l’operazione.
Da un lato la difficoltà a trovare partner internazionali disponibili a coprire i 350 milioni di euro restanti (in genere, il capofila di un progetto scientifico internazionale garantisce una copertura del finanziamento in ragione del 60 o 70% del totale). Inoltre una commissione, a sua volta internazionale, che ha realizzato la cosiddetta costing review, l’analisi dei costi, ha stabilito che per realizzare il progetto così com’è occorrerebbero 1.000 milioni di euro. 
È a questo punto che è intervenuto il ministro Profumo. Il governo italiano garantisce 250 milioni di euro, ma non di più. Per cui il progetto non può essere realizzato. A questo punto ha detto il ministro, convocando i vertici dell’INFN e quelli del Cabibbolab, decidete voi cosa fare. O ridimensionate il progetto o lo cambiate.

L’INFN, cui spetta la decisione, deciderà nei prossimi giorni. Tenendo conto, tuttavia, che cambiare un progetto già finanziato dal CIPE potrebbe prevedere dei passaggi parlamentari. E andare in Parlamento agli sgoccioli di legislatura potrebbe significare rimandare le cose alle calende greche. 

Roberto Petronzio, direttore del Cabibbolab, sostiene che la soluzione migliore, da ogni punto di vista, sarebbe costruire una macchina di minore energia (da 4 GeV invece che da 10 GeV) con circa 250 milioni di euro. Questa scelta avrebbe una serie di vantaggi. Il primo è che si potrebbe continuare in un progetto già avviato e non crearne uno ex novo. Il secondo è che non avrebbe bisogno di nuove autorizzazioni, perché la macchina, per così dire, meno potente è uno stadio già previsto del progetto maggiore. Non avrebbe bisogno di dilatare i tempi di costruzione e, dunque, non perderebbe la sua competitività scientifica. Infine potrebbe fare sia buona fisica fondamentale, come testare la cosiddetta violazione del sapore leptonico (lepton flavor violation), sia buona fisica applicata.

Entro una decina di giorni al massimo, sostiene Petronzio, si potrà avere una solida analisi dei costi. Ma a decidere è l’INFN. E il ministro ha lasciato all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare tutte le opzioni aperte, col solo vincolo insuperabile dei 250 milioni di euro. In una dichiarazione rilasciata a Nature, anche il presidente dell’INFN, Fernando Ferroni, sembra caldeggiare questa soluzione che prevede un ridimensionamento, non un abbandono del progetto iniziale.



Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La COP sei tu, economia

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo ed emergenti che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. Qualche decina di paesi, fra i quali le piccole isole, saranno inabitabili se non definitivamente sott’acqua se non si rimetteranno i limiti posti dall’Accordo di Parigi del 2015, cioè fermare il riscaldamento “ben sotto i 2°C, possibilmente. 1,5°C”, obiettivo possibile uscendo il più rapidamente possibile dalle fonti fossili.