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Università e classifiche: Italia in affanno

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Le università italiane scendono nei vari ranking internazionali. Significa che i nostri atenei migliori non riescono a tenere il passo degli altri nella grande partita planetaria della produzione e della trasmissione del sapere.
Ma, ad allarmare di più, è anche e forse soprattutto il dato medio. In difficoltà non sono sole le migliori università, ma l’intero sistema. E non è solo un problema di qualità. È anche e soprattutto un problema di quantità. Il mondo investe sempre di più nell’alta formazione, l’Italia sempre meno. Il che significa, semplicemente, che la forbice della conoscenza tra l’Italia e il resto del mondo aumenta. Bastano pochi numeri per dipingere il quadro della situazione.
Intanto i numeri degli investimenti. Il recente rapporto Education at a Glance 2013 dell’OCSE rileva che l’Italia investe nella educazione di terzo livello lo 0,9% del Prodotto interno Lordo. La differenza con i primi – gli Stati Uniti, 2,8%; Canada, 2,7%, Corea del Sud, 2,6% – è abissale. Ma il fatto è che noi spendiamo meno della metà della media OCSE (2,1%) e il 33% in meno della media dell’Unione Europea.
Come si vede nella tabella redatta sulla base dei dati elaborati dall’Osservatorio della European University Association (EUA), l’Italia è, tra i paesi dell’Europa occidentale, il paese che, Portogallo escluso, che non solo spende di meno nell’università. Appena 109 euro per abitante. Sette volte meno di Norvegia e Svezia. Tre volte meno di Germania e Francia. Ma, il dato più grave, è che spende sempre di meno, mentre gli altri spendono sempre di più.

Investimenti nell’università di alcuni paesi europei
Anno 2012

 

Paese Spesa pro-capite Spesa totale Variazione 2008-2012
in euro (in milioni di euro) al netto dell’inflazione
    (%)
Norvegia 731 3.621 21
Svezia 660 6.235 21
Germania 304 24.900 20
Francia 303 19.800 6,4
Islanda 273 87 7,2
Irlanda 270 1.236 -21
Austria 257 2.169 13
Olanda 194 3.232 7,5
Spagna 157 7.258 -11
Regno Unito 156 9.815 -13
Italia 109 6.633 -14
Croazia 84 369 1,8
Slovacchia 83 447 -1,5
Polonia 78 3.015 8,6
Repubblica Ceca 76 802 -17
Lituania 62 189 -22
Portogallo 57 602 -4,1
Ungheria 54 542 -24
Grecia 18 200 -25
Belgio, comunità francese n.d. 585 18

Fonte: elaborazione propria su dati Osservatorio della European University Association (EUA)



Tra il 2008 e il 2012, gli anni della crisi, la Norvegia, la Svezia, la Germania hanno aumentato di oltre il 20% gli investimenti nell’alta educazione. La Francia di oltre il 6%. L’Italia ha invece ridotto gli investimenti di un rotondo 14% (1,5 miliardi di euro in termini assoluti). Nessun paese dell’Europa occidentale, neppure la Spagna, ha fatto altrettanto.
È chiaro che gli altri paesi pensano di uscire dalla crisi europea puntando sull’università. L’Italia pensa di uscire dalla crisi tagliando gli investimenti nell’università.
Questi tagli hanno prodotto degli effetti. Il corpo docente è infatti diminuito del 22% negli ultimi dieci anni. E gli studenti iscritti al primo anno sono diminuiti del 17%: dai 338.482 dell’anno accademico 2003/04 ai 280.144 del 2012/13.
Un dato, quest’ultimo, che è forse il più preoccupante. Education at a Glance 2013 rileva infatti che i giovani laureati aumentano, in termini assoluti e relativi, in tutto il mondo. Tanto che nei paesi OCSE costituiscono, ormai, il 40% della popolazione nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni. In alcuni paesi la percentuale è ancora più alta. In Corea del Sud ha toccato il 64% nel 2011: un record mondiale. Erano il 37% nell’anno 2000 e meno del 10% nel 1980. Il trend di crescita è addirittura spettacolare. Ma quella della Corea non è una fluttuazione anomala. È, piuttosto, la punta di iceberg. In Giappone i giovani laureati sono il 59%, in Canada e in Russia sono il 57%, in Gran Bretagna il 47%, in Francia il 43%.
In Italia sono appena il 21%. Certo, anche da noi si è registrata una crescita rispetto al 2000, quando i giovani italiani con la laurea non superavano l’11%. Ma è una crescita molto più lenta degli altri paesi. Che, addirittura, potrebbe fermarsi e diventare addirittura una decrescita nei prossimi anni.

Quale sarà il futuro dei nostri giovani, se nel prossimo futuro più dell’80% non avrà una laurea? Quale sarà il futuro del paese se, nel prossimo futuro, i suoi giovani laureati saranno un terzo del resto del mondo più avanzato?

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