Stiamo assistendo a un aumento dei casi positivi che sembra inesorabile, almeno dal mese di agosto. Tuttavia, paragonare i positivi di oggi con quelli di inizio pandemia è fuorviante, perché andrebbero considerati le varie relazioni con i tamponi effettuati, i ricoverati ordinari e in terapia intensiva e i decessi. Da un lato, siamo di fronte alla crescita della capacità diagnostica dei sistemi sanitari, dall’altro, però, è innegabile una lenta risalita.
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In questi giorni di inizio ottobre si sta assistendo ad un incremento, forse atteso ma non in questa misura, di nuovi casi di contagio da Covid-19. Il 14 ottobre sono stati conteggiati in Italia 7.332 casi, ben 1.179 più della frequenza massima prima osservata che è di 6.153 del 26 marzo, e 8.804 il 15 ottobre. Sicuramente la situazione è già ora allarmante e necessita di interventi efficaci per contenere il più possibile il diffondersi del virus. Non sono però corretti molti dei confronti che vengono fatti tra la situazione di questi giorni e quella della prima ondata nel mese di marzo, soprattutto se ci si limita a confrontare i nuovi casi di positività diagnosticati.
Per capire però quanto sta accadendo è opportuno analizzare tutti gli aspetti dell’epidemia e non solo il numero di test positivi che dipendono sì dalla crescita del contagio, ma anche dall’estendersi dell’attività diagnostica. Il 26 marzo vennero eseguiti 36.615 test molecolari mentre il 14 ottobre sono stati effettuati 152.196 tamponi che hanno riguardato 87.601 nuovi soggetti testati.
I grafici, che qui di seguito sono proposti e possono aiutare a cogliere le differenze tra queste due cosiddette ondate dell’epidemia, sono costruiti sui dati ufficiali del Ministero della Salute come comunicati giornalmente dal sito della protezione civile.
Le serie dei dati giornalieri sono state innanzitutto trasformate nelle medie mobili settimanali, cioè il dato di ciascun giorno viene sostituito con la media del suo valore e dei tre precedenti e dei tre seguenti; in tal modo viene, se non eliminata, almeno molto ridotta, la componente di variabilità casuale e soprattutto la componente ciclica dovuta alla diversa quantità di test eseguita nei giorni della settimana.
Oltre alla «velocità» di espansione, o di riduzione, degli eventi considerati data dalle frequenze giornaliere si è anche calcolata una «accelerazione» mostrata dagli stessi calcolata come rapporto tra le medie mobili di un giorno e quelle di sette giorni prima. La «velocità» è mostrata nel grafico in ascissa e l’«accelerazione» in ordinata. Per ogni grafico vengono presentate due versioni: la prima con la scala originale dell’ascissa e la seconda con la scala logaritmica che permette di meglio esaminare i valori meno elevati.
I nuovi contagi giornalieri
L’andamento dei nuovi contagi vede un aumento considerevole di casi da inizio a fine marzo con una progressiva decelerazione, da un valore pari a 4 sino ad un valore pari ad 1 che corrisponde al livello di stazionarietà. I casi diagnosticati sono via via diminuiti sino a fine giugno quando sino a metà luglio si sono attestati su valori inferiori ai 200 casi. Da metà agosto invece i casi sono ritornati a salire inizialmente con forte accelerazione poi ridottasi sino a fine settembre. Da inizio agosto i nuovi casi sono invece notevolmente aumentati con una progressione crescente sino a raddoppiare nello spazio di una settimana superando i valori massimi osservasti a marzo. Possiamo allora dire che l’epidemia nella seconda ondata ha già superato i livelli della prima ondata? Per numero di casi diagnosticati certamente sì, ma non per molti altri aspetti.
Prevalenza di ricoveri ospedalieri
I dati resi disponibili sul sito della Protezione Civile non dicono il numero di nuovi ricoveri giornalieri bensì la prevalenza giornaliera di ricoverati che per ogni giorno è pari alla frequenza del giorno precedente più i nuovi ricoverati meno i dimessi ed anche i deceduti in ospedale. I ricoveri all’inizio dell’epidemia aumentavano di 5 volte la giornata precedente e la prevalenza giornaliera è aumentata sino ad inizio aprile raggiungendo poco meno di 32.926 ricoverati, un volume che ha mandato in notevole sofferenza il sistema sanitario.
Successivamente i ricoveri sono diminuiti via via sino ad invertire la tendenza all’inizio di agosto dopo aver raggiunto la prevalenza minima di 750 ricoverati. Da allora sono via via aumentati sino a 6.009 il 14 ottobre ma con un incremento molto più lento di quello mostrato dalla prevalenza di positivi. La percentuale di ricoverati tra i casi diagnosticati è stata ad inizio marzo del 70%, ad inizio aprile del 40 %, ad inizio maggio del 20%, ad inizio giugno del 15 % e da inizio luglio in poi sempre attorno al 6/7%.
Prevalenza di ricoveri in Terapia Intensiva
L’andamento dei ricoveri in terapia intensiva non si discosta granché da quello dei ricoveri complessivi. La prevalenza massima è stata raggiunta ad inizio aprile con 4.068 ricoveri. A inizio marzo i ricoveri in terapia intensiva erano il 20% del totale ma già ad aprile erano scesi al 10% ed a giugno avevano raggiunto il minimo del 5% per poi risalire lentamente sino all’attuale valore del 9% corrispondente ad un massimo di 593 ricoverati in terapia Intensiva il 14 ottobre. Se il riferimento invece che ai ricoverati viene effettuato ai soggetti positivi si ha un valore di circa lo 0,5%-0,6 % sia considerando le incidenze che le prevalenze, cioè i nuovi casi del giorno o i casi contemporaneamente presenti.
Frequenza di decessi
I decessi sono ahimè purtroppo una quota relativamente stabile dei ricoverati in Terapia Intensiva, anche se fortunatamente la crescita del loro numero che all’inizio dell’epidemia era anche di dieci volte nella settimana è via via diminuito sino a stabilizzarsi dopo aver raggiunto il numero di 969 decessi al giorno il 27 marzo. In maggio le frequenze di decessi erano attorno ai 200 e da giugno in poi non hanno mai superato il centinaio. Non c’è mai stato un giorno senza decessi e solo il 29 agosto è stato registrato un solo decesso mentre poi sono aumentati sino ai 43 decessi del 14 ottobre.
Quindi …
Per riprendere la domanda che ci si era posti all’inizio è evidente che da agosto l’epidemia ha ripreso vigore e da inizio ottobre in misura decisamente preoccupante. Però è altrettanto vero che la crescita dei casi deve essere letta in gran parte come crescita della capacità diagnostica del sistema sanitario. Uno dei guai maggiori della prima ondata è stato proprio il non accorgersi della crescita dei contagiati e soprattutto dei contagiati asintomatici. Quando i ricoverati erano un migliaio i positivi, se la proporzione fosse quella odierna di 1 ricoverato ogni 20 positivi, dovevano essere circa ventimila e lo stesso calcolo lo si può fare sui deceduti considerando 1 deceduto ogni 200 positivi. E se poi questa proporzione la si rapportasse a tutti i deceduti avremmo una stima, grossolana ma indicativa, di circa sette milioni e mezzo di italiani che potrebbero aver già incontrato il virus Covid-19.
Certamente siamo nel bel mezzo della seconda ondata epidemica e purtroppo i casi sono destinati ad aumentare, ma l’aspetto positivo è che ce ne stiamo accorgendo e se saremo capaci di controllare ancora maggiormente sia sospetti che i contatti degli infetti, riusciremo a contenere quella che in questi giorni ci appare come una vera esplosione. Quindi questo è il lato positivo del numero elevato di casi diagnosticati, mentre il lato negativo è che non si sia stati capaci di rispettare le indispensabili misure di contenimento più volte richiamate e troppo spesso ignorate o addirittura coscientemente trasgredite o addirittura negate.