Come ogni anno, con il sopraggiungere della stagione invernale, saremo
esposti ai virus influenzali che causeranno problemi di salute e significative
perdite economiche per aziende pubbliche e private. In una piccola, ma non
trascurabile percentuale, ci saranno complicazioni e, potenzialmente, anche un
aumento della mortalità tra neonati e anziani causati dagli stessi virus.
La
vaccinazione contro i ceppi virali stagionali protegge con un’efficacia stimate
tra il 75 e l’80%, quindi buona ma incompleta. Inoltre, la somministrazione del
vaccino deve essere ripetuta annualmente poiché i virus influenzali cambiano in
continuazione e la composizione vaccinale contro i virus stagionali dev’essere
aggiornata con la stessa cadenza. Vi è poi l’occorrenza periodica di pandemie
influenzali, quali la famosa “Spagnola” del 1918, che fece più morti della
prima guerra mondiale.
Le pandemie avvengono quando i cambiamenti nel genoma
virale (composto da 8 segmenti di RNA indipendenti) sono tali per cui il virus
è completamente sconosciuto dal punto di vista immunitario alla popolazione
mondiale.
E’ quindi di fondamentale importanza identificare strategie che
consentano di disegnare un vaccino in grado di prevenire l’infezione dai
diversi, auspicabilmente tutti, i virus influenzali circolanti.
A questo scopo,
la Fondazione Cariplo, mediante il suo programma di ricerca sui vaccini ha
stanziato un importante finanziamento all’Università
Vita-Salute San Raffaele di Milano per uno studio collaborativo con l'Istituto
di Ricerca in Biomedicina (IRB) di Bellinzona, l’Università Statale di Milano e
l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie di Padova. E’ stato possibile giungere
a una possibile svolta nelle strategie vaccinali contro i virus influenzali,
come testimoniato dalla recente pubblicazione dello studio su Nature, una delle riviste scientifiche più
importanti al mondo.
Una singola mutazione somatica iniziale è sufficiente per sviluppare un anticorpo
La scoperta consiste nell’aver identificato come il nostro sistema
immunitario sia in grado di generare anticorpi in grado di neutralizzare ad
ampio spettro i virus influenzali. Questi anticorpi legano una regione conservata
dello “stem” e non la porzione variabile definita “globular head” dell’emagglutinina
virale.
Gli anticorpi sono il meccanismo di difesa primaria contro ogni tipo d’infezione
virale. La sintesi di un anticorpo è il risultato di un iniziale assemblaggio di
più segmenti di DNA presenti nel nostro genoma, seguito da un complesso
processo di maturazione che è basato sull’introduzione di mutazioni e sulla
seguente selezione delle migliori varianti anticorpali a più alta affinità.
Questi ultimi contengono fino a 20-40 mutazioni che si ritiene siano necessarie
per l’ottimizzazione del riconoscimento e l’eliminazione degli agenti patogeni.
Ovviamente, ciò richiede molto tempo per poter accumulare tutte le mutazioni
necessarie.
La scoperta inaspettata è stata la dimostrazione che una singola
mutazione somatica iniziale è sufficiente per sviluppare un anticorpo in grado
di legare con alta affinità e, di conseguenza, neutralizzare molto
efficacemente il virus influenzale, mentre le numerose ulteriori mutazioni
introdotte successivamente sono risultate essenzialmente ridondanti.
Dallo studio pubblicato
è emerso che la sintesi di questi anticorpi “rapidi” (in soggetti con meno di 40
anni) richiede un particolare assetto
genico, ovvero un segmento di DNA (VH1-69), distribuito nella popolazione in
due diverse varianti di cui solo una, rappresentata nella maggioranza delle
persone, è in grado di dar luogo ad ampio spettro contro i virus influenzali. Lo studio è stato condotto in una coorte di ca. 350
dipendenti dell’Ospedale San Raffaele di Milano vaccinati contro il virus
dell’influenza stagionale nelle stagioni autunnali 2006-2007 e 2009-2010. I
volontari hanno donato un campione di sangue prima e dopo la vaccinazione. Su
questi campioni, sono stati effettuati sia test serologici per la presenza di anticorpi
anti-influenza nonché il test di discriminazione allelica del polimorfismo del
gene VH1-69 in grado di determinare la produzione di anticorpi neutralizzanti
ad alto spettro. La minoranza
d’individui priva della “giusta” variante VH1-69 non è risultata, infatti, in
grado di generare questi anticorpi.
Tuttavia, è importante specificare che
anche individui di età superiore ai 40 anni privi della “giusta” variante VH1-69
(probabilmente in quanto più esposti a infezioni o vaccinazioni rispetto a
persone più giovani) sono in grado di sviluppare questo tipo di anticorpi utilizzando
altri segmenti di DNA con proprietà simili.
In conclusione, questo lavoro rappresenta un significativo passo avanti verso l’obiettivo di un “vaccino universale” contro l’influenza, sia quella stagionale, ma soprattutto quella pandemica.