La capacità di attrarre manodopera altamente qualificata è fondamentale per la crescita di un Paese. L'immigrazione qualificata, infatti, tende ad aumentare il reddito pro capite del paese di destinazione e ha effetti positivi sulla crescita economica
In Italia, le attuali politiche dell'immigrazione, non solo non favoriscono l'ingresso di "talenti" stranieri, ma in genere tendono a ostacolarlo. L'attuale sistema di quote, infatti, non prevede corsie preferenziali per persone con titoli di studio elevati, né mira in alcun modo a selezionare i lavoratori più qualificati. Il sistema è piuttosto basato sulle richieste di manodopera da parte dei datori di lavoro e l'ottica adottata è unicamente quella di soddisfare esigenze contingenti dei datori di lavoro.
Per quanto riguarda, in particolare, l'arrivo di studenti stranieri, l'Italia risulta a oggi fanalino di coda in Europa, con una percentuale di stranieri iscritti all'università inferiore a 50.000 persone, pari al 2,4% del totale, contro valori vicini all'11% in Francia e Germania, e quasi al 18% nel Regno Unito.
Una recente indagine svolta dalla Fondazione Rodolfo Debenedetti ha poi messo in luce le gravi difficoltà che gli studenti stranieri di dottorati italiani devono affrontare per soggiornare nel nostro paese. L'indagine è stata svolta tra i mesi di aprile e maggio di quest'anno e ha coinvolto 41 università italiane che offrono programmi di dottorato. L'indagine ha coinvolto 451 studenti, cioè circa il 15% dei circa 3000 studenti stranieri iscritti a dottorati italiani.
I numeri che emergono dall'indagine la dicono lunga sulla (scarsa) capacità dell'Italia di accogliere nuovi talenti dall'estero. I pochi stranieri che decidono di scegliere il nostro paese non hanno vita facile. Le follie della burocrazia italiana sono la loro principale fonte di preoccupazioni. Due terzi degli studenti, ad esempio, dichiara di aver riscontrato ritardi nel rilascio o nel rinnovo del permesso di soggiorno (alcuni dicono di averlo ricevuto già scaduto!). Molti di loro lamentano la mancanza di adeguate informazioni sulle procedure amministrative da seguire (40%) e i 2/3 si lamenta della scarsa competenza degli impiegati pubblici. A causa dei ritardi nel rilascio dei documenti il 26% degli studenti extra-EU ha avuto problemi nel viaggiare all'estero per conferenze e seminari, con evidente danno per la loro formazione e prospettive di carriera. La Questura, in particolare, sembra essere un luogo inaccessibile: il 77% dei rispondenti ha dovuto aspettare più di un mese per ottenere l'appuntamento necessario ad avviare la procedura per il rilascio dei permessi di soggiorno. Una volta lì, il 63% ha dovuto attendere più di 3 ore per essere ricevuto.
Eppure questi stessi studenti dichiarano di aver scelto l'Italia per la buona reputazione della ricerca nel nostro paese (43%) e di ritenere che la qualità dell'insegnamento e del programma di studio seguito sia buona oppure ottima (63%). Molti apprezzano il fatto di poter usufruire di borse di studio, di cui effettivamente risultano beneficiari ben l'85% degli studenti stranieri: un investimento considerevole di risorse, nella maggioranza dei casi (86%) sovvenzionato dalle università italiane.
Infine, interrogati sulle loro prospettive future, gli studenti stranieri di dottorato rispondono che le opportunità di inserimento e carriera in Italia appaiono limitate. Addirittura l'88% di coloro che hanno già deciso cosa faranno dopo il dottorato (47%) ha intenzione di lasciare l'Italia una volta completati gli studi. Si profila così lo sperpero finale di questa catena di inefficienze: pochi studenti stranieri e quei pochi che arrivano vengono fatti fuggire, sprecando così le risorse per la loro formazione.
Cosa fare dunque per risolvere questo meccanismo perverso? Quali sono le politiche che l'Italia dovrebbe adottare per favorire l'immigrazione altamente qualificata ed evitare che i talenti stranieri fuggano alla fine dei loro percorsi di studio nel nostro paese? Anche in questo caso, il confronto con gli altri paesi può essere utile. I paesi che adottano politiche selettive dell'immigrazione sono quelli che più efficacemente riescono ad attrarre i talenti stranieri. Ci sono paesi come il Canada, l'Australia, la Nuova Zelanda e - più recentemente - il Regno Unito, che da tempo hanno adottato i cosiddetti "sistemi a punti", che associano un punteggio a determinate caratteristiche dei candidati, favorendo quanti sono in possesso di qualifiche particolarmente ricercate e livelli di istruzione elevati. In un quadro di questo tipo, gli studenti stranieri in possesso di titoli di studio italiani potrebbero ottenere più "punti" e dunque una conversione quasi automatica del loro permesso di soggiorno per motivi di studio in un permesso di lavoro. Infine, una revisione delle procedure di rilascio dei documenti necessari al soggiorno nel nostro paese è quanto mai urgente. In particolare, risulta incomprensibile che gli studenti non possano usufruire di permessi di soggiorno di durata pari, almeno, a quella del corso di studi da loro scelto.