Per inciso, dopo le "piccole" Svezia e Finlandia, la Germania è il paese che investe di più in ricerca scientifica nel Vecchio Continente (2,6% annuo rispetto al PIL); è il paese che, grazie all'alta tecnologia, esporta di più al mondo (il 40% del PIL tedesco viene dall'esportazione); è il paese più avanzato nella ricerca di fonti rinnovabili di energia.
L'intenzione del nuovo governo tedesco è evidente: agganciare saldamente la Germania all'economia della conoscenza, attraverso il combinato disposto degli investimenti pubblici in ricerca, alta formazione e sviluppo tecnologico. Il programma, diffuso nei giorni scorsi, è davvero significativo per almeno tre motivi.
Primo: non è un programma congiunturale, ma strategico. Viene inoltre al termine di un anno in cui, malgrado la recessione, gli investimenti del governo federale in scienza e sviluppo sono cresciuti del 10%.
Secondo: la Germania non propone né affastellamenti di riforme (una a ogni cambio di governo come in Italia) né nozze con i fichi secchi (riforme a costo zero; dunque sempre nominali e mai reali. Il nuovo governo di centro-destra, infatti, ha ripreso tal quale il programma del precedente governo di centro-sinistra, guidato dalla stessa Angela Merkel. Una continuità che dimostra come la scienza e l'alta educazione siano, appunto, una scelta strategica del sistema paese, che viene riproposta senza tentennamenti e brusche svolte malgrado l'alternarsi dei governi.
Terzo: con questo programma la Germania si ripropone come la locomotiva dell'«Europa della conoscenza», accentuando una divisione in quattro aree dell'Unione. La prima che va dalla Slovenia fino alla Scandinavia e centrata, appunto, sulla Germania che si confronta da pari a pari, anche per intensità di investimenti, con i grandi poli tecnoscientifici del mondo: Stati Uniti, Giappone e, sempre più, Asia continentale del sud-est (Cina, India, Corea). L'altra, centrata su Francia e Gran Bretagna, che cercano faticosamente di tenere il passo (con un'intensità di spesa intorno al 2% del PIL). Una terza, rappresentata dai paesi ex socialisti, che sono ancora molto indietro e cercano di recuperare. E una quarta, formata da paesi che lungo le sponde del Mediterraneo iniziano a essere molto indietro (intensità di spesa in ricerca intorno all'1% del PIL) e come l'Italia non mostrano capacità di recupero.
Ma, al di là delle considerazioni generali, vi sono due aspetti particolari che colpiscono nel «pacchetto conoscenza» del nuovo governo tedesco. Il primo riguarda l'"Iniziativa per l'Eccellenza", ovvero il tentativo di premiare le università che fanno meglio e cercano di raggiungere standard di livello assoluto. Finora l'iniziativa ha potuto contare su una fase pilota di tre anni, finanziata con 30 milioni di euro l'anno, che ha dato lavoro a 4.200 ricercatori, per la gran parte giovani; di cui il 40% donne e il 25% provenienti dall'estero (molti dall'Italia). Ora la fase pilota è finita. Il sistema ha funzionato. Ed ecco che il salto quantitativo: la Germania investirà ben 2,7 miliardi di euro nell'"Iniziativa per l'Eccellenza".
Un altro aspetto particolare riguarda l'alta tecnologia. Il governo di centro-destra tedesco non solo vi investirà ben 14,6 miliardi di euro, tutti pubblici. Ma nel quadro di un progetto nazionale che individua alcuni settori strategici dove la spesa pubblica ha la funzione di evocare una domanda di innovazione tecnologica che le imprese private sono chiamate a soddisfare. Nel recente passato un'analoga politica realizzata dal governo di centro-sinistra ha riguardato il settore dell'energia rinnovabile. Con un successo notevole: in dieci anni le fonti rinnovabili sono passate dal 6 al 17% del totale; negli ultimi quattro anni sono stati spesi 9 miliardi di euro per installare impianti a energia solare o di altre nuove fonti rinnovabili; sono stati così creati 200.000 nuovi posti di lavoro; la Germania è diventata leader mondiale dell'alta tecnologia sostenibile e della "green economy".
Tabella 1 | Ricerca e sviluppo 1996-2007 (Fonte: elaborazione propria su dati R&D Magazine e OECD)