Il robot Asimo ha riscosso notevole successo nei giorni scorsi ai festival della scienza di Genova e di Napoli. Sembrava un uomo. Sono ancora molti i punti oscuri che avvolgono le capacità mentali e cognitive della nostra e di specie a noi vicine. Tuttavia, se si domanda a chicchessia se i robot come Asimo saranno mai coscienti o proveranno emozioni, ecco che le incertezze e i dubbi vengono abbandonati d'un colpo, e una secca risposta negativa riempirà molte bocche. Ma possiamo essere così certi di una simile prospettiva?
Sono ancora molti i punti oscuri che avvolgono le capacità mentali e
cognitive della nostra e di specie a noi vicine. Tuttavia, se si domanda
a chicchessia se i robot o altri automi artificiali saranno mai
coscienti o proveranno emozioni, ecco che le incertezze e i dubbi
vengono abbandonati d'un colpo, e una secca risposta negativa riempirà
molte bocche. Ma possiamo essere così certi di una simile prospettiva? È
importante osservare una maggior cautela al riguardo, e ciò per due
ragioni fondamentali. In primo luogo non abbiamo ancora una teoria
soddisfacente e comprensiva dei fenomeni coscienti e delle emozioni, e
spesso la risposta a cosa sia la coscienza presenta caratteristiche
lontane da quelle offerte nell'ambito delle emozioni; in secondo luogo
perché è difficile stabilire a priori, ossia indipendentemente dai dati
empirici, cosa potremo far fare alle macchine, e ciò perché la mancanza
di una teoria completa, o anche solo sufficiente, della mente è ciò che
determina la nostra incapacità di precisione sulle possibilità effettive
delle macchine. Vediamo in che maniera questa situazione può essere
illustrata.
Consideriamo una patologia molto sorprendente: la visione cieca o
blind-sight. I soggetti affetti da questa sindrome, risultato di ictus
che hanno colpito le regioni del cervello deputate a trattare le
informazioni visive, sono ciechi ai fini pratici, non vedono e usano i
tipici ausili dei non vedenti, eppure non presentano alcun danno alle
vie visive, dalla retina ai nuclei genicolati laterali fino alla
corteccia visiva primaria. I danni cerebrali affliggono solo le zone che
li rendono coscienti di vedere. La conseguenza della distinzione tra
vedere e averne coscienza sta in questo: quando a questi soggetti viene
chiesto di affrontare semplici compiti di discriminazione, e si riesce a
superare le prime ovvie e comprensibili reticenze (“dottore, sono cieco,
come vuole che risponda alle sue domande?”), ecco che i soggetti si
comportano nella media e distinguono correttamente griglie luminose
verticali e orizzontali, barre diagonali, oggetti fermi o in movimento,
forme e persino colori con un margine di errore ben inferiore al caso e
in molti casi con una precisione decisamente impressionante. Inoltre,
alcuni soggetti degli studi iniziali, molti dei quali compiuti su un
individuo etichettato DB, riportavano una qualche “impressione” o
“conoscenza” di rapidi eventi, come movimenti molto rapidi o
posizionamenti e rimozioni di oggetti. Questi soggetti, tuttavia, non
sono in grado di fare solo discriminazioni statiche. Di recente è stato
chiesto a un soggetto corticalmente cieco, come tecnicamente vengono
definiti, di percorrere un corridoio ingombro di oggetti. Questa persona
è stata in grado di assolvere il compito, fidandosi, per così dire, del
suo sistema visivo, pur nel buio totale della coscienza del suo 'vedere
cieco'.
Ora, possiamo dire che i soggetti affetti da blindsight sono privi di
coscienza? Secondo molti studiosi la risposta è un deciso no. Se lo
fossero, infatti, risulterebbero incoscienti, ma certo non lo sono,
perché ad esempio, sono coscienti di trovarsi di fronte a compiti che
risolvono, per così dire, “alla cieca”, e che, tuttavia, affrontano. Di
conseguenza, presentano una qualche forma di coscienza, quella che il
filosofo Ned Block definisce “coscienza d'accesso” perché ci consente di
utilizzare delle informazioni provenienti dal mondo esterno per dirigere
il nostro comportamento.
La proposta, speculativa, che avanzo è allora la seguente: se accettiamo
un'idea più articolata e frammentata di coscienza, una per la quale
anche l'avere accesso a dati utilizzabili per la guida del comportamento
è avere coscienza, allora assieme ai blindsight dovremmo annoverare tra
le entità dotate di coscienza anche i robot e altre macchine artificiali
dotate di capacità di navigazione libera. Essi infatti, non provano
(ancora) alcunché a vedere, ma di certo usano informazioni del mondo
esterno per risolvere problemi dettati dall'ambiente medesimo.