Dal 1961, anno dell'attribuzione del primo Premio Balzan [http://www.balzan.com/it/HomePage.aspx], pochi sono gli italiani cui è stato conferito il prestigioso e ricco riconoscimento (660 mila euro, di cui metà andranno alla ricerca). E solo uno nell'ambito della storia della scienza (nel 1986 a Otto Neugebauer). È quindi duplice la soddisfazione di questo premio 2009: il riconoscimento a un grande studioso italiano, e il contestuale riconoscimento di un settore di ricerca che purtroppo nel nostro Paese non ha il credito che merita.
Paolo Rossi rappresenta una delle massime espressioni della scuola di storia della filosofia italiana, ed è ancora oggi un punto di riferimento ineliminabile per qualunque studioso che voglia intraprendere ricerche nell'ambito della storia del pensiero scientifico moderno. Laureatosi nel 1946 a Firenze con Eugenio Garin, con il quale consegue anche il diploma di perfezionamento nel 1947, Rossi passa poi qualche anno, tra il 1947 e il 1949, a insegnare storia e filosofia in un liceo di Città di Castello, la città in cui è sempre tornato in ogni momento libero. In seguito Rossi è stato assistente di Antonio Banfi all'Università di Milano tra il 1950 e il 1959, e a Milano rimarrà fino al 1961 per passare poi a Cagliari e Bologna fino ad approdare all'Università di Firenze dove insegnerà fino al 1999, anno in cui diventa professore emerito.
Tra i molti contributi per cui è diventato noto in tutto il mondo si ricordano i suoi studi su Francesco Bacone e Giambattista Vico, le sue innovative ed estese analisi della "rivoluzione scientifica" tra Cinquecento e Seicento, e le sue fondamentali ricerche sul tema della memoria. Quanto i suoi studi siano stati influenzati da quella corrente che va sotto il nome di "storia delle idee", e dal suo originario mentore, Arthur Lovejoj, Rossi l'ha più volte dichiarato anche di recente. Tra i molteplici riconoscimenti ricevuti vale la pena menzionare almeno la "Sarton Medal", una sorta di Premio Nobel per la Storia della Scienza, conferitagli nel 1985 dalla "History of Science Society" degli Stati Uniti. E tra le molte accademie di cui è stato eletto membro ricordiamo l'Accademia dei Lincei e l'Academia Europaea.
Scriveva Francesco Bacone: "Il presente è un vate dai due volti che guarda insieme al passato e all'avvenire", per farsene una precisa idea è quindi importante avere un quadro di tutti e due i tempi, un quadro che abbracci "non solo il corso e il progresso della scienza nel passato ma anche le anticipazioni per il futuro". Introiettando la lezione del Lord cancelliere, Rossi non si è limitato a studiare protagonisti noti e meno noti, idee e processi che caratterizzano il periodo che va dall'umanesimo all'illuminismo, ma ha tratto una serie di spunti che hanno motivato un suo impegno di analisi e denuncia di atteggiamenti di avversione alla scienza, oggi particolarmente diffusi. Per questo, già negli anni 1970, metteva in guardia dal "processo a Galileo" che caratterizza "tanta parte della cultura del Novecento". L'esito di questo processo sono "avventure intellettuali altre volte vissute dalla cultura europea: l'arcaismo, il primitivismo, il narcisismo etico, l'invocazione di una nuova barbarie". E, "come altre volte è accaduto, i maghi, gli alchimisti, gli sciamani, Jakob Boehme e Paracelso sono andati a occupare il posto di Bacone, di Galileo, di Diderot, sono diventati i nuovi 'eroi del pensiero' e i simboli della modernità". L'impegno di Rossi come storico si è così tradotto anche nel suo impegno intellettuale sia nella manualistica sia nei mezzi di informazione, finalizzato alla diffusione della storia del sapere scientifico. Nella convinzione che la scienza moderna "pur nella varietà degli atteggiamenti e delle dottrine" è nata e cresciuta assumendo alcuni valori fondamentali: "l'irrilevanza dell'appello alle autorità e il rispetto dei fatti; l'autonomia delle convinzioni scientifiche rispetto a quelle religiose o politiche; la trasmissibilità dei metodi e la pubblicità dei risultati; l'accettazione della regola secondo la quale le teorie e le tesi che si annunciano, per essere considerate 'vere' devono essere sottoposte al 'pubblico' controllo degli esperimenti, al confronto e alla discussione con teorie alternative". Una lezione civile che, specialmente nel nostro Paese, sembra rimanere inascoltata.