fbpx Global warming: “Anche un decimo di grado fa la differenza” | Scienza in rete

Global warming: “Anche un decimo di grado fa la differenza”

Primary tabs

Read time: 6 mins

La temperatura della Terra sta aumentando da circa 200 anni. Finora l’aumento è stato di 0.85°C e già si vedono alcuni effetti. Se supererà i 2°C le conseguenze possono essere ancora più gravi e, in buona parte, imprevedibili.
Quelle che gli scienziati chiamano “pericolose e irreversibili interferenze sul sistema climatico” comprendono l’aggravarsi di fenomeni come l’innalzamento del livello del mare, la variabilità delle precipitazioni (troppa pioggia o troppo poca, rispetto alle medie), le ondate di calore, e una serie di possibili eventi catastrofici legati al superamento di “punti di non ritorno” (per esempio nello scioglimento delle calotte glaciali) che per la loro natura eccezionale non possono essere previsti con gli strumenti scientifici attuali.

Non sorprende quindi che la “soglia dei 2°C” sia un limite su cui tutti i governi del mondo si trovano d’accordo, come è stato ribadito anche durante l’ultimo vertice internazionale sul clima a New York.
Ma limitare l’aumento della temperatura globale entro i 2°C significa rivoluzionare il modo in cui produciamo e consumiamo energia, riducendo drasticamente le emissioni di gas serra che invece continuano ad aumentare. Il limite dei 2°C è ancora un obiettivo raggiungibile? Ed è un riferimento efficace per spingere i governi e i cittadini ad agire più rapidamente?

Lo abbiamo chiesto a Thomas Stocker, docente presso l’università di Berna, che dal 2008 coordina il gruppo di lavoro sulla scienza del clima dell’IPCC. Stocker ha aperto la conferenza annuale della Società Italiana per le scienza del clima, due giorni di incontri e discussioni tra scienziati e ricercatori che si occupano di cambiamenti climatici e degli impatti sulla società e l’economia. 

Professor Stocker, siamo ancora in tempo per rispettare il limite dei 2°C o è già troppo tardi?
Non è troppo tardi ma i tempi si stanno facendo molto stretti. Abbiamo perso tempo prezioso, abbiamo continuato a emettere gas serra a un ritmo senza precedenti. Nel 2013 abbiamo prodotto quasi 10 miliardi di tonnellate di carbonio. Se continuiamo di questo passo potremmo superare il limite dei 2°C in 30 anni.

Al di fuori della comunità scientifica, chi guarda al semplice dato numerico potrebbe pensare che un +0.85 non sia poi così grave, che manca ancora un po’ prima di arrivare a +2°C. Cosa risponderebbe se le dicessero che ci sono problemi più urgenti?
Le persone hanno un rapporto molto particolare con la temperatura. Faccio un esempio, se suo figlio si ammala e ha la febbre, lei farà attenzione ad una misurazione precisa della temperatura del corpo umano, al decimo di grado. Perchè se sul termometro leggiamo 36.9°C può andare ancora bene, ma se sale a 37°C iniziamo a preoccuparci. Quindi un solo decimo di grado fa già una bella differenza!
Lo stesso funziona per la temperatura della terra. Questi aumenti apparentemente piccoli hanno già lasciato un segno visibile sull’ambiente.
Abbiamo misurato gli impatti dei cambiamenti climatici sulle zone ghiacciate e innevate in tutto il mondo, sulla temperatura degli oceani,  sul ciclo idrologico e sulla frequenza delle ondate di calore. E tutto questo con un aumento di solo 0.85°C negli ultimi 112 anni.

La soglia dei due gradi considera solo un aspetto dei cambiamenti climatici. Non tiene conto, per esempio, dell’acidificazione degli oceani o della perdità di biodiversità. In questo senso ha anche un valore simbolico nel contesto dei negoziati internazionali per il clima. Pensa che sia ancora un criterio efficace?
L’obiettivo dei 2°C non è solo un simbolo, è una chiara linea di confine che i decisori politici hanno accettato. Sono completamente d’accordo sul fatto che non includa altri aspetti molto importanti del problema, ma è un obiettivo abbastanza semplice su cui discutere e negoziare. Quindi è un obiettivo utile, anche se non comprende, per esempio, l’acidificazione degli oceani, o il fatto che anche con un aumento di 2°C gli impatti saranno significativi, come l’innalzamento del livello del mare in tutto il mondo e per molti secoli. Non tiene conto dell’eventualità che lo scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia possa superare una soglia critica, che innescherebbe la fusione di molte altre superfici ghiacciate del globo. Molti aspetti non vengono considerati, ma certamente contenere il riscaldamento globale entro i 2°C, di per sé, limiterà in parte gli impatti.

Quindi la sua opinione è che la soglia dei 2°C debba rimanere un punto centrale nei negoziati per il clima?
Parlando personalmente, io preferirei senza dubbio un obiettivo più basso. Il secondo obiettivo termometrico considerato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici è di 1.5°C, dato che che molti piccoli stati isolani, poco elevati sul livello del mare, sono già gravemente minacciati dall’aumento della temperatura media globale.
Purtroppo, come abbiamo appurato nell’ultima valutazione (AR5 WGI dell'IPCC uscito alla fine dello scorso anno), il margine di tempo per la soglia di 1.5°C è davvero molto molto stretto. In pratica, c’è una grande quantità di carbonio già emesso in atmosfera, e abbiamo quasi esaurito il budget di carbonio che limiterebbe l’aumento a 1.5°C.

Ci aiuta a fare chiarezza su un tema molto dibattuto e spesso strumentalizzato, quello della cosiddetta “pausa”, o più correttamente rallentamento, del riscaldamento globale? La temperatura media è aumentata ad un tasso minore negli ultimi anni? Quali sono le cause? E infine, possiamo considerarla una buona notizia oppure no?
Per prima cosa, il riscaldamento globale non è sparito e non si è fermato. Le cifre parlano chiaro. Se osserviamo l’aumento della temperatura media su periodi molto brevi, come 15 anni, a partire dal 1998 il tasso di riscaldamento è stato di 0.05°C per decennio. Questo valore è effettivamente più basso del tasso di 0.08°C per decennio degli ultimi 60 anni. Ma se facessimo partire la nostra analisi dal 1997 invece che dal 1998 il risultato sarebbe di 0.14°C per decennio. Questo ci fa capire che stimare i trend della temperatura su periodi brevi come 15 anni non ci dice granchè sul clima nè sul fenomeno dei cambiamenti climatici. Il lasso di tempo è semplicemente troppo breve per produrre risultati significativi.
Il secondo punto importante è che le rilevazioni ci dicono che negli ultimi 15 anni gli oceani hanno assorbito una quantità di energia di gran lunga superiore rispetto ai decenni precedenti. In pratica, precisamente nel periodo in cui l’atmosfera ha mostrato un riscaldamento meno intenso, l’oceano ha accumulato molta energia.

Come scienziato, che opinione ha sugli ultimi 20 anni di negoziati sul clima, e come guarda ai prossimi vertici internazionali?
Guardando al passato ho sentimenti contrastanti. Bisogna tenere presente che ci sono stati dei risultati positivi. Il protocollo di Kyoto, come meccanismo concordato tra nazioni, è stato una conquista molto importante.
Avere raggiunto una Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici è stato un altro buon risultato. Il fatto che le conferenze internazionali abbiano stabilito, nero su bianco, gli obiettivi di 1.5 e 2°C è un grande successo.
Ma questi successi sono stati raggiunti molto lentamente, o perlomeno non sono stati abbastanza veloci da far fronte all’urgenza del problema. Quindi, per quanto riguarda il futuro, personalmente spero che i negoziati procedano molto, molto più velocemente. 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Addio a Giancarlo Comi, il clinico che ha rivoluzionato lo studio e la cura della sclerosi multipla

Giancarlo Comi

Il neurologo Giancarlo Comi, scomparso negli scorsi giorni, membro del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, ha rappresentato molto per il mondo scientifico ma anche per quello associativo per il suo straordinario contributo allo studio e il trattamento della sclerosi multipla, e il progressivo coinvolgimento delle persone colpite dalla malattia nella ricerca e nella cura. Pubblichiamo il ricordo del grande clinico da parte di Paola Zaratin, direttrice ricerca scientifica della Fondazione italiana sclerosi multipla, che con Comi ha intrapreso un lungo percorso di collaborazione.

È morto a 76 anni Giancarlo Comi, professore onorario di neurologia all'Università Vita-Saluta San Raffaele e direttore scientifico del progetto Human Brains di Fondazione Prada, scienziato di fama internazionale nel campo delle neuroscienze e delle malattie neurologiche, ed esperto di sclerosi multipla.